I 13 miliardi sono così
suddivisi: “7 per il Fondo europeo della difesa, 5 per le missioni
internazionali e 1,5 per facilitare il movimento delle forze armate all’interno
della Ue cosiddetto “Schengen militare”.
E i padroni non possono che
essere contenti, proprio come abbiamo detto a proposito del Recovery Fund: “non poteva che vincere il capitale, i padroni e tra essi i padroni degli
Stati imperialisti più forti, vale a dire: Germania e secondariamente Francia.”
E tra i padroni quelli italiani
già prevedono grandi profitti: “L’industria della difesa italiana è
leader
in diversi settori come nella progettazione e produzione di mezzi ruotati,
nella cantieristica navale e nella componentistica elettronica…”
L’imperialismo è guerra! Questo ulteriore riarmo significa altri morti e altre
distruzioni in giro per il mondo! E ogni paese
imperialista cercherà di trarre il massimo da questa “cooperazione” armata. A
questo riarmo accelerato e aggiornato alla tecnologia più avanzata, i proletari
e le masse popolari si devono attrezzare per rispondere perché lo “sforzo”
che stanno facendo i paesi imperialisti europei per trovare questi miliardi
significherà tagli a salari e servizi, come abbiamo detto nell’editoriale del
24 luglio, “I proletari non hanno patria nei paesi imperialisti e
capitalisti europei. Gli operai e le masse popolari di ciascun paese devono
considerare l’insieme dei governi europei come governi dei padroni, e i governi
dei padroni vanno combattuti tutti insieme a partire naturalmente dalla lotta
nel proprio paese e contro il proprio governo.”
Mettiamo in grassetto altre
affermazioni importanti presenti nell’articolo del Sole 24 ore che riportiamo
sotto.
***
Industria della difesa, fondi
Ue per 13 miliardi
Si aprono nuove ed inattese
opportunità per l’industria italiana della difesa dopo l’approvazione il 21
luglio scorso del bilancio europeo 2021-2027. Per la prima volta su impulso
della presidenza tedesca il budget europeo prevede circa 13 miliardi per la
difesa: 7 per il Fondo europeo della difesa, 5 per le missioni internazionali e
1,5 per facilitare il movimento delle forze armate all’interno della Ue
cosiddetto “Schengen militare”. Si tratta di una novità importante come
sottolinea il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare
dell’Unione europea dopo una lunga carriera che lo ha visto ai vertici delle
forze militari italiane come Capo di Stato Maggiore della Difesa. “Uno degli
impegni del semestre di Presidenza tedesca del Consiglio dell’UE – dice al
Il Sole 24 ore il generale Graziano - vedrà in autunno il lancio dello
Strategic Compass, un documento politico generale di alto livello il cui
obiettivo è quello di migliorare la capacità dell’Unione, contribuendo ad
identificare le minacce e a costruire una cultura strategica comune che
colleghi e armonizzi le prospettive nazionali”.
Le risorse finanziarie sono
inferiori rispetto a quanto avrebbero voluto alcuni Paesi come la Francia
(come chiedeva il commissario Breton che chiedeva 9 miliardi solo per il fondo
europeo della Difesa) ma è significativo che per la prima volta in un quadro
finanziario pluriennale appaiano capitoli di spesa dedicati interamente alla
difesa. Anche per le missioni internazionali (European Peace Facility) una
prima ipotesi prevedeva un impegno di 10,5 miliardi mentre ora il massimale
finanziario sarà pari a 5 miliardi attraverso uno strumento finanziario
fuori bilancio che sostituirà l’attuale fondo per la pace in Africa e il
meccanismo Athena. Il nocciolo duro della nuova Europa della Difesa (così come
si è visto anche per il Recovery Fund) resta l’asse Parigi-Berlino finalizzato
a raggiungere in tempi rapidi una maggiore sovranità militare europea
proprio nel momento in cui l’America di Trump ha deciso il ridimensionamento
delle sue forze in Europa con il ritiro dalla Germania di circa 12mila militari
presenti attualmente.
Il Fondo europeo per la difesa,
ricorda sempre il generale Graziano, dovrà servire proprio a dotare l’industria
europea di maggior capacità operative per il futuro. “Si tratta – aggiunge
Graziano - della nuova generazione di sistemi d’arma: progettare il carro
armato di quarta generazione o il caccia di sesta generazione, individuare
i programmi relativi alla cybersecurity, all’intelligenza artificiale
e alla sorveglianza marittima superando le attuali difficoltà nella cooperazione
tra Paesi europei”. L’Europa è infatti ancora vittima di una frammentazione
eccessiva con 178 sistemi d’arma diversi rispetto ai 30 degli Stati Uniti
con scarsa pianificazione, inutili duplicazioni e disponibilità non certo
ottimale delle forze di difesa. Il nuovo Fondo europeo punta proprio a
fornire gli incentivi necessari ad ogni livello del ciclo industriale
costruendo catene di approvvigionament transfrontaliere integrate e competitive
e forze armate realmente interconnesse tra di loro. Per accedere ai fondi
occorrerà presentare progetti industriali che comprendano almeno tre soggetti
provenienti da tre Stati membri diversi. Occorrerà superare rivalità tra Paesi
e industrie come accaduto con il progetto pilota Fcas (Future Combat Air
System) mentre avanza il programma Tempest cui partecipano Regno Unito, Italia
e Svezia. L’obiettivo ora è evitare che si creino piattaforme concorrenti.
“Ognuno dovrà fare la sua parte – spiega Graziano - ci sono delle eccellenze in
Europa. L’industria della difesa italiana è leader in diversi settori come
nella progettazione e produzione di mezzi ruotati, nella cantieristica navale e
nella componentistica elettronica: competenze apprezzate in tutto il mondo.
Per il resto in tutte le filiere il sistema industriale italiano potrà fornire
un contributo essenziale nello sviluppo e nella difesa della sovranità
tecnologica nazionale ed europea.”
Il Sole 24 ore 6 agosto ’20
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