Il segretario generale della CISL Basilicata con un comunicato dà il benvenuto alla fusione FCA-Peugeot. Come azionista si può capire, come rappresentante degli operai NO, è solo un piccolo burocrate disposto a vendere gli operai per garantirsi poltrona e privilegi.
Noi, operai della Fiat di Melfi, stiamo
vivendo un periodo nel quale si fanno poche giornate di lavoro, questa
cosa è dovuta a due fattori, alla ristrutturazione di una linea perché
si dovrebbe produrre una nuova vettura, al calo della produzione dovuta
al fatto che se ne producono troppe, non si riescono a venderne quanto
il padrone vorrebbe. La questione del calo della produzione è un
problema di sovrapproduzione e di crisi di un sistema. Alcuni di noi non
fanno nemmeno dieci giorni di lavoro ogni mese, il resto sono giornate
di
cassa integrazione per la quale bisogna ulteriormente stringere la cinghia. Un salario sempre più magro e che perde il suo peso perché da tanti anni fermo a causa di aumenti irrisori di pochi euro. La cosa positiva dei fermi che ci sono imposti dal padrone è quella che possiamo riposarci di più, rispetto ai ritmi e ai carichi di lavoro che ci impone sempre il padrone quando ci comanda a lavorare. La produzione che anni fa si faceva in 5 giorni di fatica adesso la si fa con minor tempo e solo con 4 giorni di lavoro. Se prima facevamo utilitarie adesso facciamo grosse auto che hanno un costo in più per chi le compra e maggiori introiti per il padrone.
Qualche anno fa Marchionne, in
cambio della legge che dà la possibilità ai padroni di licenziare
facilmente, il jobs act, fatto votare da Renzi e da altri elementi nelle
fila di partiti sostenitori dei grandi interessi industriali, fece
delle assunzioni a Melfi. Abbiamo visto entrare in fabbrica tanti operai
giovani. Con questi operai giovani “assunti a tutele crescenti”, che di
“crescita” hanno solo l’età e di “tutele” solo fumo, ci hanno aumentato
le squadre e i turni di lavoro che da tre sono passati a quattro. Per
un periodo si è aumentata appena la produzione, adesso, legati allo
stesso padrone, anch’essi insieme a noi fanno cassa integrazione e
mentre tutti i piccoli borghesi si sgolano a chiedere lavoro, con la
cassa di solidarietà che in verità significa meno briciole per tutti
noi, dobbiamo sopravvivere sempre di più con meno soldi.cassa integrazione per la quale bisogna ulteriormente stringere la cinghia. Un salario sempre più magro e che perde il suo peso perché da tanti anni fermo a causa di aumenti irrisori di pochi euro. La cosa positiva dei fermi che ci sono imposti dal padrone è quella che possiamo riposarci di più, rispetto ai ritmi e ai carichi di lavoro che ci impone sempre il padrone quando ci comanda a lavorare. La produzione che anni fa si faceva in 5 giorni di fatica adesso la si fa con minor tempo e solo con 4 giorni di lavoro. Se prima facevamo utilitarie adesso facciamo grosse auto che hanno un costo in più per chi le compra e maggiori introiti per il padrone.
Ma tutto questo non basta, dobbiamo ingoiare anche sproloqui di sindacalisti e mazzettieri che sembrano soci del padrone e che parlano come i padroni. A volte non sai se è il padrone a scrivere direttamente i comunicati sindacali o il sindacalista di professione autonomamente che si sostituisce allo stesso padrone. Alla fine comunque la sostanza non cambia e più che rappresentanti degli operai, come vogliono far credere di essere, somigliano sempre di più ai rappresentanti dei padroni. Adesso la Fiat si è sposata con la Peugeot e in fabbrica tutti si chiedono se sarà meglio o peggio. Per noi operai assegnati su una linea di montaggio cosa può cambiare se da un padrone se ne mettono due insieme? Sfruttati eravamo e sfruttati resteremo fino alla misera pensione, ammesso che vi ci si arrivi se riusciremo a portare sana e salva la pelle a casa. E non è solo un modo di dire, considerato che sembra di stare in guerra: tre o quattro di noi operai, ogni giorno, ci lasciano la pelle nei luoghi di sfruttamento.
In questi giorni di matrimonio fra la Fiat e i padroni francesi ognuno dice la sua, il segretario generale della Cisl Basilicata, Gabardella dal suo pulpito afferma: “da tempo sosteniamo la necessità di un partner globale per raggiungere quella massa critica necessaria ad affrontare i cambiamenti strutturali che stanno cambiando in profondità il mercato automobilistico”. È abbastanza evidente come il nostro sindacalista sia contento che la Fiat si sia sposata con la Peugeot e che in questo modo possa arrivare in altri posti a fare profitto, come se a noi operai entrasse qualcosa in tasca e fossero interessi nostri. Arriverà al massimo in altri posti del pianeta a sfruttare altri operai esattamente come fanno qui a Melfi per fare profitti! E allora c’è da festeggiare? Degli operai coscienti dei propri interessi non gli darebbero un euro dalla propria tasca per fargli fare la bella vita, invece grazie alla confusione della maggioranza degli operai e al fatto che al padrone fanno comodo questi sindacati, questi elementi campano di rendita e alla grande con il sudore degli operai.
Nessuno può mettere in dubbio che personaggi come il Gabardella campino molto meglio e di più degli operai. Il Gabardella, come tutti i burocrati sindacalisti sparsi per questo paese, difende il proprio orticello fatto di tessere e privilegi. Impegnato a salvaguardare il suo deretano grida: lo stabilimento “ha le carte in regola per giocare un ruolo centrale”. Il filosofone dice: “il polo di Melfi ha le carte in regola per giocare un ruolo centrale”, come se il padrone non sapesse di suo dove gli convenga tenere aperto. Ma forse il messaggio in sindacalese è un altro: qui gli operai si possono sfruttare ancora di più che in altri stabilimenti, basta che ognuno resti al suo posto compreso i sindacalisti che fanno la bella vita.
Sempre Gabardella parla di “salto tecnologico e di cambio di paradigma industriale”, un sacco di chiacchiere vuote come se non sapesse che la tecnologia è servita solo per far fare maggiori profitti al padrone, e agli operai sono andati invece solo più pesanti carichi di lavoro. Come un fiume in piena continua, ma trattandosi di uno che non è stato per 25 anni sulla linea di montaggio e non sa cosa significhi, dice: “i lavoratori di Melfi possono giocare un ruolo determinante, in 25 anni hanno maturato competenze elevate e dimostrato di saper fare prodotti di qualità e di gamma medio-alta e ad elevata tecnologia”. Come se gli operai fossero fatti di metallo e non di carne ed ossa e già abbastanza consumati dopo 25 anni di fatica sulla linea di montaggio. Per costui l’arrivo della Compass e delle motorizzazioni ibride ed elettriche sarà la svolta per Melfi. La svolta sarà quella di una generazione di operai che darà spazio ad altri operai assunti precariamente, quella sì è dietro l’angolo per gli operai.
Il Gabardella potrebbe far parte del consiglio di amministrazione della Fiat tant’è che il suo sproloquio finisce così: “adesso si tratta di gestire la coda di transizione che significa gestire sacrifici salariali per i lavoratori e questi sacrifici vanno ripagati investendo con la formazione e sulla valorizzazione delle competenze dei lavoratori”. Una asserzione già penosa circa i sacrifici che dovremmo come operai accettare, e che per quanto riguarda la formazione somiglia alle dichiarazioni di quell’altro campione di Landini della Cgil secondo cui la lotta contro i morti sul lavoro si fa con maggiore formazione sulla sicurezza, come se la “responsabilità” degli infortuni mortali fosse l’ignoranza degli operai e non la fame dei profitti dei padroni.
Crocco, operaio di Melfi -
da operaicontro
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