Nella precedente Formazione operaia sul libro di Lenin "Stato e rivoluzione", a conclusione della prima parte abbiamo scritto che: "Dall’analisi dello Stato emerge la natura interna, indispensabile del riformismo per la borghesia. Lo Stato non può fare a meno del riformismo, che, pertanto, non è una realtà “esterna”perchè con la sua azione di conciliazione fa pienamente parte della funzione di dominio dello Stato borghese... (esso) mistifica il ruolo dello Stato e contribuisce attivamente affinché esso funzioni come la borghesia vuole...
Per questo il riformismo costituisce il principale ostacolo all’abbattimento dello Stato...".
Nella FO di oggi approfondiamo questo ruolo del riformismo.
La sua funzione è visibile nelle lotte e nel ruolo di conciliazione che assumono a volte le stesse Istituzioni locali, che a volte concedono ai proletari in lotta ma allo scopo di frenarne la battaglia più generale e soprattutto la coscienza della necessità, inevitabilità del rovesciamento dell’ordine costituito affinchè i proletari possano realmente perseguire i loro interessi di classe.
La stessa lotta sindacale ha una doppia valenza: da un lato è una manifestazione degli antagonismi inconciliabili tra le classi, tra lavoratori e capitalisti; dall’altra essa è interna, nel perseguire risultati concreti, alla funzione di conciliazione delle classi, di attenuazione dei conflitti, di mantenimento nel limite dell’ordine che lo Stato svolge principalmente attraverso i suoi organi concreti, prefetti, polizia politica, istituzioni, e attraverso i suoi bracci sindacali, il riformismo e l’opportunismo.
Stato e riformismo - abbiamo detto - puntano all’attenuazione del conflitto, il comunista punta all’accentuazione del conflitto perchè fuoriesca dai limiti dell’ordine. Questa è la sola ed esclusiva funzione rivoluzionaria che può svolgere la lotta sindacale o economica e che si contrappone in maniera permanente e prolungata allo Stato e al riformismo.
I proletari devono lottare e saper riconoscere il riformismo in tutte le sue forme, la conciliazione è sempre oppressione dello Stato borghese. Esso deve essere combattuto anche sul piano teorico .
Il riformismo si fa evidente nelle elezioni che servono a mantenere in vita questo sistema capitalista.
I democratici piccolo borghesi, gli odierni riformisti, ma anche gli opportunisti, i rivoluzionari a parole, è su questo che contribuiscono a – come dice Lenin – “inculcare nel popolo la falsa concezione che il suffragio universale possa nello “Stato odierno” esprimere realmente la volontà della maggioranza dei lavoratori (e, ancor meno, assicurarne la realizzazione)".
Le
elezioni inducono il popolo a credere di avere, tramite la propria
scelta di un candidato, voce in capitolo. Questo è sbagliato. Scrive
Engels - ripreso da Lenin nel libro: “ i funzionari come organi della società, sono posti al di
sopra della società, si fanno leggi speciali sulla propria
inviolabilità, e il rispetto di cui si circondano è solo imposto
con la forza. Altra questione sono i privilegi di cui godono i
funzionari.”
“La Repubblica democratica è il miglior involucro politico possibile per il capitalismo” - scrive ancora Lenin. Il capitale dopo essersi impadronito di questo involucro fonda il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che nessun cambiamento né di persone, né di istituzioni, né di partiti nell’ambito della Repubblica democratico-borghese può scuotere; e le elezioni sono anch'esse in questo quadro uno strumento di dominio della borghesia. Questo toglie ogni margine all’idea della via elettorale e alla partecipazione alle elezioni come questione che possa incidere nella natura dello Stato.
La democrazia
"borghese" - dice Lenin - è "sempre
compressa nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico e
rimane sempre, in fondo, una democrazia per la minoranza, per le sole
classi possidenti, per i soli ricchi. La libertà nella società
capitalistica, rimane sempre , approssimativamente quella che fu
nelle repubbliche dell'antica Grecia: la libertà per i proprietari
di schiavi.
Gli
odierni schiavi salariati, in forza dello sfruttamento capitalistico,
sono talmente soffocati dal bisogno e dalla miseria, che hanno ben
altro pel capo che la democrazia, che la politica, sicchè
la
maggioranza della popolazione si trova fuori dalla politica".
Quindi, non
si può parlare solo di "democrazia" - come fanno i riformisti - ha bisogno di un aggettivo: democrazia
borghese o democrazia proletaria.
Compito dei partiti proletari nei paesi capitalisti è quello di educare i proletari, all’idea della “rivoluzione violenta” come base di tutta la dottrina di Marx ed Engels.
Le posizioni di accumulazione delle forze solo attraverso una lunga lotta legale, elettorale, trascurano il carattere della guerra che lo Stato borghese conduce contro i partiti proletari, e che la lotta legale non è sufficiente per contrastare la lotta illegale condotta anche dallo Stato.
Lenin - riprendendo Marx - scrive che lo Stato è l'organo di dominio di classe, della classe borghese sulla classe operaia. Per questo è inevitabile la violenza rivoluzionaria per rovesciare lo Stato borghese che con i suoi apparati armati, quali la polizia, l'esercito, e coercitivi, come le prigioni, impone la sua forza repressiva e di dominio di classe.
Ciò si vede anche oggi, ogni volta che ci sono lotte vere e rivolte, lo Stato con le cariche della polizia sui manifestanti mostra la sua vera natura repressiva. Sia quando lo Stato è “democratico” sia quando è formalmente fascista la rivoluzione violenta è comunque necessaria, perchè sia in regime democratico che dittatoriale lo Stato cerca di attenuare i conflitti di classe e se non ci riesce, li reprime.
(CONTINUA)
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