Spagna. La Procura fa arrestare i leader catalani
la giudice dell’Audiencia Nacional Carmen Lamela ha disposto il
carcere preventivo per il presidente di Òmnium Jordi Cuixart e per
quello dell’Assemblea Nacional Catalana (ANC) Jordi Sànchez. Il reato
contestato è quello di sedizione e si sarebbe consumato il
10 settembre scorso nelle strade di Barcelona, invase fino all’alba da migliaia di manifestanti indignati per gli arrresti dei funzionari della Generalitat impegnati nell’organizzazione del referendum d’autodeterminazione. Malgrado le provocazioni della polizia, quel giorno non ci sono stati incidenti e la protesta si è svolta pacificamente.
10 settembre scorso nelle strade di Barcelona, invase fino all’alba da migliaia di manifestanti indignati per gli arrresti dei funzionari della Generalitat impegnati nell’organizzazione del referendum d’autodeterminazione. Malgrado le provocazioni della polizia, quel giorno non ci sono stati incidenti e la protesta si è svolta pacificamente.
Ciononostante
il giudice ravvede nei fatti gli estremi di una situazione di
“sollevazione collettiva e violenta”, così come è letteralmente definito
il reato di sedizione, punibile fino a 15 anni e con la possibilità di
mantenere la detenzione preventiva per 4. La sproporzione tra i fatti e
l’accusa è evidente ma non sorprende: si inquadra perfettamente nella
strategia del PP, interamente basata sulla provocazione e sulla
repressione. Una strategia che riporta allo scoperto le radici
impresentabili del blocco politico sociale erede diretto del franchismo e
che ripercorre impunemente la tradizione: tra il 1963 e il 1967
infatti, la storica associazione culturale catalana Ômnium venne chiusa
dal generalissimo.
Lo
ha ricordato Jordi Cuixart in un messaggio videoregistrato
preventivamente, previsto nell’eventualità dell’arresto e diffuso ieri
sera, nel quale afferma: “se necessario torneremo a lavorare nella
clandestinità, nella profonda convinzione delle nostre radici pacifiche e
democratiche che ci hanno sempre caratterizzato come entità”. Òmnium ha
immediatamente preso posizione a difesa di Cuixart affermando che “non
si può imprigionare tutto un popolo”, mentre Jordi Sànchez, anch’egli in
un messaggio previdentemente registrato prima di recarsi all’Audiència
Nacional, dalla quale è uscito in una camionetta della polizia assieme a
Cuixart, senza poter rilasciare dichiarazioni, ha fatto appello
all’”unità, civismo, fiducia in noi stessi e mobilitazione permanente
che ci deve portare alla Repubblica”.
La
detenzione dei due lider indipendentisti nel carcere di Soto del Real
(Madrid) segna il ritorno in auge in Spagna dei prigionieri politici,
con la firma del governo del PP, il sostegno della corona, l’avallo del
PSOE e il compiacimento di Ciudadanos. Davanti all’unanimismo
anticatalanista è sempre più difficile scorgere la Spagna democratica,
tollerante e progressista che invoca Podemos. La Spagna per la quale
varrebbe la pena, secondo la formazione di Pablo Iglesias, fermare il
processo di costruzione della Repubblica catalana, sembra oggi più che
mai una pia illusione. Davanti alle detenzioni per motivi politici e al
ricorso già annunciato all’art.155 della costituzione spagnola per
destituire il Governo della Generalitat (democraticamente eletto) e
liquidare così la maggioranza parlamentare indipendentista, Podemos
continua a invitare al dialogo, fedele a una curiosa interpretazione
della solidarietà internazionalista. Nel frattempo, ieri altre grandi
imprese catalane (ad esempio Codorniu) hanno trasferito la propria sede
sociale a Madrid, nell’intento di spaventare e ricattare il popolo
catalano. Che, come afferma la sinistra anticapitalista e
indipendentista della CUP, può contare solo su se stesso: sul fronte
internazionale l’UE si è mostrata in questi giorni tra l’indifferenza
per la causa catalana e l’aperto sostegno alla monarchia spagnola (e
alle grandi imprese da sempre contrarie all’indipendenza). Nella vicenda
catalana, l’UE sembra agire finora come un blocco unico, un polo
imperialista che non mostra né crepe visibili né voci critiche
significative e che pare caratterizzarsi, a Bruxelles come nei
parlamenti nazionali, per il conformismo e la sudditanza al grande
capitale finanziario.
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