Giornalisti alla corte di CasaPound. C’è chi dice no
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Quello che non ti aspetti è ciò che accade. Dopo la sfilata di giornalisti “democratici” che hanno accettato di andare a confrontarsi con il leaderino dei fascisti di Casa Pound, Di Stefano, finalmente c’è stato qualcuno che ha detto no a questa fiera di una dannosa ipocrisia. Si tratta di Gianluigi Paragone, conduttore del programma “La Gabbia”, che pure si è portato dietro le stigmate di aver messo in piedi una fossa dei leoni dove discorsi seri venivano declinati o impastati con la demagogia più spinta e frequenti pizzichi di “gomblottismo”. Paragone dice no a Casa Pound e lo fa con una dichiarazione pubblicata su il Fatto che riportiamo più sotto.
Prima di lui avevano detto si a Casa Pound professionisti seri come Mentana e conduttori irritanti come Formigli, commentatori baciati immeritatamente dalla fortuna come Porro e personaggi odiosi come Parenzo (in calendario).
Tutti in fila nel dungeon dei fascisti del terzo millennio in nome del “confronto democratico”. Proprio come da anni cerca di affermare la relazione annuale dei servizi
segreti che ci descrive i fascisti come bravi ragazzi impegnati nel sociale e attivi sul web “per allargare la base della militanza”. Siamo ben oltre lo sdoganamento, siamo dentro la cooptazione ideologica e materiale di quello che i fascisti hanno rappresentato e rappresentano per la storia passata, recente e presente di questo paese.
segreti che ci descrive i fascisti come bravi ragazzi impegnati nel sociale e attivi sul web “per allargare la base della militanza”. Siamo ben oltre lo sdoganamento, siamo dentro la cooptazione ideologica e materiale di quello che i fascisti hanno rappresentato e rappresentano per la storia passata, recente e presente di questo paese.
Il bistrattato ma esuberante Paragone invece ha detto no ed è giusto rendergli merito: ha strappato il velo dell’ipocrisia.
Qui le sue motivazioni:
“Ero stato invitato da Casapound per presentare il mio libro GangBank. O almeno così avevo capito. Invece scopro che farei parte di una passerella di giornalisti e opinionisti che di volta in volta si confrontano con Simone Di Stefano, vicepresidente del movimento.
Ci sono già stati Enrico Mentana, Corrado Formigli e Nicola Porro. Poi dovrei esserci io e dopo di me David Parenzo.
Ecco, io mi sfilo. Non mi interessa dover dimostrare di essere democratico perché vado a parlare con Casapound, ci vada chi pensa di doversi far rilasciare dei patentini anche da Casapound perché bisogna piacere a tutti. Io non voglio piacere a tutti. Soprattutto non voglio piacere ai colleghi.
Non ho voglia di partecipare a un dibattito dove ciò che resta è: avete visto come siamodemocratici? Lo può dire chi invita tanto quanto lo può dire chi accetta l’invito”.
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