Due ex dirigenti Thyssen lasciano per la prima volta
il carcere: lavoreranno otto ore al giorno
Marco Pucci
e Daniele Moroni sono detenuti a Terni: rientreranno in carcere sempre alle
18,30
Pubblicato il 07/06/2017
Ultima modifica il 07/06/2017 alle ore 09:59
simona
lorenzetti
torino
Due anni fa si presentarono spontaneamente dai
carabinieri per essere trasferiti in carcere e scontare la pena. Lunedì mattina
Marco
Pucci e Daniele Moroni, i due ex dirigenti della Thyssen condannati per il rogo divampato
nel dicembre del 2007 nelle acciaierie di corso Regina Margherita e costato la
vita a sette operai, hanno ottenuto per la prima volta la possibilità di
lasciare il carcere di Terni per lavorare all'esterno. A Pucci e Moroni,
condannati rispettivamente a 6 anni e tre mesi e 7 anni e sei
mesi di reclusione, è stato concesso di allontanarsi dal carcere per otto ore al giorno e raggiungere due diverse aziende del territorio in cui svolgono attività di consulenza. I due ex dirigenti, che rimangono in regime di detenzione, hanno l'obbligo di tornare in cella alle 18,30. «Il permesso di lavoro esterno è un primo riconoscimento della buona condotta e del comportamento positivo tenuto finora da entrambi, che sono sempre stati attivi e collaborativi e hanno dimostrato grande serietà durante la detenzione», spiega uno dei loro difensori, l'avvocato Attilio Biancifiori. In un secondo momento, la difesa valuterà poi eventuali altre possibilità, come richieste di permessi premio o di misure alternative. I due dirigenti hanno già scontato due anni di pena, mentre ad oggi non hanno scontato neanche un giorno di carcere i vertici tedeschi della multinazionale dell'acciaio, Harald Espenhahn e Gerard Priegnitz, condannati rispettivamente a 9 anni e otto mesi e a 6 anni e dieci mesi di reclusione.
Lo scorso giugno la
procura generale, dopo la sentenza definitiva della Cassazione, aveva inviato
il mandato di arresto europeo per i due manager che non erano tornati in Italia
a scontare la pena. Un documento ufficiale con il quale l'Italia chiedeva alla
Germania di rendere esecutiva la condanna, così come previsto dagli accordi tra
i due Paesi. Ma per avviare la procedura era necessario che venisse inviata a
Berlino anche la sentenza dei giudici romani tradotta in tedesco, e
probabilmente anche la precedente sentenza, quella della Corte d'appello. Una
prima parte della procedura sarebbe stata completata, ma da Berlino sarebbero
arrivate nuove richieste di acquisizione di atti. L'iter, quindi, sarebbe al
momento bloccato. Ad ogni modo anche se l’autorità giudiziaria di Berlino
dovesse accogliere la richiesta italiana, Harald Espenhahn e Gerard Priegnitz
sconterebbero non più di 5 anni di galera: il massimo consentito dalla legge
tedesca per il reato di omicidio colposo aggravato. E poco cambia se in questo
caso gli omicidi colposi sono stati addirittura sette.
mesi di reclusione, è stato concesso di allontanarsi dal carcere per otto ore al giorno e raggiungere due diverse aziende del territorio in cui svolgono attività di consulenza. I due ex dirigenti, che rimangono in regime di detenzione, hanno l'obbligo di tornare in cella alle 18,30. «Il permesso di lavoro esterno è un primo riconoscimento della buona condotta e del comportamento positivo tenuto finora da entrambi, che sono sempre stati attivi e collaborativi e hanno dimostrato grande serietà durante la detenzione», spiega uno dei loro difensori, l'avvocato Attilio Biancifiori. In un secondo momento, la difesa valuterà poi eventuali altre possibilità, come richieste di permessi premio o di misure alternative. I due dirigenti hanno già scontato due anni di pena, mentre ad oggi non hanno scontato neanche un giorno di carcere i vertici tedeschi della multinazionale dell'acciaio, Harald Espenhahn e Gerard Priegnitz, condannati rispettivamente a 9 anni e otto mesi e a 6 anni e dieci mesi di reclusione.
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