Riceviamo e pubblichiamo la nota di Luigia De Biasi in merito alla vicenda di Nadia Lioce, rinchiusa al 41 bis nel carcere di Costarelle a Preturo.
Voglio innanzitutto ringraziarVi per l’articolo, pubblicato su L’Aquila blog del 30.05.2017, dal titolo “L’Aquila, la brigatista rossa Lioce alla sbarra per oltraggio a pubblico ufficiale”.
Mi offre l’occasione per riaccendere il dibattito intorno alla questione del 41 bis, applicato ai prigionieri politici e alle condizioni inumane e degradanti di questo regime speciale, anche alla luce dei recenti accadimenti. Ritengo perciò necessario fare alcune precisazioni.
In 10 anni, il materiale cartaceo conservabile nelle celle della sezione femminile destinata al 41-bis presso il carcere dell’Aquila è passato da 30 a 3 riviste, da 20 a 3 quaderni, agli atti giudiziari dell’ultimo anno e a un solo dizionario. I reati che oggi si contestano a Nadia Lioce, “oltraggio a
pubblico ufficiale e Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, sono relativi a battiture di protesta che la detenuta avrebbe messo in atto dopo l’applicazione delle circolari del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria e la pronuncia della Cassazione del 2014. Sentenza che ha stabilito il potere assoluto delle circolari ministeriali, per le quali la prigioniera politica, detenuta in regime di 41 bis, non può detenere più di 2 libri in cella, né ricevere libri o riviste se non acquistandoli tramite il carcere e previa autorizzazione.Mi offre l’occasione per riaccendere il dibattito intorno alla questione del 41 bis, applicato ai prigionieri politici e alle condizioni inumane e degradanti di questo regime speciale, anche alla luce dei recenti accadimenti. Ritengo perciò necessario fare alcune precisazioni.
In 10 anni, il materiale cartaceo conservabile nelle celle della sezione femminile destinata al 41-bis presso il carcere dell’Aquila è passato da 30 a 3 riviste, da 20 a 3 quaderni, agli atti giudiziari dell’ultimo anno e a un solo dizionario. I reati che oggi si contestano a Nadia Lioce, “oltraggio a
Tra il 2014 e il 2015 Nadia Lioce è stata oggetto di ripetuti sequestri di libri, quaderni, riviste e materiali da cancelleria. Le fu sottratto anche l’elastico di una cartellina porta-documenti e buste ricavate da carta di quotidiani, utilizzate per archiviare corrispondenze e atti giudiziari (tutto materiale cartaceo già sottoposto a censura e non eccedente la quantità massima detenibile con le varie restrizioni) e ora la si vuole processare per aver esercitato una legittima protesta, utilizzando per la battitura l’unica cosa disponibile in cella: una bottiglia di plastica con cui avrebbe disturbato il “quieto vivere” di un carcere che l’ha sepolta viva, condannandola al silenzio, a una condizione d’isolamento totale e perenne, all’inaccettabile sacrificio della dignità umana! Contro il divieto ai detenuti in 41 bis di ricevere libri è nata la campagna “pagine contro la tortura”, cui le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario hanno aderito, rilanciando all’Aquila la manifestazione del 25 giugno scorso, in difesa delle condizioni di vita di Nadia Lioce e più in generale dei prigionieri rivoluzionari. Le condizioni più restrittive di questo regime speciale, infatti, non affliggono certo i veri capi mafiosi, gli amici impresentabili di questo marcio sistema capitalistico-mafioso, ma soprattutto detenute e detenuti politici e proletari che protestano nelle carceri.
Per aggirare il problema della ricezione di libri dall’esterno, abbiamo inviato alla Lioce 2 vaglia per acquistarseli tramite il carcere, scrivendo, come causale, soltanto “contributo acquisto libri”. Ma Nadia non ha ricevuto nessuno dei 2 vaglia e ha fatto reclamo. Ci sono prigionieri in 41 bis, che si sono laureati, hanno scritto libri e sono diventati persone migliori, mentre Nadia e gli altri prigionieri rivoluzionari in 41 bis non possono neanche ricevere 2 soldi per sopravvivere e studiare.
Con la sentenza della Corte Costituzionale dell’8.02.17, n° 122, questa sorta di tortura bianca è stata dichiarata legittima e definitiva, nonostante il parere contrario della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato. D’altra parte l’approvazione di un testo di legge sul reato di tortura, completamente stravolto da quello originario, tanto da renderlo di fatto inapplicabile e incompatibile con la Convenzione internazionale contro la tortura (che l’Italia ha ratificato 28 anni fà), è il segno evidente che quella che il 2 giugno abbiamo festeggiato, non è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma uno Stato di polizia fondato sulla repressione e sull’imperialismo, sulla guerra interna ed esterna; quella guerra che oggi ci torna a casa e come un cane che si morde la coda continuiamo ad alimentare.
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