Ilva: padroni e governo si stringono le mani insanguinate (da slai cobas sc)

DAL COMUNICATO DELLO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE - TARANTO, del 12 gigno 2015.

Dolore e rabbia per Alessandro, un ennesimo operaio assassinato dal sistema Ilva...
Dal 12 giugno 2003, quando morirono Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre, uccisi dal crollo di una gru, al 12 giugno 2015 sono stati anni segnati da una media di 2/3 operai assassinati all’anno per il profitto dei padroni... Gli operai non possono sempre e solo piangere i loro compagni di lavoro! Occorre una rivolta in questa fabbrica di sfruttamento e sangue per il capitale
L’Altoforno 2 doveva essere fermato nel 2012 per ordine della Magistratura assieme a tutta l’area a caldo. Invece ha continuato a produrre, nessun risanamento c’è stato e il governo ha sfornato 7 decreti solo per salvare gli interessi prima di padron Riva e poi dei padroni dell’acciaio... i commissari del governo Renzi, che oggi esprimono ipocrite condoglianze, hanno imposto, sotto ricatto, che gli operai, che pretendevano sicurezza, riprendessero il lavoro all’Afo 2 – purtroppo, con l’assenso dei delegati sindacali.

DAL LIBRO "ILVA LA TEMPESTA PERFETTA"


"...Dopo le tanti morti del periodo dell'Ilva/Italsider pubblica, Paolo e Pasquale aprirono la tragica stagione delle morti della nuova giovane generazione operaia... Una nuova generazione, allora, assunta - come staffetta con i loro padri - da Riva; una nuova generazione che era entrata piegando la testa e che doveva lavorare dicendo sempre sì ai capi. A questi giovani operai i "padri" non gli
trasmisero una memoria di lotta e di ribellione, che pur vi era stata nei decenni passati, ma al massimo le regole su come lavorare bene e in sicurezza.
Ma senza ribellione e lotta non si potevano salvare le vite degli operai.
Lo capì sulla propria pelle anche il padre di Paolo Franco che aveva "riempito la testa" del figlio sulle norme di sicurezza, ma non gli aveva insegnato una sola cosa necessaria: la giustezza di fronte a lavori a rischio di dire NO!
Ma allora, per l'azione dello Slai cobas per il sindacato di classe e di alcuni, pochi, tenaci operai dell'Ilva primo tra tutti Cosimo Semeraro, nella tragedia cominciò a spuntare un "fiore".
Per la prima volta a degli assassini operai, si rispose a Taranto e poi a livello nazionale non solo con le lacrime e la rabbia impotente ma con l'azione per rendere concrete le parole d'ordine "BASTA MORTI SUL LAVORO" - "SI LAVORA PER VIVERE NON PER MORIRE!".
Per la prima volta i familiari degli operai uccisi, con alcuni operai dell'Ilva, cominciarono a organizzarsi. Si costruì a Taranto il "Comitato 12 Giugno". Unendo in questo e attorno ad esso anche avvocati, artisti, giuristi, ispettori del lavoro, democratici, compagni e compagne di lotta, ecc.
Per la prima volta, grazie ad "Attricecontro" di Roma, con il toccante spettacolo, costruito insieme ad operai e familiari dell'Ilva, "Se questo è un operaio - viaggio nell'inferno dell'Ilva", venne portata sulla scena di teatro la verità della condizione operaia di sfruttamento, di subordinazione ai capi, di oppressione, controllo/ricatto in una fabbrica come l'Ilva che sta dietro la morte degli operai - uno spettacolo che ancora oggi dopo anni gira in tante città d'Italia.
Per la prima volta l'Ilva con il suo carico di morti per infortunio, malattia fu portata come uno "schiaffo" a livello nazionale e anche internazionale, e ruppe il complice silenzio di governi, Stato, mass media, sindacati confederali.
Per la prima volta con il costante lavoro dello Slai cobas e del "Comitato 12 Giugno", con altre realtà operaie e di familiari di altre città, in particolare gli operai della ThyssenKrupp di Torino, si mise sù la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro - diventata poi "Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori" con l'emergere sempre più forte delle micidiali ricadute sulle popolazioni dei territori della logica padronale di profitto contro la vita, la salute, l'ambiente.
E la Rete ha dato vita alle uniche manifestazioni nazionali (oltre quelle, tante, locali e specifiche che si sono fatte e si fanno), all'unità necessaria delle realtà di fabbrica come dei territori, degli operai come dei familiari, dei lavoratori come di esperti, di democratici, avvocati, ecc. - e a Taranto dalla manifestazione del 9 aprile 2009 a quella recente del 22 marzo 2013.
Questa data, purtroppo, è stata poi di fatto consegnata alle istituzioni, ai preti, arcivescovi, ai rappresentanti delle Forze dell'ordine - che per 364 giorni non fanno nulla e sono o complici col loro silenzio, o direttamente responsabili della morti in fabbrica e dopo della mancanza di giustizia.
Ma questa data deve tornare prima di tutto agli operai, anche se la situazione non è affatto facile.


NOI QUESTO 12 GIUGNO VOGLIAMO RICORDARE E RENDERE VIVO. PER TRASFORMARE QUESTI ASSASSINII IN RAGIONI DI LOTTA PER CAMBIARE/ROVESCIARE DA CIMA A FONDO QUESTO SISTEMA CAPITALISTA DI SFRUTTAMENTO E MORTE.