I padroni non perdono l'occasione per proseguire la guerra ai lavoratori e dopo aver osannato il governo Renzi (sogno dei padroni e incubo per i proletari) dettano al governo i prossimi provvedimenti antipopolari.
I giovani imprenditori: via l’articolo 18 per gli statali
Il presidente Marco Gay: «La guerra della crisi è finita. Ora non bisogna perdere l’occasione del referendum»
«Se in tanti hanno paragonato questi anni di crisi a una guerra, oggi forse possiamo dire: la guerra è finita». Il presidente dei giovani industriali Marco Gay l’aveva promesso: «Niente liste della spesa». E infatti, la lunga relazione che apre la due giorni di Santa Margherita, non si trasforma in un cahier de doléances. Anzi, il leader degli imprenditori mette in fila una lunga lista di risultati portati a casa dal governo: dall’abolizione dell’articolo 18 - ora però bisogna abolirlo anche nella pubblica amministrazione, scandisce - al «fisco che tassa i dipendenti anche quando non si fanno profitti», passando per la vittoria a Bruxelles nella partita flessibilità.
«Diciamoci la verità: solo qualche anno fa ci sarebbe sembrato impossibile», esordisce
Gay. Le emergenze, spiega, non sono però sparite: «Le nostre macerie si chiamano povertà, disoccupazione giovanile ed esclusione sociale. Problemi troppo seri per affrontarli con il vecchio modello dell’assistenzialismo senza sviluppo». E dunque? La soluzione si chiama sviluppo. E questa, dice, si raggiunge facendo marciare assieme «la risoluzione delle grandi crisi industriali» e «gli incentivi per le start up e per le Pmi innovative». Per il futuro, Gay immagina «una Taranto leader dell’acciaio da usare in stampanti 3D, il territorio di Umbria e Marche che i frigoriferi e le lavatrici le produce intelligenti, che nella toscanissima Piombino si producano le rotaie su cui corrono i treni di Iran, Turchia, Montenegro e Nigeria».
Gay. Le emergenze, spiega, non sono però sparite: «Le nostre macerie si chiamano povertà, disoccupazione giovanile ed esclusione sociale. Problemi troppo seri per affrontarli con il vecchio modello dell’assistenzialismo senza sviluppo». E dunque? La soluzione si chiama sviluppo. E questa, dice, si raggiunge facendo marciare assieme «la risoluzione delle grandi crisi industriali» e «gli incentivi per le start up e per le Pmi innovative». Per il futuro, Gay immagina «una Taranto leader dell’acciaio da usare in stampanti 3D, il territorio di Umbria e Marche che i frigoriferi e le lavatrici le produce intelligenti, che nella toscanissima Piombino si producano le rotaie su cui corrono i treni di Iran, Turchia, Montenegro e Nigeria».
Niente lagnanze, dunque - «Siamo a una svolta finanziaria» - ma pure qualche richiesta: «Fino ad oggi le imprese hanno preferito il finanziamento a debito rispetto a quello in equity, ma se verrà portata a compimento la riforma fiscale, e senza altri stop elettorali come quello dell’Imu, l’idea del «niente tasse per chi investe nelle piccole e medie imprese potrebbe davvero far fluire la ricchezza privata degli italiani verso chi produce». I giovani imprenditori, che promuovono la riforma costituzionale - «il referendum è una occasione da non perdere» - si aspettano «dal governo serietà e coerenza per realizzare nella prossima legge di stabilità il taglio dell’Ires di 4 punti, come era stato promesso». E poi «una svolta infrastrutturale», dalla banda larga alla Tav. Infine, la giustizia e la trasparenza. «La magistratura che blocca l’attività produttiva deve essere un capitolo chiuso».
Inoltre, «per evitare che i rapporti fra pubblico e privato si riducano a rapporti affaristici, l’Italia non può fare a meno di una legge sulle lobby».
Dal palco, Gay racconta «il clima di fiducia», ma «forse non tutto è pronto per rimettersi a correre. E’ il tempo di rilanciare, di osare, di intraprendere». I giovani imprenditori guardano con fiducia al piano annunciato per settembre dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda: «Ci ha detto che non sarà scritto dai burocrati in stanze chiuse ma che verrà fatto insieme a chi, sull’impresa, può dire qualcosa».
Gay, che parla prima dei candidati sindaci, non risparmia stoccate però, soprattutto a Virginia Raggi. «Avremmo voluto vederli competere di più sulle risposte alle domande concrete e meno su liste escluse e riammesse, battaglie legali per far fuori i candidati, dichiarazioni stampa avventate che hanno fatto crollare aziende quotate». Eppure è lì, nelle «risorse urbane che ci giochiamo la scommessa della crescita». Nei territori, che andrebbero rilanciati con una «politica industriale» che manca «da troppo tempo».
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