sabato 18 giugno 2016

pc 18 giugno - Sulla vicenda Tirreno Power di Vado, le valutazioni di Medicina Democratica di Savona. Un'analisi condivisibile che nella sostanza dice che nocivo è il capitale...

...che mette sotto accusa imprese, governo e sindacati conniventi. Che dice anche che è possibile coniugare interessi della popolazione e degli operai. E' anche questa la battaglia che si sta combattendo all'Ilva di Taranto e che in questi giorni, da Torino a Brescia - da Bergamo a Milano, si sta trattando nella presentazione del libro "Ilva la tempesta perfetta", dal quale emerge che questa battaglia contro lo sfruttamento ASSASSINO è possibile e necessaria, unendo gli interessi dei lavoratori e del popolo inquinato.



TIRRENO POWER DI VADO LIGURE, UNA VITTORIA DAL SAPORE AMARO
Riportiamo le considerazioni di Maurizio Loschi della sezione di MD di Savona sull’annunciata cessazione dell’esercizio delle vecchie sezioni a carbone della centrale Tirreno Power, di Vado
Ligure. Ricordiamo che sul tema della produzione di energia elettrica da carbone, inclusa la “storia” della centrale di Vado Ligure Medicina Democratica ha dedicato il numero 222-224 della rivista, scaricabile da questo sito e richiedibile in formato cartaceo. 
Rinuncia definitiva all’attività dei gruppi a carbone della centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure: una vittoria dal sapore amaro.
Purtroppo la maggior parte delle volte la chiusura di un sito altamente inquinante avviene in un momento che coincide con la fine del periodo di sfruttamento degli impianti.
Questo dipende solitamente dal fatto che ci sono voluti:
  • anni per prendere coscienza dell’inquinamento causato dalle emissioni di quelle produzioni,
  • altri anni per costruire un’opposizione civile, da una denuncia del problema da parte di associazioni o cittadini più attenti, informati e sensibili, ma nell’indifferenza dei più,
  • anni per ottenere un intervento significativo da parte di qualche istituzione o, più semplicemente, della magistratura,
e nel frattempo i danni alla salute della popolazione residente, dei lavoratori ed all’ambiente sono diventati pesantissimi e, in alcune occasioni, irreversibili. E intanto i responsabili, sia aziendali che politici ed istituzionali si defilano, spariscono nella palude delle scatole cinesi dei cambi di proprietà, delle continue variazioni delle direzioni aziendali, dei rimpasti e dei cambi di governo locali nonchè della cupola protettiva della prescrizione. Restano al territorio i conti da pagare in termini di malati, morti, disoccupati, di zone da bonificare. E così è avvenuto anche in questa occasione, e per questo la decisione annunciata tramite i media dal CDA della Tirreno Power dell’intenzione di rinunciare a proseguire la produzione dell’energia elettrica a Vado Ligure/Quiliano tramite la combustione del Carbone (sempre che fossero riusciti a ottenere il dissequestro dei gruppi spenti forzatamente da un provvedimento giudiziario di ormai due anni fa), benché fosse l’obiettivo principale dell’insieme delle organizzazioni raccolte dentro la Rete Fermiamo il Carbone, non ha consentito alcun festeggiamento. Anche se qualche anno di anticipo della chiusura ha sicuramente salvato decine e decine di persone ed interrotto un pesantissimo inquinamento ambientale, risultato del quale dobbiamo essere grati a tutti quelli che con coraggio e perseveranza si sono impegnati in prima persona, ai comitati territoriali, ai medici in prima linea, le carte dell’inchiesta che ha portato al sequestro cautelativo dei gruppi hanno dimostrato che l’intenzione aziendale era proprio quella di spremere fino all’ultimo gli impianti ormai obsoleti, irrimediabilmente vetusti e impossibili da ammodernare, ma proprio per questo completamente ammortizzati e privi di costi significativi, mentre ogni promessa di investimento in nuovi gruppi, per quanto improponibili poiché sempre a carbone, era semplicemente uno “specchietto per le allodole” per ottenere l’autorizzazione a proseguire con quelli vecchi. Risulta quindi ancora più vuota l’affermazione che i comitati hanno fatto chiudere la Centrale, non solo perché se ciò è avvenuto è stato per la determinazione di una Procura che ha raccolto elementi probanti estremamente significativi sui danni che quell’azienda stava procurando alla zona ed alla popolazione residente, inchiesta nata per l’azione dei comitati ma che poi è proseguita autonomamente per opera della Magistratura, ma  soprattutto perché quel destino era già stato definito dai progetti aziendali, messi a nudo dall’attività investigativa e confermati dalle carte processuali. Ancora una volta pertanto, così come per l’Eternit, la Farmoplant, l’ACNA e tantissime altre realtà industriali, la miopia sindacale nel non voler vedere quello che era sotto gli occhi di tutti ha impedito che si avviasse dall’interno dello stabilimento una vera battaglia per la riconversione degli impianti, in senso ambientalista ma anche industriale, e che a pagare un ulteriore prezzo fossero, oltre che i cittadini, anche i lavoratori.
Loschi Maurizio

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