....LO DICONO APERTAMENTE ANCHE GLI ANALISTI BORGHESI COME DARIO DI VICO:
Lo slittamento a settembre dell’accordo non è di per sé drammatico, ma le attuali condizioni economiche, oltre alle incombenti raccomandazioni di Bruxelles, spingerebbero a prendere decisioni coraggiose - stralci dal corriere della sera
È
sempre più probabile che il «rinnovamento» del contratto nazionale
dei metalmeccanici
venga rimandato a settembre.
In questi giorni con una serie di azioni
articolate sul territorio i sindacati di categoria stanno facendo
sentire la loro pressione ma appare comunque più come una risposta
dovuta che il tentativo di dare una spallata.
Va riconosciuto a
Fiom-Fim-Uilm di aver osservato finora una linea di grande
compostezza....... le organizzazioni sindacali hanno saputo
tenere i nervi a posto e esibire la loro «forza tranquilla».
Il
guaio è che lo slittamento a dopo le ferie corrisponde a uno stallo
e non si capisce come se ne possa venir fuori. La Federmeccanica ha
spiazzato i sindacati presentando una piattaforma giudicata da molti
innovativa e che sostanzialmente prevede concessioni in materia di
sanità integrativa, il principio delle formazione garantita per
tutti i lavoratori e l’erogazione di aumenti salariali legati ad
effettivi incrementi della produttività.
Sul
welfare sanitario e sulla formazione i sindacati hanno recepito
positivamente la
novità attribuendosene persino la paternità ideativa, sul salario
però insistono che si debba prevedere un aumento nazionale uguale
per tutti anche nel caso in cui salario individuale fosse nettamente
superiore.
La verità, però, è che oggi gli
scioperi colpiscono durante un 30% delle imprese che ha bisogno di
produrre e di aumentare l’orario, per il restante 70% il danno è
molto relativo. Anche per questo la base degli imprenditori meccanici
è decisa ad andare fino in fondo e a non firmare mediazioni deboli
come quelle siglate da chimici e alimentaristi. Vuole riconoscere
aumenti salariali anche significativi ma solo a fronte di incrementi
paralleli della produttività. Mai più sommatorie tra livello
nazionale e paghe ottenute in fabbrica.
Il
governo che aveva adombrato l’intenzione di intervenire sulla
materia con un atto
d’imperio, grazie al pragmatismo del sottosegretario Tommaso
Nannicini sembra disposto ad attendere ma si sente la necessità di
sbloccare il negoziato. Altrimenti la riforma delle relazioni
industriali sarà ancora una volta rinviata alle calende greche
delegittimando ulteriormente il ruolo del contratto nazionale.
La
debolezza della ripresa e dell’aumento del Pil dovrebbe spingere
invece tutti a prendere decisioni coraggiose e utili, che per altro
figurano nelle «raccomandazioni» arrivateci da Bruxelles.
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