È da quindici anni in qua, a partire
dalla proclamazione della cosiddetta “guerra al terrorismo
internazionale”, che si sta verificando un aggravamento di anno in anno
della normativa e della prassi repressiva e di controllo applicata negli
Usa e nei paesi dell’Unione Europea. Ciò è avvenuto parallelamente ai
processi di aggressione militare imperialista che queste stesse potenze
portano avanti verso i popoli dell’area arabo – islamica, investendo una
zona sempre più estesa, che oggi va dalla Libia all’Afghanistan, con
conseguenze via via più atroci.
La tendenza alla guerra imperialista sta
dunque modellando anche il fronte interno delle società dei paesi che la
conducono: dal Patrioct Act statunitense alle recenti leggi contro i
“Foreing Fighters” varate dai paesi europei, dal dispiegamento dei
militari nelle metropoli alle frontiere segnate da nuovi muri, fino ad
arrivare allo stato d’emergenza in Francia, promulgato dopo gli
attentati di novembre
2015 e tuttora in vigore.
2015 e tuttora in vigore.
In tutto questo processo, il modello
politico, militare e finanche giuridico e legale degli Usa e dei paesi
europei, è inevitabilmente costituito dal regime sionista di Israele,
come hanno chiaramente dimostrato le testate di alcuni giornali dopo
l’ultimo attacco a Parigi, in cui si esortava “l’Europa ad andare a
lezione da Israele”.
Quest’ultimo, infatti, dal 1948 ad oggi – in
sessantotto anni di sanguinosa occupazione ai danni del popolo
palestinese – ha sviluppato il patrimonio più tragicamente avanzato
negli ambiti, sempre più strettamente connessi, della guerra
imperialista, dell’occupazione militare e del controllo poliziesco. Lo
stato sionista oggi rappresenta il paradigma della produzione
dell’industria della violenza e della sua esportazione a livello
mondiale, con il vantaggio di porsi sul mercato come un marchio
garantito, poiché ha la possibilità di testare e collaudare il proprio
prodotto direttamente sulla popolazione palestinese, quale cavia di un
laboratorio di sperimentazione delle nuove tecnologie a scopo bellico.
Il nuovo passo nel “diritto di guerra”
degli Stati Uniti e dei paesi dell’Unione Europea è creare una normativa
ad hoc per contrastare il movimento internazionale di solidarietà con
il popolo palestinese; una sorta di riconoscimento ufficiale del ruolo
di riferimento che il regime sionista ha in materia di repressione,
tanto che oramai non si tratta solo di utilizzare i mezzi da esso
sviluppati, ma di colpire attivamente a livello penale chi lo contrasta.
In particolare, Stati Uniti, Gran
Bretagna, Francia e Canada stanno approntando misure repressive per
perseguire coloro che promuovono il boicottaggio del regime sionista a
tutti i livelli (commerciale, accademico, culturale…), il quale, grazie
alla diffusione del movimento “Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni”
(BDS), si è rivelato come uno strumento efficace per esprimere
solidarietà concreta al popolo palestinese. In Francia vi sono state già
pesantissime condanne a pene pecuniarie, divieti a manifestazioni
pro-boicottaggio e persino l’arresto di una manifestante durante il
corteo a Parigi per l’8 Marzo scorso, unicamente perché indossava una
maglietta che promuoveva il boicottaggio.
Anche Italia, in seguito alla denuncia
alla Knesset del Presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha indicato
recentemente il BDS come una “ferita aperta nei rapporti fra Europa e Stato ebraico”,
attraverso un apposito disegno di legge già depositato al Senato
dall’agosto 2015, si vuole far passare una normativa atta a vietare il
boicottaggio. Ancora una volta, tutto ciò è giustificato dall’infamia
secondo cui l’antisionismo sarebbe assimilabile all’antisemitismo. Il
testo di presentazione della proposta di legge recita: “Utilizzando
una retorica antisionista e antisemita, il boicottaggio prende di mira
beni e prodotti di fabbricazione israeliana, ed ostacola la libera
partecipazione di accademici, personalità del mondo politico, sportivo e
culturale in Europa e nel mondo.” La normativa dovrebbe apportare
delle aggiunte alla legge Mancino, che in teoria sarebbe volta a vietare
le discriminazioni razziali, in modo da applicarla a coloro che
contrastano il regime di occupazione della Palestina.
Queste leggi sono un chiaro attacco alla
solidarietà internazionalista. La pratica del boicottaggio solo 30 anni
fa si è dimostrata utile contro il regime dell’apartheid in Sud Africa
ed ha contribuito alla sua caduta. Conscio di ciò lo Stato di Israele
oggi si attrezza per perseguire tale forma di protesta con tutti i mezzi
possibili, fino a dichiararla illegale.
Questi ed altri attacchi non devono far
recedere la solidarietà al popolo palestinese, la lotta contro
l’avamposto guerrafondaio e reazionario costituito dal regime sionista e
la ricostruzione di un movimento contro la guerra imperialista. Per far
fronte alle minacce e alle strette repressive, dobbiamo imparare dalla
Resistenza del popolo palestinese che, da decenni, continua a tenere
testa a quella macchina di morte che è l’occupazione sionista. Dobbiamo
legare sempre di più le pratiche internazionaliste di lotta al sionismo e
alla guerra imperialista con quella della solidarietà militante, perché
tutti i movimenti che si sviluppano concretamente prima o dopo vengono
attaccati dalla repressione delle classi dominanti, alla quale bisogna
rispondere con l’unità, con la continuità e il rinnovarsi dell’azione di
lotta.
NO ALLE LEGGI CONTRO IL BOICOTTAGGIO DEL REGIME SIONISTA!
UNIRE LA LOTTA CONTRO L’IMPERIALISMO E IL SIONISMO
ALLA RESISTENZA CONTRO LA REPRESSIONE!
IMPARARE DALLA RESISTENZA DEL POPOLO PALESTINESE!
UNIRE LA LOTTA CONTRO L’IMPERIALISMO E IL SIONISMO
ALLA RESISTENZA CONTRO LA REPRESSIONE!
IMPARARE DALLA RESISTENZA DEL POPOLO PALESTINESE!
Assemblea di lotta “uniti contro la repressione”
https://uniticontrolarepressione.noblogs.org
no41bis@gmail.com
giugno 2016
https://uniticontrolarepressione.noblogs.org
no41bis@gmail.com
giugno 2016
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