"Tutto questo fa male.
Finché dovrà andare avanti così per noi giovani? Sfruttati, senza un futuro. Ho
deciso di raccontare la mia storia dopo essere stato da un legale che non mi ha
dato speranze"
Arese, 16 giugno 2016 - «Disoccupato. Shopping
a che prezzo». Si è fatto stampare la scritta sulla maglietta dopo essere stato
lasciato a casa, alla fine di un periodo di prova «andato benissimo». Una forma
di protesta contro l’ingiustizia subita, lo slogan di una battaglia che Giacomo
Marini, 26enne di Paderno Dugnano, figlio di commercianti, ha deciso
di combattere da solo. Il 22 febbraio scorso è fra i 100 fortunati assunti con
un contratto di 6 mesi da H&M in vista dell’apertura ad Arese del
centro commerciale più grande d’Europa. Il 26 maggio il sogno finisce. Lo
licenziano. Prima di lui hanno subito la stessa sorte altri 12.
Succede sempre a pochi giorni dalla fine del
periodo di prova. Nel mega mall dal 14 aprile si sfidano
ogni giorno i migliori brand internazionali del low cost. I marchi ci sono tutti: H&M Zara, Alcot, Bershka solo per citarne alcuni. È il paradiso dello shopping a basso costo, dove ha fatto il suo debutto in Italia Primark, la catena irlandese che spopola nel mondo per i prezzi più che vantaggiosi delle sue collezioni. La lotta qui è all’ultimo cliente. «Sul campo restano le speranze dei tanti giovani come me che fino si lasciano sfruttare credendo di aver trovato un posto», dice Giacomo. Superato il periodo di due mesi di avviamento a Milano - sulle pagelline mai un richiamo - il salto è ad Arese. «Ti chiedevano di dare il massimo, io ci ho messo l’anima, ma dopo pochi giorni era chiaro che solo alcuni avrebbero superato i 60 giorni di effettivo lavoro e ottenuto un contratto. Si viveva con il terrore: prima o poi sarebbe toccato anche a te sentire il tuo nome agli altoparlanti», racconta Giacomo, che conserva in una cartelletta ogni dettaglio di questa brutta esperienza. È un rito che si ripete quasi ogni giorno: «Suona il ‘gong’ e cadono teste, una via l’altra.
Finché è toccato anche alla mia». Giovedì 26 maggio timbra alle 13.30
e alle 13.38 il suo tempo è scaduto. È il 53esimo giorno ad Arese: lo chiamano
in ufficio, la lettera di licenziamento è sul tavolo. «Mi sono rifiutato di
firmarla», dice. La motivazione è per tutti la stessa: «Mancato superamento
del periodo di prova». «In che cosa non sono andato bene?», chiede. Nessuno gli
risponde. Perito elettrotecnico, studente universitario, Giacomo ha diverse
esperienze di lavoro: nella gioielleria di famiglia, in posta, nel
volontariato. «Se entri ad Arese sei a posto per sempre», la convinzione dei
tanti precari in coda per avere contratto nel centro commerciale sorto sulle
ceneri dell’ex Alfa Romeo. «Tutto questo fa male. Finché dovrà andare
avanti così per noi giovani? Sfruttati, senza un futuro. Ho deciso di
raccontare la mia storia dopo essere stato da un legale che non mi ha dato
speranze. Per questo mi sono detto: “Io non sto zitto”». «Nei centri
commerciali assistiamo a un uso disinvolto dei voucher lavoro e dei contratti a
chiamata - commenta Marco Beretta, segretario della Filcams -. Moderne
ingiustizie, il lavoro a tempo pieno non esiste più. La struttura di Arese
rischia di essere anche il centro più grande della precarietà». Giacomo sta
lavorando a una pagina Facebook #shoppingacheprezzo. «Voglio raccogliere
le testimonianze, i racconti di chi come me ha vissuto o vive ingiustizie
lavorative simili e magari creare una rete di ascolto e aiuto». In cerca di lavoro,
il 26enne ora parteciperà al nuovo bando per il servizio civile.
ogni giorno i migliori brand internazionali del low cost. I marchi ci sono tutti: H&M Zara, Alcot, Bershka solo per citarne alcuni. È il paradiso dello shopping a basso costo, dove ha fatto il suo debutto in Italia Primark, la catena irlandese che spopola nel mondo per i prezzi più che vantaggiosi delle sue collezioni. La lotta qui è all’ultimo cliente. «Sul campo restano le speranze dei tanti giovani come me che fino si lasciano sfruttare credendo di aver trovato un posto», dice Giacomo. Superato il periodo di due mesi di avviamento a Milano - sulle pagelline mai un richiamo - il salto è ad Arese. «Ti chiedevano di dare il massimo, io ci ho messo l’anima, ma dopo pochi giorni era chiaro che solo alcuni avrebbero superato i 60 giorni di effettivo lavoro e ottenuto un contratto. Si viveva con il terrore: prima o poi sarebbe toccato anche a te sentire il tuo nome agli altoparlanti», racconta Giacomo, che conserva in una cartelletta ogni dettaglio di questa brutta esperienza. È un rito che si ripete quasi ogni giorno: «Suona il ‘gong’ e cadono teste, una via l’altra.
Nessun commento:
Posta un commento