(Quelli che pubblichiamo sono interventi che servono a contrastare la propaganda e la canea imperialista, anche se contengono cose che non condividiamo)
LA STRAGE DI PARIGI RENDE PIÙ URGENTE LA LOTTA CONTRO LA GUERRA
LA STRAGE DI PARIGI RENDE PIÙ URGENTE LA LOTTA CONTRO LA GUERRA
Con
gli attentati di Parigi la guerra ha fatto un altro decisivo passo
avanti.
La
vera novità è che la guerra che i paesi occidentali, e la Francia
in primis, hanno esportato in giro per il mondo, rimanendone
sostanzialmente immuni finora sul proprio territorio, arriva anche in
casa
propria, facendo toccare con mano cosa voglia dire vivere in una
situazione di conflitto armato.
Per
questo motivo, per quanto colpiti dalla morte di tante vittime civili
a Parigi, non ci associamo al coro unanime che il circo mediatico e
le istituzioni stanno mettendo in campo. Si tratta infatti di lacrime
ipocrite e colpevoli, che servono a nascondere le responsabilità di
chi da circa 30 anni non sta facendo altro che portare saccheggio, morte e distruzione nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Quegli stessi giornalisti non hanno espresso il minimo di commozione e di condanna per i recenti attentati a Beirut, all’aereo russo fatto cadere nel Sinai o alle bombe contro la manifestazione di Ankara. Evidentemente i morti occidentali sono speciali, mentre gli altri sono di una razza inferiore e non meritano compassione e rabbia. Quando gli eserciti delle potenze occidentali hanno bombardato ed invaso interi paesi, con la scusa di difendere i diritti umani, di esportare la democrazia e tante altre fandonie che ci hanno raccontato, solo per mascherare una politica neocoloniale tesa a ristabilire su di essi la supremazia delle grandi potenze occidentali e dei loro capitali, quegli stessi giornalisti ne hanno esaltato le presunte ragioni umanitarie.
chi da circa 30 anni non sta facendo altro che portare saccheggio, morte e distruzione nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Quegli stessi giornalisti non hanno espresso il minimo di commozione e di condanna per i recenti attentati a Beirut, all’aereo russo fatto cadere nel Sinai o alle bombe contro la manifestazione di Ankara. Evidentemente i morti occidentali sono speciali, mentre gli altri sono di una razza inferiore e non meritano compassione e rabbia. Quando gli eserciti delle potenze occidentali hanno bombardato ed invaso interi paesi, con la scusa di difendere i diritti umani, di esportare la democrazia e tante altre fandonie che ci hanno raccontato, solo per mascherare una politica neocoloniale tesa a ristabilire su di essi la supremazia delle grandi potenze occidentali e dei loro capitali, quegli stessi giornalisti ne hanno esaltato le presunte ragioni umanitarie.
Le
migliaia di morti civili, la distruzione di intere città, provocati
dai nostri aerei da 10 km di altezza, oppure con i droni guidati da
qualche asettica stanza di comando in una delle tante basi militari
disseminate in giro per il mondo, i missili lanciati da centinaia di
km di distanza da navi militari, non fanno testo: sono considerati
effetti collaterali delle nostre bombe intelligenti, e soprattutto
non sporcano le mani dei nostri eserciti del sangue di quelle vittime
innocenti, colpevoli solo di essere nati nel paese sbagliato.
I
piromani che hanno attizzato in tutti i modi possibili l’incendio
del Medio Oriente vengono presentati con il volto rassicurante dei
pompieri, come le vittime incolpevoli di una violenza immotivata.
L’aggressione a freddo della Libia, proprio da parte di Francia e
Inghilterra, per ristabilire il proprio controllo su di essa con il
supporto attivo anche dell’Italia, scompaiono dalla memoria dei
nostri gazzettieri quando si tratta di capire
il perché del caos attuale. Il sostegno fornito alla
destabilizzazione della Siria, coprendo e finanziando
proprio quelle formazioni del radicalismo islamico che poi sono
confluite nell’ISIS, pensando di poter combattere dietro le quinte
una guerra per interposta persona contro Assad ed i suoi alleati,
sono completamente rimossi da qualsiasi serio bilancio di come siamo
arrivati a questo punto. E non diverso è l’atteggiamento quando si
tratta di valutare l’inferno che sono diventati i diversi paesi
dell’Africa Sub sahariana, dove proprio la Francia, che li
considera il proprio giardino di casa, rafforza la sua presenza. Dove
non arriva la corruzione delle classi dirigenti locali, o i colpi di
Stato fomentati direttamente, si interviene con il proprio esercito e
con le proprie armi
di distruzione di massa per ribadire la subordinazione di questi
paesi alle esigenze imperiali della Francia.
Come è avvenuto recentemente proprio in Mali.
Ora
l’ISIS, la cui nascita ed il cui rafforzamento sono stati favoriti
dalle politiche attivamente seguite in Iraq,in Libia e in Siria dalle
potenze occidentali allo scopo di destabilizzare quei paesi in
concorso con le potenze dell’area mediorientale come la Turchia e
le petromonarchie, viene indicato come il nemico principale. Ma
questo accade solo perché la creatura da essi stessi alimentata è
sfuggita loro di mano e pretende di avere interessi propri ed un
proprio progetto che contrastano con quelli di chi l’ha tenuto in
incubazione e ne ha favorito l’espansione. Ma anche la favola del
male assoluto dedito solo al crimine efferato e alla negazione di
ogni umanità non regge più a fronte di una indagine minimamente
seria sulle capacità di proselitismo dimostrate da
quest’organizzazione.
Se
si vuole comprendere da dove trae la sua forza di attrazione l’ISIS
che, come abbiamo visto con gli ultimi attentati e con quelli di
gennaio, raccoglie adesioni anche tra diversi nativi francesi, forse
sarebbe il caso di riconsiderare il saccheggio, le distruzioni e le
morti, provocati dalla ultrasecolare politica dei paesi occidentali e
dalla Francia in prima fila. La stessa conformazione attuale del
vicino oriente è il frutto della spartizione a tavolino decisa da
Francia ed Inghilterra agli inizi del secolo scorso, per spartirsi la
zona in rispettivi protettorati ed impedire la creazione di una
nazione araba in grado di contrastare le loro mire espansionistiche.
Forse
sarebbe il caso di interrogarsi sulla marginalizzazione e la
razzizzazione imposta a quote crescenti di popolazione delle disumane
periferie delle grandi città. Alla frustrazione provocata tra tanti
giovani più che disposti ad integrarsi nel paese in cui sono nati, e
continuamente umiliati facendo sentire su di loro il peso delle
proprie origini familiari, della esclusione scientificamente
programmata da quel modello di vita propagandato quotidianamente da
quegli stessi mass media come il migliore dei mondi possibile.
Il
fatto che tanti giovani si facciano affascinare da un progetto
reazionario come quello dell’ISIS e siano disposti
a sacrificare la propria vita per esso, non è indice della natura
perversa dell’Islam, o della inferiorità
razziale degli arabi e dei musulmani,come si continua a propagandare
in maniera più o meno esplicita da
parte della grande stampa, ma segnala a chi ha occhi per vedere,
quanto sia crescente ed intollerabile
il senso di frustrazione, di emarginazione e di insofferenza di una
massa di giovani per un futuro da cui si sentono totalmente esclusi e
prevaricati. Ma segnala anche l’assenza di qualsivoglia prospettiva
alternativa credibile tanto nelle metropoli occidentali quanto nelle
aree del Medio Oriente disposta a battersi per il superamento di
questo sistema sociale fondato sulla logica del profitto che dietro
le sue luccicanti vetrine nasconde solo sfruttamento bestiale,
oppressione e degrado delle relazioni umane.
Le
emozioni e lo sbigottimento da parte della maggioranza della
popolazione, provocati dagli attentati di Parigi, vengono utilizzate
per fomentare un clima sciovinistico e xenofobo, per chiamare a
stringersi intorno al proprio governo e per giustificare un
rafforzamento delle politiche di guerra, ma anche per creare consenso
verso una svolta autoritaria all’interno utilizzando l’alibi del
terrorismo allo scopo di limitare le libertà politiche di quegli
stessi cittadini. Senza contare le politiche ancora più repressive
che saranno attuate contro gli immigrati, criminalizzati in massa in
quanto potenziali terroristi.
Noi
antimilitaristi che da sempre denunciamo le politiche di guerra
seguite dai nostri governanti e ci battiamo contro di esse, spesso
siamo guardati con aria di sufficienza, ma forse avvenimenti come
quelli di Parigi, dietro l’onda della comprensibile commozione,
possono far intendere a tante persone, come la guerra mondiale sia
effettivamente già in corso e che a cominciarla sono state le nostre
classi dominanti ed i loro rappresentanti politici e istituzionali.
Il fatto che sino ad ora sia stata a senso unico o sia avvenuta per
interposta persona ci dice solo che siamo ancora agli inizi di una
tendenza destinata a diventare ben più drammatica e orribile di
quanto ci sta capitando di vedere se non riusciremo a fermarla. Ci
dice che non potremo continuare a seguirla distrattamente dai
notiziari della sera, come fosse un fatto che non ci riguarda, salvo
svegliarci dal sonno quando qualche schizzo di questa immensa
mattanza arriva sotto casa nostra, per domandarci sorpresi come mai
possa accadere proprio a noi una cosa simile.
Infatti,
al di là della momentanea apparente unità di intenti contro il
nemico comune, prosegue la corsa agli armamenti, e proseguono le
lotte tra le grandi potenze per appropriarsi di risorse e territori
ritenuti stratecigi a discapito dei propri concorrenti.
Il
materiale incendiario per un nuovo conflitto militare generalizzato
si va sempre di più accumulando ed in una simile condizione la
scintilla per l’innesco più o meno casuale o intenzionale è solo
questione di tempo. Non sarà la diplomazia che lo potrà fermare,
non saranno le momentanee intese tra le grandi potenze, ma solo il
protagonismo di coloro che non sono più disposti a farsi intruppare
dietro le campagne nazionaliste che mirano solo a creare il consenso
della popolazione verso quel conflitto cui si vanno concretamente
preparando.
Chi,
scosso dagli avvenimenti francesi ritiene di non poter restare più
passivo spettatore di quanto sta avvenendo, si attivizzi e si unisca
a noi nella lotta contro il militarismo e la guerra, per indirizzare
tutta la propria rabbia contro i principali responsabili di questo
quotidiano macello. Contro chi per pura sete di profitto continua a
produrre e a vendere armi anche a coloro contro cui sostiene di
combattere, contro chi in nome della sicurezza e degli interessi
nazionali, militarizza sempre di più i nostri territori ed emana
leggi sempre più autoritarie per difendersi non da un supposto
nemico esterno, ma da possibili reazioni dei suoi stessi cittadini
colpiti dalle conseguenze di una politica che li impoverisce
quotidianamente per difendere i privilegi delle classi dominanti.
COMITATO
NO TRIDENT - NAPOLI
Per
info: assembleanowar.na@gmail.com
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