Corrispondenza dalla Tunisia:
Oggi pomeriggio un attentato contro un minibus militare nella grande arteria di Mohhamed V a Tunisi ha provocato 14 morti e 17 feriti tra gli uomini della Guardia Presidenziale (per fortuna non risultano vittime civili innocenti). Ancora non è chiaro se si è trattato di autobomba o di attacco kamikaze. Al momento non c'è stata nessuna rivendicazione ma si da per scontato che si tratti del gruppo Stato Islamico o di qualche altro gruppo salafita attivo nel paese.
Ciò che è sicuro è che il presidente della repubblica Essesbi e il governo capeggiato da Essid (entrambi dello stesso partito di Nidaa Tounes, ovvero l'RCD "restaurato") non hanno perso tempo e già dopo 3 ore l'attentato, verso le 20:00, hanno annunciato pubblicamente la proclamazione dello stato di emergenza per 30 giorni e il coprifuoco vigente dalle 21:00 alle 5:00 per la zona di Grande Tunisi (il governatorato di Tunisi ovvero la capitale e i suoi sobborghi).
Ieri era stata annunciata l'apparizione a reti unificate del presidente della repubblica che avrebbe dovuto rivolgersi alla nazione in serata con un messaggio riguardante alcune questioni di importanza nazionali tra cui un braccio di ferro tra il sindacato UGTT e il patronato UTICA circa il rinnovo contrattuale dei lavoratori del settore privata, domani era previsto un grande sciopero di cui si parla da giorni, a seguito dell'attentato l'UGTT ha ritirato lo sciopero, scelta quanto mai dannosa per i lavoratori.
Coincidenze? Probabilmente... Fatto sta che come successo in Francia circa dieci giorni fa, anche in Tunisia il governo sfrutta un attentato per instaurare provvedimenti draconiani volti a colpire la libertà di espressione, dissenso e protesta tanto sbandierati dalle democrazie borghesi, e la Tunisia post.rivolta/restaurazione viene definita tale dalla stragrande maggioranza dei media, opinionisti, politici borghesi, capi di stato e di governo ecc.
Infatti, così come in Francia, lo stato di emergenza mette al bando qualsiasi tipo di sciopero, protesta e riunione politica, come se tutto questo avesse a che fare con il "terrorismo".
Già lo scorso ottobre a seguito dei forti scioperi e proteste durati mesi in barba allo stato di emergenza, il governo era stato costretto a non rinnovarlo, oggi la reintroduzione di esso è stata servita su un piatto d'argento con il "carico da 90" del coprifuoco.
Tutti pretesti da parte di un governo anti-popolare che cerca disperatamente di deviare l'attenzione delle masse verso altri problemi quando la causa principale della miseria, della disoccupazione e anche della proliferazione dell'islam politico e radicale di matrice salafita è proprio il governo stesso sia per le sue politiche inadeguate e impopolari sia per la sua stessa composizione in cui è presente Ennahdha, partito appartenente al troncone internazionale dei Fratelli Musulmani, connivente con altri gruppi alla sua destra appartenenti alla galassia salafita.
A Tunisi, come successo a Parigi la scorsa domenica, è necessario sfidare ancora una volta i provvedimenti liberticidi dello stato di emergenza.
Nessuna unità nazionale con la borghesia compradora che svende le risorse del paese alle potenze straniere e fa affari sul sudore del popolo lavoratore tunisino provocandone la miseria, l'impoverimento e l'aumento della disoccupazione nelle sue file!
L'unità contro i reazionari salafiti deve essere popolare non con gli apparati repressivi dello stato che in forme diverse colpiscono ugualmente il popolo! Le forze rivoluzionarie, progressiste e democratiche devono fare fronte comune nella lotta indipendente e autonoma dallo stato reazionario tunisino contro gli altrettanto reazionari salafiti.
L'attuale esperienza dei Kurdi in Rojava (Siria settentrionale) insegna che ciò è possibile, il popolo può armarsi, difendersi e attaccare chi lo minaccia: lo stato tunisino è stato forse in grado di prevenire la decapitazione del giovane pastore sedicenne qualche settimana fa da parte di una cellula salafita? Anzi il giovane è stato ucciso proprio perchè si pensava che fosse un informatore della polizia, cosa ancora poco chiara, ma le forze di polizia non esitano ad "utilizzare" il popolo mettendolo a rischio. Certo le condizioni specifiche della Tunisia sono differenti dal Kurdistan siriano e richiedono un tempo maggiore ma questa è l'unica strada perseguibile perchè il popolo tunisino si liberi dai suoi oppressori indipendentemente dalla loro natura "laica" o "religiosa".
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