Ecco le dichiarazioni che Mario B., 31 anni, due figli di 12 e 3 anni, ha rilasciato a “Repubblica”. Assunto col Jobs Act di Renzi (meglio noto come contratto a tutele crescenti) e licenziato dopo soli 8 mesi mentre l’azienda si è beccata gli incentivi previsti dalla decontribuzione. Non ci sono parole migliori per descrivere il fallimento del Jobs Act renziano e cioè del precariato a tempo indeterminato.
“Non sono un tipo politicizzato, mai fatto uno sciopero in vita mia, non sono di sinistra. Vedevo Renzi in tv, parlavano tutti di “tutele crescenti”. Mercoledì mi hanno chiamato i superiori: “Mario, c’è un calo di lavoro, non possiamo più tenerti, quindi da venerdì il contratto è risolto”. Non ci credevo. Se sei precario, te lo puoi aspettare. Se sai di essere a tempo indeterminato, no. E invece ho scoperto così che ero precario lo stesso. Da un momento all’altro a casa, l’ho trovato ingiusto. E ho ripensato all’articolo 18. Aveva ragione chi lo difendeva. Qui è finito tutto, la riforma è una falsa promessa di miglioramento. Avrò la disoccupazione per qualche mese e intanto cerco un nuovo impiego; ma se lo avessi saputo prima che andava a finire così non avrei mai lasciato il lavoro di camionista. Mi ero anche fatto licenziare dal vecchio datore di lavoro, così risultando disoccupato l’azienda ha potuto usufruire degli sgravi fiscali assumendomi...".
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