giovedì 9 aprile 2015

pc 9 Aprile - La nuova Turchia del fascista Erdogan che considera le donne delle serve. Un governo impregnato di puro maschilismo. Ma le donne sono forti e coraggiose come la compagna Elif Sultan Kalsen, uccisa dalla polizia.

La storia di Arzu Bostac, mutilata..
TURCHIA
La storia di Arzu Bostac, mutilata dal marito che non voleva divorziare
La donna, sposata quando era bambina e madre di sei figli, per anni ha tentato di separarsi dal marito violento. Che l'ha punita privandola di gambe e braccia. Adesso si appella ai medici internazionali per recuperare almeno l'uso delle braccia che le consentirebbe di riavere i bambini
DI FEDERICA BIANCHI
08 aprile 2015

Essere donna in Turchia è sempre più spesso sinonimo di lacrime e sangue. Letteralmente. Come racconta all'Espresso Arzu Bostac che, dopo essere stata mutilata degli arti dal marito,
oggi lancia un appello ai medici internazionali perché l'aiutino a recuperare almeno l'uso delle braccia che le consentirebbe di riavere i sei figli.

La incontro nel minuscolo appartamento dei genitori a Sincan, una cittadina-dormitorio delle classi meno abbienti a 40 chilometri dalla capitale Ankara. Lei è lì, sul letto accanto alla finestra, il bel volto mediterraneo avvolto da un foulard legato sulla nuca, un cuscino a coprire l'assenza di gambe. Le braccia sono rivolte verso l'alto. Sembrano ossa rosicchiate dai cani. Una “Boxing Helena” in versione islamica. Ridotta a volto e busto dall'”amore” di un uomo. Ha 28 anni e 6 figli.
Il padre, un muratore a ore, la osserva da una sedia posta ai piedi del letto. È lui che a 14 anni l'ha data in sposa a Ahmed Boztas, un giovane di 24 anni, che l'aveva notata per strada e aveva deciso di sposarla. Lei lo aveva visto appena e la prima impressione – così racconta – è stata subito negativa. «Non avevamo altra scelta», spiega il padre oggi, guardando la moglie, una robusta donna di 58 anni che non ha mai messo piede in una scuola: «Non avrei potuto mantenerla, avevamo otto figli e a 14 anni abbiamo fatto sposare le 4 femmine. La famiglia di lui aveva più soldi di noi anche se lui non ha mai lavorato in vita sua. Certo non avremmo mai immaginato cosa sarebbe successo a Arzu».

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Le vessazioni sono cominciate subito. «Mi è stato chiaro dal primo giorno che ero considerata una serva da tutta la famiglia, madre inclusa. Non ho mai visto un gesto d'amore da parte di nessuno», racconta Arzu tra le lacrime. Avrebbe voluto divorziare dopo pochi mesi ma come accade da queste parti sempre più spesso il divorzio si ottiene soltanto nel sangue. «Mi diceva che se avessi divorziato avrebbe ucciso mio padre e mia madre. Sapevo che ne sarebbe stato capace».
«E infatti un giorno che provai a chiedergli ancora una volta di concedermi il divorzio mi avvolse un telo intorno agli occhi e mi trascinò nel bosco che circondava la fattoria isolata dove mi aveva costretta a vivere. L'intento era quello di farmi a pezzi. Stava per infilarmi un coltello in gola quando i miei tre figli maschi di 8, 7 e 6 anni – che ci avevano seguito senza farsi notare -  mi si gettarono contro supplicandolo di non uccidermi».
«La seconda volta che tentò di ammazzarmi fu con un coltello da cucina durante una lite tra me e sua madre. In quel caso fu suo fratello che intervenne all'ultimo minuto e gli tolse il coltello di mano».

Qualche anno fa la coppia si spostò alla periferia di Ankara dalla campagna per occupare una delle abitazioni popolari fatte costruire in ghetti selezionati dal governo di Recep Tayyip Erdogan. Nel giro di pochi mesi Ahmed violentò una donna handicappata che rimase in cinta. «Feci io da mediatrice con la famiglia di lei chiedendo loro di non denunciarlo ma di attendere un nostro eventuale divorzio che gli avrebbe permesso di sposare la loro figlia». Per la prima volta lui acconsentì alla separazione facendo promettere ad Arzu che avrebbe potuto tenere i loro figli se non fosse tornata  a casa dalla sua famiglia.
Accettò. E rimase con lui durante le pratiche di divorzio.

Un giorno, cinque mesi fa, dopo che i quattro figli più grandi erano andati a scuola, le chiese di portare i bambini più piccoli da una vicina, così da essere loro due liberi per recarsi dall'avvocato. «Dopo averlo fatto mi sono messa a rifare il letto quando all'improvviso l'ho sentito arrivare dietro di me». Aveva un fucile a pallettoni in mano. Freddamente mi disse: «Non ti ucciderò ma divorzierai da me solo da storpia».

«Poi mi chiese di stendermi sul letto con gambe e braccia divaricate. Mi rifiutai e mi sparò ad entrambe le gambe. Crollai a terra con le braccia in grembo. A quel punto nel sangue alzai gli occhi e gli chiesi di lasciarmi almeno le braccia per potermi prendere cura dei nostri figli. Per tutta risposta lui con un piede mi allontanò le braccia dal mio ventre, prese la mira e sparò ad entrambe. Poco dopo sparò una volta ancora alle gambe e a una delle due braccia». In totale sette colpi di fucile a pallettoni.
«Non ho mai perso conoscenza durante quegli eventi. Pensavo ai miei figli e alle mie figlie. Ero in un bagno di sangue. Quando un vicino accorse gli chiesi un bicchiere d'acqua. Lui gli ordinò di non darmelo perché altrimenti sarei morta. Ma io volevo morire»
«Quando sono arrivata in ospedale mi hanno dato per spacciata. E invece ho continuato a vivere. Al mio risveglio avevo un tubo in bocca e non avevo più le gambe. Provavo a parlare con gli occhi». Passò 65 giorni in ospedale.

I suoi figli sono finiti in un orfanotrofio pubblico da dove la chiamano una volta alla settimana assistiti da uno psichiatra. Lei è immobile in un letto. Lui in prigione per lo stupro della donna disabile, in attesa del nuovo processo.
La famiglia di lui non ha mai chiesto scusa. Anzi, pretende l'affidamento dei figli.

L'unica speranza di Arzu adesso è quella di recuperare l'uso delle braccia. Magari anche soltanto di un braccio. Ma non è facile. Avrebbe bisogno di ulteriori interventi che non essendo salvavita non sono offerti dai servizi sanitari turchi. Per questo si appella ai medici internazionali per trovare un aiuto.
Se recuperasse l'uso di un braccio potrebbe ottenere un paio di protesi per le gambe, ricominciare a muoversi  e riavere i suoi figli. Altrimenti non le resterà che aspettare la morte a letto.

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