No Tav: Abbà condannato per le reti tagliate, Perino indagato per istigazione
Luca Abbà mentre taglia simbolicamente le reti di recinzione del cantiere di Chiomonte
L'attivista caduto dal traliccio durante una protesta è stato multato con la compagna per l'azione contro il cantiere. Il leader del movimento sotto inchiesta per aver sostenuto i danneggiamenti in una conferenza stampa. La replica: "Si processano le idee"
I nomi di Luca Abbà e Alberto Perino, due dei più noti esponenti del movimento No Tav, sono tornati di attualità ieri per due vicende giudiziarie che li riguardano. Il primo è stato condannato con la compagna per aver tagliato le reti del cantiere di Chiomonte durante una protesta, il secondo ha ricevuto assieme a Francesco Richetto l'avviso di conclusione delle indagini per il reato di istigazione a delinquere.
Quindici giorni di carcere convertiti in 3.750 euro di pena pecuniaria sono la condanna inflitta ad Abbà, 40 anni, storico attivista No Tav della Valle di Susa, processato con l'accusa di danneggiamento per avere reciso una delle recinzioni del vasto dispositivo di protezione del cantiere di Chiomonte della Torino-Lione. Il gesto era stato commesso nel settembre del 2012 durante il corteo organizzato per salutare il suo ritorno in Valle dopo il grave incidente (a febbraio era precipitato dal traliccio dell'alta tensione su cui era salito per protesta) che gli era costato mesi di ricovero in ospedale. La società ex-Ltf, parte civile con l'avvocato Daniele Zaniolo, ha ottenuto 360 euro a titolo di rimborso delle spese di riparazione. L'accusa è stata sostenuta dal pm Andrea Padalino, che ha chiesto e ottenuto di respingere le obiezioni della difesa sulla «tenuità del fatto». Al processo era chiamata in causa anche la compagna di Abbà, che è stata condannata alla medesima pena.
Altri due esponenti No Tav, il leader storico Alberto Perino e Francesco Richetto, sono indagati dalla procura di Torino per istigazione a delinquere. In questi giorni hanno ricevuto l'avviso di chiusura indagini, un atto che di solito è il preludio della richiesta di rinvio a giudizio. Entrambi, secondo quanto si apprende, sono chiamati a rispondere di dichiarazioni rese il 25 luglio 2012, in occasione di una conferenza stampa a Bussoleno, sulle modalità di lotta del movimento No Tav. Il procedimento è condotto dal pm Antonio Rinaudo.
I due non hanno tardato a reagire alla notizia: «Al tribunale di Torino si processano le idee come per Erri De Luca. Ancora una volta viene minato il principio costituzionale della libertà e di parola e di opinione». Comincia così un comunicato di Perino e Richetto, secondo i quali l'accusa è di «avere dichiarato illegittime le recinzioni del cantiere di Chiomonte» e di «avere detto che il movimento avrebbe provveduto più e più volte a danneggiarle». «Ad anni di distanza - scrivono - continuiamo a pensare che la pressione al cantiere sia un pezzo fondamentale della lotta No Tav. Oggi come allora pensiamo che quel cantiere sia illegittimo, inutile, antieconomico, dannoso per l'ambiente e per la salute». «Continuiamo a praticare da oltre venti anni - aggiungono - ogni forma di lotta, raccolte firme, ricorsi in tribunale, digiuni, marce popolari, tagli di rete. Non vogliamo fare del male a nessuno, ma non intendiamo fermarci».
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