C'è da dire che l'8 marzo 2013 il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario ha già ripreso, analizzato e commentato questa inchiesta nell'opuscolo "S/catenate - donne-lavoro-non lavoro, una lotta di classe e di genere", in cui è anche contenuta una sintesi dell'inchiesta da noi direttamente fatta tra le operaie della Fiat/Sata di Melfi.
Questo lavoro è stato alla base della campagna e della realizzazione dello Sciopero delle donne nel novembre 2013, in cui il dato più significativo è stata la partecipazione allo sciopero di operaie, soprattutto di fabbriche di Bergamo, Bologna, ecc.
Quindi, vi invitiamo a richiederci l'opuscolo 'S/catenate'.
La vita e condizione delle operaie e la questione storica dello sciopero delle donne saranno tra gli argomenti principali del seminario che si terrà a Palermo il 6 giugno per il 20° anniversario del MFPR, che sempre fin dalla sua nascita ha posto al centro della lotta delle donne, la condizione delle donne lavoratrici, proletarie, quelle più sfruttate e oppresse che non hanno una ma mille catene da spezzare e tutta la vita e tutto un mondo da cambiare, e che per questo quando lottano rappresentano tutti i bi/sogni di tutte le donne.
Per partecipare al Seminario
scrivere a: mfpr.naz@gmail.com
"...La
stanchezza. La fatica, opprimente, amara, in certi momenti dolorosa
(...). Tutti
in qualsiasi condizione, sanno cosa significa essere stanchi ma per
quella fatica ci vorrebbe un nome a parte”. Simone Weil, 1936
La
vita e lo sciopero delle operaie metalmeccaniche
Nel
considerare quali sono le condizioni di stress psico-fisico nelle
fabbriche metalmeccaniche, è utile
rileggere i risultati dell'inchiesta che la Fiom produsse nel 2008,
prima della crisi. Si è trattato
di
una inchiesta sulle condizioni di lavoro e di vita delle lavoratrici
e dei lavoratori metalmeccanici di dimensioni straordinarie. Non una
semplice indagine campionaria, ma una vera e propria inchiesta di
massa raccolsero circa 100.000 questionari in oltre 4.000 imprese metalmeccaniche,
su tutto il territorio nazionale e in tutti i comparti del settore,
dalla siderurgia all’informatica.
Fu, di fatto, la più grande inchiesta di massa mai realizzata in
una categoria, ha permesso
a tante lavoratrici di parlare della loro quotidianità e di
raccontare in prima persona
- e in qualche modo persino di denunciare - le loro condizioni di
vita e di lavoro.
I
dati parlavano inequivocabilmente di una condizione di profondo
malessere, non soltanto sulla
questione
più nota, quella del reddito, ma anche su tutti quegli elementi
fortemente correlati al
cosiddetto
"rischio stress", come il tema degli orari e
dell’organizzazione del lavoro, della salute e
della
sicurezza, dei rapporti all'interno dei posti di lavoro.
L'orario
di lavoro - Un intervistato su quattro (26,3%) dichiarava di
lavorare più di 40 ore a settimana, spesso con giornate di lavoro
superiori alle 10 ore (15%).
Turni
e orari di lavoro faticosi interessavano soprattutto alcuni settori,
in particolare quello
dell'auto.
Rispetto al lavoro notturno, interessava il 20% degli operai, con
punte del 53% nel settore della siderurgia e oltre il 25% nella
produzione di beni di massa. In alcuni stabilimenti, i turni
notturni erano la regola per tutti, comprese le donne. Ad esempio
alla Sata di Melfi, dove persino tra le operaie soltanto il 10%
riusciva a risparmiarseli.
A
orari di lavoro perlopiù lunghi si aggiungeva il peso degli
spostamenti per raggiungere il posto di
lavoro,
soprattutto nel Sud, dove un lavoratore su quattro (22%) rispondeva
di impiegare più di
un’ora
per andare e tornare dal lavoro, altro fattore che incide
direttamente sulla fatica e sullo
stress
(in alcuni stabilimenti questo dello spostamento casa-lavoro era e
continua a essere una
vera
e propria piaga: tra gli operai di Melfi, oltre il 48% diceva di
impiegare più di un'ora negli
spostamenti).
Le
donne rispondevano di avere orari meno lunghi di lavoro. Ma poi
facevano capire di recuperare tutto a casa, tra cura dei figli e
lavoro domestico: risultava che quasi un'operaia su tre (31%) tra il
lavoro vero e proprio e quello di cura della casa e dei figli
lavorava oltre 60 ore a settimana.
La
ripetitività del lavoro - Tema ancora più legato al rischio stress
è quello della ripetitività del lavoro, molto parcellizzato e con
ritmi di lavoro elevati (51%), dettati soprattutto da obiettivi di
produzione, ma spesso anche dalla velocità di una macchina e dal
controllo dei capi.
La
condizione femminile era un tema trasversale a tutta l'inchiesta.
Ovunque le
condizioni
peggiori riguardavano proprio le donne (sia operaie che impiegate),
anche a causa dei
bassi
livelli di inquadramento. Dalle risposte delle donne, emergeva in
tutti i settori una condizione
di
maggiore ripetitività, monotonia, parcellizzazione, con ritmi di
lavoro più incessanti e margini di
autonomia
e di controllo della prestazione minori.
L'ambiente
fisico - I dati sull’ambiente fisico parlavano poi di condizioni
di lavoro faticose, disagiate e rischiose: le operaie e gli operai
dichiaravano, infatti, di essere largamente esposti a rumori molto
forti (56,5%), vibrazioni (50,3%), vapori polveri e sostanze
chimiche (43,3%), movimenti ripetitivi di mani e braccia (68%) e
posizioni disagiate che provocano dolore (32%).
I
danni alla salute - I disturbi che venivano denunciati più spesso
erano quelli muscolo-scheletrici problemi di udito, tensione e
stanchezza, ma anche irritabilità, ansia, insonnia e dolori allo
stomaco. Colpiva il dato clamoroso delle operaie dello stabilimento
Fiat di Mirafiori: il 25% di loro - cioè una su quattro! dichiarava
di avere problemi di insonnia.
I
rapporti sociali – le risposte testimoniavano un sistema di
carattere tradizionale, dove, in particolare, gli uomini comandavano
sempre sulle donne e dove le gerarchie si
traducevano
spesso in autoritarismo e discriminazioni, soprattutto al Sud e
nelle grandi imprese..."
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