"Quanto compiuto dalle forze dell' ordine italiane
nell'irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 "deve essere qualificato come
tortura". Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha
condannato l'Italia non solo per quanto fatto ad uno dei manifestanti,
ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di
tortura."
Il sintetico lancio dell'agenzia Ansa contiene solo l'essenziale, ma si tratta di un fatto politicamente enorme. L'Italia berlusconian-renziana è fuori dai parametri dell'Unione Europea non tanto - o non solo - dal punto di vista dei bilanci pubblici, ma soprattutto dal punto di vista della civiltà tout-court.
La causa, presentata alla Corte di Giustizia da Arnaldo Cestaro, uno dei tanti feriti nell'aggressione selvaggia e fascista della polizia alla scuola adibita a dormitorio per i manifestanti, è arrivata a termine con una sentenza che non lascia dubbi. I giudici hanno deciso all'unanimità che lo stato italiano ha violato l'articolo 3 della convenzione sui diritti dell'uomo, che recita: "nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti".
Uno Stato fuorilegge da molti decenni, con una serie di corpi di polizia "formati" a sentirsi al di sopra e al di fuori delle regole. Anzi, a sentirsi loro "la legge", incarnata in un arbitrio senza possibilità di sanzione. E' questo che esce fuori da ogni episodio violento commesso nelle caserme o nelle strade. Quando anche qualche giudice - ben pochi - avva indagini per verificare le responsabilità di una morte chiaramente dovuta a percosse, si mette in moto immediatamente l'omertà e la solidarietà degli interi corpi della repressione, con "sindacati" di categoria pronti a intimidire persino i familiari delle loro vittime pur di impedire che si arrivi a una condanna anche solo platonica. Possono contare sui Giovanardi, i Gasparri, i Salvini, autentiche "sponde politiche" del fascismo in divisa.
Alla Diaz e a Bolzaneto è avvenuto però qualcosa di infinitamente peggio - se è lecito stilare una graduatoria dell'infamia - perché il potenziale di violenza concentrata nei corpi di polizia venne consapevolmente indirizzato dal governo d'allora - Giuanfranco Fini e l'ex maresciallo dei Cc, Ascierto, erano presenti nella "cabina di regia" - contro un movimento assolutamente inerme, attirato in una trappola, accuratamente preparata sfruttando una retorica come sempre fuori misura da parte di settori "antagonisti in gommapiuma".
Una trappola comprovata dall'assalto alla Diaz (per cui alcuni funzionari di polizia si inventarono la presenza di molotov da loro stessi predisposte) e dal campo di concentramento istituito nella caserma di Bolzaneto, in cui la tortura vera e propria fu scientificamente applicata sui "prigionieri".
Per quei fatti erano stati processati e condannati alcuni funzionari di polizia. Pene molto miti, che non prevedevano la misura minima della espulsione dal corpo, e che in alcuni casi non hanno neppure interrotto la carriera successiva.
Il sintetico lancio dell'agenzia Ansa contiene solo l'essenziale, ma si tratta di un fatto politicamente enorme. L'Italia berlusconian-renziana è fuori dai parametri dell'Unione Europea non tanto - o non solo - dal punto di vista dei bilanci pubblici, ma soprattutto dal punto di vista della civiltà tout-court.
La causa, presentata alla Corte di Giustizia da Arnaldo Cestaro, uno dei tanti feriti nell'aggressione selvaggia e fascista della polizia alla scuola adibita a dormitorio per i manifestanti, è arrivata a termine con una sentenza che non lascia dubbi. I giudici hanno deciso all'unanimità che lo stato italiano ha violato l'articolo 3 della convenzione sui diritti dell'uomo, che recita: "nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti".
Uno Stato fuorilegge da molti decenni, con una serie di corpi di polizia "formati" a sentirsi al di sopra e al di fuori delle regole. Anzi, a sentirsi loro "la legge", incarnata in un arbitrio senza possibilità di sanzione. E' questo che esce fuori da ogni episodio violento commesso nelle caserme o nelle strade. Quando anche qualche giudice - ben pochi - avva indagini per verificare le responsabilità di una morte chiaramente dovuta a percosse, si mette in moto immediatamente l'omertà e la solidarietà degli interi corpi della repressione, con "sindacati" di categoria pronti a intimidire persino i familiari delle loro vittime pur di impedire che si arrivi a una condanna anche solo platonica. Possono contare sui Giovanardi, i Gasparri, i Salvini, autentiche "sponde politiche" del fascismo in divisa.
Alla Diaz e a Bolzaneto è avvenuto però qualcosa di infinitamente peggio - se è lecito stilare una graduatoria dell'infamia - perché il potenziale di violenza concentrata nei corpi di polizia venne consapevolmente indirizzato dal governo d'allora - Giuanfranco Fini e l'ex maresciallo dei Cc, Ascierto, erano presenti nella "cabina di regia" - contro un movimento assolutamente inerme, attirato in una trappola, accuratamente preparata sfruttando una retorica come sempre fuori misura da parte di settori "antagonisti in gommapiuma".
Una trappola comprovata dall'assalto alla Diaz (per cui alcuni funzionari di polizia si inventarono la presenza di molotov da loro stessi predisposte) e dal campo di concentramento istituito nella caserma di Bolzaneto, in cui la tortura vera e propria fu scientificamente applicata sui "prigionieri".
Per quei fatti erano stati processati e condannati alcuni funzionari di polizia. Pene molto miti, che non prevedevano la misura minima della espulsione dal corpo, e che in alcuni casi non hanno neppure interrotto la carriera successiva.
Il 5 luglio la Cassazione conferma in via definitiva le condanne per falso aggravato[79][80], confermando l'impianto accusatorio della Corte d'Appello. Convalida così la condanna a 4 anni per Francesco Gratteri, attuale capo del dipartimento centrale anticrimine della Polizia; convalida anche i 4 anni per Giovanni Luperi, vicedirettore Ucigos ai tempi del G8, oggi capo del reparto analisi dell'Aisi. Tre anni e 8 mesi a Gilberto Caldarozzi, attuale capo servizio centrale operativo.[81].Il capo della squadra mobile di Firenze Filippo Ferri è stato condannato in via definitiva per falso aggravato, a 3 anni e 8 mesi e all'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni[82]. In parte convalidata (3 anni e 6 mesi) anche la condanna a 5 anni per Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma, essendosi prescritto il reato di lesioni gravi la cui presenza aveva portato alla condanna da 5 anni in appello[83]. Prescrive, invece, i reati di lesioni gravi contestati a nove agenti appartenenti al settimo nucleo speciale della Mobile all'epoca dei fatti. Alcuni dei condannati, al momento della sentenza, ricoprivano ruoli di rilievo nell'ambito delle forze dell'ordine italiane, che hanno dovuto abbandonare per via della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.
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