«Non ci fanno paura le vostre condanne, la Val Susa non si processa»
Sono circa 200 gli anni chiesti complessivamente per i 53
imputati No Tav al maxi processo in corso a Torino. Richieste di
condanne che vanno da 6 mesi a 6 anni. Questa mattina il processo si era
aperto con momenti di grande tensione nell’aula bunker delle Vallette:
imputati e pubblico hanno interrotto l’udienza del maxi processo
insultando il pm Manuela Pedrotta che stava esponendo la requisitoria.
«Non ci fanno paura le vostre condanne, la Val Susa non si processa» ha
urlato Antonio Ginetti. Il presidente Quinto Bosio ha sospeso l’udienza
proseguendo poi a porte chiuse. Il pm, con accanto la collega Nicoletta
Quaglino, ha iniziato il suo intervento sulla ricostruzione dei fatti
del 2011, gli scontri con le forze dell’ordine per l’apertura del
cantiere, con un duro atto d’accusa al movimento: «La vera occupazione
della valle è stata compiuta dalla Libera Repubblica della Maddalena, sottraendo una porzione di territorio allo Stato». Le parole del pm sono
accolte con qualche rumore di fondo nell’aula bunker delle Vallette,
via via aumentate.
giudici barbari e fascisti
esorcisti da santa inquisizione
miserabili in toga
pagherete caro, pagherete tutto!
Ripercorrendo gli episodi che hanno dato il via agli scontri del 27 giugno il pm ha detto: «Alla vista delle divise i violenti hanno sfogato liberamente i loro istinti primordiali». Parole che hanno infiammato la protesta in aula, con la lettura di un documento e l’intervento dei carabinieri per allontanare tre dei quattro imputati. «Le ragioni della protesta non hanno rilevanza quando si passa alla violenza. Qui non si è mai voluto limitare il diritto alla manifestazione del pensiero», è stato uno dei passaggi della discussione del pm Manuela Pedrotta alla ripresa del processo tav. Duro il suo affondo sui testimoni convocati in aula dalle difese nel corso del lungo dibattimento: il pm li ha definiti ininfluenti o inattendibili «fino a spingersi a dichiarare il falso», per alcuni. E in particolare ha puntato il dito sulle dichiarazioni di alcuni personaggi pubblici, ritenuti addirittura sfrontati nello loro testimonianze. La parola è passata alla collega Nicoletta Quaglino cui tocca ricostruire i fatti del 3 luglio 2011. «Ciò che accadde in quel giorno fu un vero attacco, con piano preciso, organizzato».
Il pm Quaglino ha aggiunto: «Spesso in quest’aula ho sentito parlare di “gesto simbolico”, ma di solito i gesti simbolici sono rivolti verso se stessi, non verso gli altri: Jan Palach si diede fuoco in piazza San Venceslao per protesta, mica diede fuoco alle truppe russe schierate. Anche Pannella fece lo sciopero della fame contro il sovraffollamento delle carceri». Quaglino ha anche ricordato che in quel giorno di violenza rimasero feriti 145 appartenenti alle forze dell’ordine.
giudici barbari e fascisti
esorcisti da santa inquisizione
miserabili in toga
pagherete caro, pagherete tutto!
Ripercorrendo gli episodi che hanno dato il via agli scontri del 27 giugno il pm ha detto: «Alla vista delle divise i violenti hanno sfogato liberamente i loro istinti primordiali». Parole che hanno infiammato la protesta in aula, con la lettura di un documento e l’intervento dei carabinieri per allontanare tre dei quattro imputati. «Le ragioni della protesta non hanno rilevanza quando si passa alla violenza. Qui non si è mai voluto limitare il diritto alla manifestazione del pensiero», è stato uno dei passaggi della discussione del pm Manuela Pedrotta alla ripresa del processo tav. Duro il suo affondo sui testimoni convocati in aula dalle difese nel corso del lungo dibattimento: il pm li ha definiti ininfluenti o inattendibili «fino a spingersi a dichiarare il falso», per alcuni. E in particolare ha puntato il dito sulle dichiarazioni di alcuni personaggi pubblici, ritenuti addirittura sfrontati nello loro testimonianze. La parola è passata alla collega Nicoletta Quaglino cui tocca ricostruire i fatti del 3 luglio 2011. «Ciò che accadde in quel giorno fu un vero attacco, con piano preciso, organizzato».
Il pm Quaglino ha aggiunto: «Spesso in quest’aula ho sentito parlare di “gesto simbolico”, ma di solito i gesti simbolici sono rivolti verso se stessi, non verso gli altri: Jan Palach si diede fuoco in piazza San Venceslao per protesta, mica diede fuoco alle truppe russe schierate. Anche Pannella fece lo sciopero della fame contro il sovraffollamento delle carceri». Quaglino ha anche ricordato che in quel giorno di violenza rimasero feriti 145 appartenenti alle forze dell’ordine.
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