Non sono passati neppure tre
anni da quel 4 novembre 2011 che vide Genova colpita da piogge torrenziali che
provocarono l'esondazione del torrente Fereggiano, in val Bisagno, seminando
morte - ben sei furono coloro che persero la vita - e distruzione.
La seconda
settimana di ottobre si apre all'insegna del maltempo che imperversa in città e
non sembra voler cedere il passo; il clou si ha giovedì dieci ottobre, quando
torna l'incubo dell'alluvione: questa volta, a straripare è il corso d'acqua
principale da cui prende il nome la vallata.
Fortunatamente l'evento si
verifica in tarda serata, intorno alle ore 23:30, e questo fatto circoscrive le
conseguenze a due decessi, oltre a danni ingentissimi: chissà quale sarebbe
potuto essere il bilancio, in termine di vite umane, se il drammatico
avvenimento fosse avvenuto in pieno giorno.
Questi i fatti; ma anche loro
hanno il risvolto politico: il dipartimento della Protezione Civile, che per
tutto il giorno - nonostante la pioggia battente ed incessante - non ha diramato
alcun bollettino di all'erta meteo, invia la prima comunicazione (una seconda
arriverà alle ore 01:39) di possibili esondazioni alle ore 23:20: dieci minuti
prima degli accadimenti, con un inaccettabile ritardo.
Certo è che, se l'ente
sopra menzionato esce con le ossa rotte dalla vicenda di queste ore, altrettanto
occorre dire del Markese sindaco e dei suoi accoliti in Consiglio
comunale.
Da anni si parla di completare lo scolmatore del torrente
Fereggiano, in modo da permettere allo stesso di deviare le acque di piena verso
i quartieri della Foce e di Albaro, evitando che vadano ad ingrossare
ulteriormente il Bisagno.
I problemi nascono dal fatto che, come al solito, i
nostri governanti asseriscono che "mancano i fondi"; eppure ce ne sarebbero in
abbondanza: basterebbe stornarli da quelli stanziati per opere inutili e
devastanti quali il Terzo valico ferroviario dei Giovi e la Gronda autostradale
di ponente.
Genova, 10 ottobre 2014
Stefano Ghio - Proletari Comunisti
Alessandria/Genova
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