Clerico fascisti in
azione, li chiamano bimbi mai nati, ma sono embrioni,
per loro contano più della vita di una donna, di cui non si preoccupano affatto:
a partire dalla chiusura dei consultori: un vero e proprio attacco alla salute
delle donne.
L'abbiamo già fortemente denunciato- inascoltate- quando la regione Lombardia di Formigoni introdusse l'obbligo di sepoltura dei feti abortiti, come un attacco ideologico di concezioni medioevali sulle donne. Abbiamo denunciato come l'introduzione del riconoscimento giuridico dell'embrione all' art.1 della L.40 spalancasse la porta ad un'offensiva clerico-fascista contro il diritto all'autodeterminazione delle donne in tema di maternità-ma non solo-. Per questo diciamo che bisogna difendere il diritto di scelta delle donne battendosi per la cancellazione della L.40 e dell'obiezione di coscienza dalla 194, contro la sepoltura dei feti, legata al riconoscimento giuridico dell'embrione come persona. E per far questo occorre costruire una rete di collettivi, associazioni che si battono su questo terreno. A livello locale spesso le donne perdono, vincono i clericofascisti e le loro campagne
Basta stare sulla difensiva!!
Fascisti reazionari-giù le mani dal corpo, dalla vita delle donne!
mfpr milano
L'abbiamo già fortemente denunciato- inascoltate- quando la regione Lombardia di Formigoni introdusse l'obbligo di sepoltura dei feti abortiti, come un attacco ideologico di concezioni medioevali sulle donne. Abbiamo denunciato come l'introduzione del riconoscimento giuridico dell'embrione all' art.1 della L.40 spalancasse la porta ad un'offensiva clerico-fascista contro il diritto all'autodeterminazione delle donne in tema di maternità-ma non solo-. Per questo diciamo che bisogna difendere il diritto di scelta delle donne battendosi per la cancellazione della L.40 e dell'obiezione di coscienza dalla 194, contro la sepoltura dei feti, legata al riconoscimento giuridico dell'embrione come persona. E per far questo occorre costruire una rete di collettivi, associazioni che si battono su questo terreno. A livello locale spesso le donne perdono, vincono i clericofascisti e le loro campagne
Basta stare sulla difensiva!!
Fascisti reazionari-giù le mani dal corpo, dalla vita delle donne!
mfpr milano
Aborto, riti religiosi “per bimbi mai nati”. Anche senza il consenso dei genitori
Dal 1999 'Difendere la vita con Maria' stringe accordi con ospedali, aziende sanitarie e Comuni per occuparsi della sepoltura di quelli che la legge definisce tecnicamente "prodotti abortivi", intendendo con il termine “bambino” ogni forma di vita intrauterina successiva all’atto del concepimento. Con lapidi e funerali, spesso senza l’esplicito assenso di mamma e papà che ignorano un dato: a 24 ore dall'interruzione di gravidanza, se nessuno reclama, cessa ogni diritto di proprietà
Sepoltura dei bambini mai nati”. Si chiama così la
pratica, diffusa in tutta Italia, portata avanti
da“Difendere la vita con
Maria“ (Advm).
L’associazione, fondata e presieduta
da don Maurizio
Gagliardini, dal 1999 stringe accordi con ospedali, aziende
sanitarie e Comuni per occuparsi della sepoltura di quelli che la legge
definisce testualmente “prodotti
abortivi”. Occuparsi in che modo?
Con lapide e rito
funebre, in molti casi senza
l’esplicito
assenso dei genitori o degli aventi diritto.
Perché a 24 ore
dall’aborto, se mamma e papà non reclamano per l’appunto il
“prodotto abortivo”, perdono ogni diritto di proprietà. Per
legge.
In tema
di polizia
mortuaria la normativa italiana prevede che i feti di
presunta età intrauterinasuperiore alle 20
settimane vengano seppelliti, al pari di tutte le parti
anatomiche riconoscibili (solitamente arti oggetto di amputazione). Le parti
anatomiche non riconoscibili (quindi anche i prodotti del concepimento di
età inferiore alle 20
settimane di vita intrauterina) devono essere smaltiti
come rifiuto speciale
ospedaliero e avviati
alla termodistruzione (non in forno crematorio) ai sensi del Decreto del
presidente della Repubblica (Dpr) 254/03.
Ed è su questo terreno che si innesta l’attività
dell’associazione “Difendere la vita con Maria” che si propone di dare
una sepoltura
“dignitosa” a tutti quelli che chiama “bambini mai nati”,
intendendo come
“bambino”ogni forma intrauterina successiva all’atto
delconcepimento. Advm supera quindi la distinzione fissata
dalla legge
italiana, che discerne (ai fini della sepoltura) i
cosiddetti “prodotti abortivi di età inferiore e superiore alle 20 settimane di
vita intrauterina. Per l’associazione religiosa non esiste quindi nemmeno
la distinzione tra
embrione o feto, in quanto la vita umana viene considerata tale per
tutte le fasi del suo
sviluppo, fin dai primi istanti successivi al concepimento.
Quindi, ai fini della sepoltura e del relativo rito
di accompagnamento
all’inumazione, poco importa se quello che la legge chiama in
maniera distaccata “prodotto abortivo” abbia o
meno tratti
antropomorfi.
Questa
attività, pienamente
legale, trova spazio nelle pieghe della legislazione
italiana. In particolare richiamando
l’articolo 7 comma
2 del capitolo di
Polizia mortuaria contenuto nel Dpr (10 settembre 1990, n. 285), che prevede
l’inumazione dei “prodotti abortivi di presunta età di
gestazione dalle 20 alle 28
settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente
compiuto 28 settimane di età intrauterina”. La stessa norma stabilisce anche che
“a richiesta dei
genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa
procedura anche prodotti del concepimento di presunta
età inferiore alle 20
settimane”.
La lettura del decreto viene poi completata
in chiave
restrittiva da una circolare ministeriale del 16 marzo 1988,
firmata dall’allora ministro della
Salute Carlo Donat
Cattin: “Il seppellimento – si legge – deve di regola
avvenire anche in assenza di
richiesta dei genitori, posto che lo smaltimento attraverso la linea dei
rifiuti speciali urta contro i principi dell’etica
comune”.
Così l’associazione, proprio grazie alla lettura
restrittiva delle norme, ha
potuto seppellire e dare una
benedizione ai “prodotti abortivi”, anche quelli di età
presunta inferiore alle 20 settimane, andando ben oltre la distinzione fissata
dalla legge italiana e superando
il diritto alla libertà
di scelta dei genitori. Secondo l’associazione tutti i
“prodotti abortivi”, anche quelli di presunta età inferiore alle 20 settimane,
vanno infatti seppelliti, anche quando i genitori non lo richiedano
esplicitamente (la legge offre già la possibilità
della sepoltura su
richiesta). Dal 2007 lo stesso orientamento è stato adottato
dalla Regione
Lombardia, mentre dal 2012 anche
dalla Regione
Campania, che hanno
approvato specifici
regolamenti che danno ai feti di età inferiore alle 20
settimane lo stesso trattamento che la normativa nazionale garantisce a quelli
di età intrauterina superiore alle 20
settimane.
Nello spirito dell’associazione conta poco (o
niente) la volontà del
genitore. Che si pratichi
unainterruzione volontaria
di gravidanza (che rappresenta la maggioranza dei casi), che si
patisca un aborto
spontaneo o si programmi
un aborto
terapeutico, entro 24 ore
dall’espulsione o
dalraschiamento, i genitori o gli aventi diritto possono reclamare
il feto (o l’embrione) per occuparsene in prima persona. Decorso questo termine
sarà l’ospedale a farsene carico (ed è questa la circostanza più frequente). Di
norma, gli ospedali che non hanno
stretto accordi con
Advm procedono secondo
la legge. Ovvero in tutta Italia i prodotti abortivi di età presunta inferiore
alle 20 settimane vengono avviati
allo smaltimento per
termodistruzione, quelli di età superiore vengono avviati
all’interramento in campo
comune assieme alle parti anatomiche riconoscibili. Uniche
eccezioni la Lombardia e la Campania, dove tutti i prodotti del concepimento,
anche quelli di età inferiore alle 20 settimane, vengono avviati
all’interramento. Dove la struttura sanitaria abbia siglato accordi con Advm,
tutti i feti e gli embrioni non reclamati dalle famiglie vengono avviati
all’interramento in cimitero accompagnati da un rito
funebre.
Secondo don Gagliardini e i rappresentanti
dell’associazione, una volta trascorsi i termini di legge entro i quali i
genitori avrebbero avuto la possibilità
di reclamare il “bambino
mai nato”, l’associazione difendere la vita con Maria non
deve chiedere altra autorizzazione per procedere con la propria attività,
delineandosi unicamente un rapporto tra l’associazione e la struttura sanitaria
(che dispone del “rifiuto ospedaliero” a norma di legge), un rapporto in cui gli
aventi diritto hanno scelto liberamente di non essere
parte.
La pratica trova
una sempre maggiore
applicazione grazie a una rete capillare
di strutture sanitarie e
amministrazioni comunali che siglano protocolli d’intesa e accordi di
gestione con l’associazione religiosa che, appunto, fa della sepoltura dei
“bambini non nati” la propria missione fondante. Presente
in un centinaio di
Comuni, “Difendere la vita con Maria” ha stretto
convenzioni con le aziende ospedaliere del territorio in città come Roma,
Napoli, Torino, Caserta e Genova. Non solo. Advm opera anche a Perugia,
Agrigento, Novara, Busto Arsizio, Gallarate, Biella, Bolzano, Bergamo, Varese,
Verbania, Cremona, Avellino, Foggia, Caltanissetta, Legnano, Lecco e Foligno,
oltre a tanti Comuni più piccoli. In
oltre 10 anni di
attività (fondata nel 1998, riconosciuta dalla curia di
Novara nel 2003) ha dato sepoltura
a 52mila “bambini non
nati” in tutta Italia, secondo quanto dichiara lo stesso
presidente di Advm.
L’attività di “Difendere la vita con Maria” si è
sviluppata a partire dal nord
Italia, da Novara, ed ha poi trovato terreno fertile nella
vicina Lombardia fin dai primi anni dello scorso decennio. La macchina è stata
messa a punto nei minimi dettagli, tanto che le modalità operative sono state
standardizzate e le convenzioni in essere si contano ormai a decine:
sono 60 quelle firmate dall’inizio dell’attività
dell’associazione, 40 quelle attive
attualmente, una
decina quelle in discussione in questi
mesi).
Formalmente l’associazione sgrava l’ospedale
del costo dello
smaltimento di quelli che la legge definisce “rifiuti abortivi”
(ecco il vantaggio per la struttura pubblica) e si fa carico di tutti
gli oneri di
inumazione dei “bambini non nati”,
dall’acquisto dei
contenitori
biodegradabili al trasporto verso il cimitero. Una volta stretto
l’accordo con le strutture sanitarie, l’associazione cerca
qualche“amministrazione
comunale
compassionevole”, ottiene in uso gratuito
uno spazio
cimiteriale(restano in carico ai comuni anche gli oneri di
interramento) e lì, di norma una volta al
mese, si reca con i
propri volontari a compiere il
rito di sepoltura dei
resti abortivi.
Un rito che è a sua volta codificato nei minimi
dettagli nel decalogo dell’attivista
mariano: “Al cimitero si raduneranno tutti coloro che
vorranno esprimere un gesto di amore e di
pietà a questi piccoli e si avvierà la preghiera con il
rosario durante l’attesa e accompagnando fino al luogo della sepoltura in
processione il carro
funebre”. Mentre, giunti al luogo della sepoltura “il
sacerdote inizierà il
rito”.
In attesa di un rito specifico per i bambini non
nati, i volontari suggeriscono di applicare quello previsto dalla Cei per
i bambini non
battezzati. Completata la funzione avviene poi il
seppellimento delle piccole
bare (approvate dalle
autorità sanitarie competenti) accompagnato
daun
canto.
L’associazione, per sostenere la propria attività,
ha pensato anche a una
singolare raccolta
fondi. Sul sito advm.org si possono
donare 16
euro per il
seppellimento di un bambino non
nato, 6
euro per un
cofanetto, 5
euro per una piccola
sindone, 3
euro per un fiore
e 2
euro per un
lume.
A nulla sono valse
le interrogazioni
parlamentari che negli anni sono state presentate
da Maria Antonietta Farina
Coscioni e altri deputati radicali. A più riprese e
riferendosi a diversi casi, hanno fatto notare che affidare i feti e gli
embrioni abortiti nelle mani di un’associazione religiosa che li seppellisce in
un cimitero con un vero e proprio rito funebre, senza il consenso esplicito
degli interessati, rappresenta una stortura “fortemente lesiva
del diritto di libertà di
scelta dei cittadini e
della laicità
dell’istituzione comune”.
Nessun commento:
Posta un commento