venerdì 26 marzo 2021

pc 26 marzo - Stato e padroni contro gli operai in lotta - operai in lotta contro Stato e padroni - Non c'è altra strada - pc

A Piacenza Stato e padroni hanno voluto colpire duro i lavoratori della Fedex-TNT sia davanti ai cancelli con cariche, manganelli e lacrimogeni, sia tramite i provvedimenti repressivi della Procura con le perquisizioni all’alba del 10 marzo nelle case di diversi operai, i sequestri di pc e telefoni, i 21 indagati, i 5 divieti di dimora, i 6 avvisi di revoca dei permessi di soggiorno, le multe per 13.200 euro per violazione di misure anti-covid (mentre dentro i magazzini o dentro le fabbriche gli organi repressivi dello Stato non hanno lo stesso problema perchè non hanno mai messo piede per tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori).

Gli scioperi, i blocchi dei facchini del sindacato SiCobas hanno colpito i profitti padronali. Proprio per questo una vertenza dov’è protagonista la forza operaia ribelle e combattiva è stata trasformata dallo Stato e dal padronato come questione di ordine pubblico per mandare un messaggio chiaro a tutti i lavoratori in lotta dei sindacati di base e di classe che l’obiettivo è l’annientamento della forza organizzata dei lavoratori combattivi, di coloro che non vanno col cappello in mano alle vertenze accontentandosi delle briciole del padrone ma che combattono fino in fondo per la difesa del posto di lavoro, per un salario dignitoso, contro lo sfruttamento schiavistico, che lottano uniti con coloro che vengono colpiti da attacchi repressivi antioperai.

A Prato la violenza poliziesca si è scatenata contro il presidio degli operai Texprint in sciopero da 50 giorni per ottenere contratti regolari di 8 ore per 5 giorni, in una realtà dove la produzione per i grandi marchi di moda italiana passa attraverso lavoratori stranieri obbligati a lavorare 84 ore la settimana per mille euro, senza giorno di riposo, senza ferie e senza malattia.

A difesa della proprietà e dei profitti dei padroni, multinazionali o criminali che siano (a Prato lo sono), c’è anche qui la violenza dell’apparato repressivo lo Stato. Dove non arrivano i confederali a piegare le richieste operaie arriva lo stato di polizia, arriva la criminalizzazione politica delle lotte dei lavoratori, alimentata sui media asserviti.

Ma dove vanno a parare questi attacchi repressivi antiproletari, tra montature politiche, decreti sicurezza liberticidi, la strumentalizzazione dell’emergenza sanitaria per vietare le lotte?

Sempre più è chiaro che sono gli scioperi, i picchetti, i blocchi ai cancelli a venire processati dai Tribunali dei padroni, sono le forme di lotta che fanno parte della storia del movimento operaio e sindacale italiano ed internazionale ad essere incriminati.

Come i governi non sono tutti uguali, così anche l’organizzazione dello Stato non è la stessa cosa se formalmente democratica oppure fascista e la crisi economica, che la pandemia ha aggravato, spinge i padroni e i loro governi verso lo scaricamento di esse sui lavoratori e le masse, e richiede soluzioni quindi sempre più fasciste, che poggiano sulla violenza e sull’organizzazione neocorporativa tra padroni e operai.

L’attacco repressivo antiproletario di Piacenza va in quella direzione, in quella, cioè, delle soluzioni sempre più fasciste. Lo Stato arriva persino a legittimare, con la forza, i sindacati confederali. Il carattere politico dell’operazione repressiva e i suoi fini sono ben rappresentati dalle parole della Procura: “[tra i manifestanti] vi erano anche facchini con buste paga da duemila euro al mese […] a riprova di come le proteste fossero ‘pretestuose’”; “È stato opportuno l’intervento delle forze dell’ordine e anche la risposta sul fronte giudiziario a fronte di comportamenti violenti PRIVI DI OGNI VALENZA SINDACALE..tanto è vero che i sindacati che hanno sempre mantenuto un dialogo aperto e leale come la Cisl hanno con forza condannato il comportamento di questi facinorosi”. E poi la “perla” per giustificare le cariche poliziesche: “I manifestanti hanno cercato di far cadere gli agenti schierati prendendoli per le caviglie. A quel punto si è reso indispensabile l’uso dei lacrimogeni per disperdere la folla.” Ci sarebbe da ridere ma siamo accecati di rabbia per potere far passare queste montature oltre alle mazzate della polizia.

E’ evidente che padroni e governo vogliono andare oltre una singola vertenza, vogliono prepararsi allo sblocco dei licenziamenti e alla potenziale rivolta operaia con “le prove tecniche di moderno fascismo”.

Di recente, quest’attacco al diritto di manifestazione e di sciopero, oltre che con la violenza poliziesca, lo abbiamo visto lo scorso 18 febbraio, quando ai lavoratori è stata negata Piazza Montecitorio per manifestare contro il nuovo governo Draghi e l’8 marzo scorso, con il divieto di sciopero per tutto il settore scolastico.

Appunto è sulla natura di questo governo che devono fare chiarezza le avanguardie proletarie e trovare sempre più i metodi giusti per fronteggiare questo e gli altri che verranno.

Il compattamento attorno questo governo di Confindustria, Banche e finanza, di tutto il parlamento, dei sindacati confederali, rivela chiaro che si è costruita un’unità politica e un blocco sociale egemonizzato dalla borghesia imperialista attorno al banchiere Draghi e che questo governo è nato per scaricare crisi e pandemia sui lavoratori e le masse e che questa unità nazionale è cementata dalla repressione delle lotte e dell'opposizione politica del movimento reale.

Ma a Piacenza lo scontro si è in qualche modo polarizzato e questa dev’essere sempre più la strada da seguire: repressione poliziesca col sostegno dei politicanti fascisti da una lato, e la piazza dei lavoratori classisti dall’altro che hanno detto che la repressione non ci fa paura e che non passerà e hanno dato una straordinaria prova di forza partecipando numerosi alla manifestazione del 13 marzo, uniti sotto gli striscioni, con le numerose bandiere del SiCobas e dello Slai Cobas psc, Adl, che chiedevano la libertà per Carlo ed Arafat arrestati con la montatura repressiva del 10 marzo.

La parola d’ordine “tocca uno, tocca tutti” ha coinvolto lavoratori dal nord al sud, con moltissime iniziative nei luoghi di lavoro e nelle città. L’immediata risposta, con più di un migliaio di lavoratori e di lavoratrici, di cui la maggioranza immigrata, è anche un altro elemento da valorizzare, una risposta di massa che ha saputo infrangere a Piacenza i divieti e le provocazioni della Questura arrivata a chiudere ambo i lati della strada, con cordoni in assetto antisommossa e con i mezzi messi di traverso, della Passeggiata Pubblica e che continuamente spingeva creando essa, la polizia, le condizioni per un assembramento senza distanza sanitaria. La manifestazione si doveva fare nella maniera più assoluta e così è stato, continuando in una piazzetta antistante il concentramento, senza arretrare, determinati, con la volontà di prendere la parola in quell’assemblea a cielo aperto e continuare la lotta contro l’attacco antioperaio repressivo di padroni e governo ed esprimere sincera solidarietà di classe nei confronti dei 2 dirigenti arrestati.

La questione è ora quella di allargare la lotta. Perché Carlo e Arafat vengano liberati innanzi tutto e anche perché nessun permesso di soggiorno ai lavoratori immigrati sia revocato. La lotta per l’abrogazione dei Decreti sicurezza Salvini-Lamorgese è parte di questa lotta, così come la lotta per i documenti, per fare saltare il ricatto infame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, per la regolarizzazione di tutti e tutte. A Piacenza abbiamo detto che è una lotta che riguarda noi tutti, tutti i settori classisti e combattivi e in generale tutta la classe lavoratrice.

L’organizzazione di una rete legale di avvocati che si impegnano a difesa dei proletari colpiti dalla repressione è anche questo un obiettivo necessario da portare avanti.

Il disegno politico di padroni e governo a lungo termine porta alla dittatura aperta, al moderno fascismo che, per sua natura e verifica storica, è sempre corso al servizio del grande Capitale per salvarlo dalla sua stessa crisi. La lotta alla repressione antiproletaria mette in chiaro che si tratta di guerra di classe e che i lavoratori non intendono sempre agire sulla difensiva. L’assemblea dei lavoratori combattivi, il patto d’azione anticapitalista sono la principale trincea di lotta che dobbiamo tutti rafforzare. Una trincea di lotta a cui dovrà guardare presto tutta la classe operaia se vorrà tornare ad essere protagonista dello scontro con i padroni e il governo, organizzare la sua autonomia, la sua forza politica e materiale che è un nuovo partito comunista, le sue alleanze.

pc

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