Corrispondenza da un compagno di proletari comunisti Milano
Seconda parte
6) il ruolo dei sindacati confederali e corporativi: diciamo subito che l’insorgere della pandemia “ha frenato” il rinnovo contrattuale scaduto a dicembre 2020 e che già, tra finte assemblee e mobilitazioni (i soliti ed innocui presidi per distaccati sindacati), prevedeva ulteriori peggioramenti sia normativi sia salariali, incentivando meritocrazia e ulteriori restringimenti delle agibilità sindacali, e nulla per nuove e massicce assunzioni. Con l’insorgere della crisi sanitaria da subito i confederali si sono stretti in difesa delle politiche sia del governo Conte sia della giunta Fontana. Il primo passo è stata la variante “siete i nostri eroi”, utilizzando lo slogan “insieme ce la faremo”. Quindi mettendo gli operatori sullo stesso piano della giunta regionale da un lato si voleva salvare gli autori della trasformazione della pandemia in strage e dall’altro si scaricava tutto sulla pelle degli operatori sanitari. E i nefasti effetti si sono visti da subito centinaia di contagiati e morti. Ma il “meglio” lo hanno dato nel frenare/intimidire/ricattare i lavoratori, anche loro iscritti, che denunciavano la carenza dei DPI, i turni massacranti e il salto di ferie e riposi. E quando le magagne venivano fuori, si sono prodigati in proclami e lettere per chiedere i dati di contagi e “pretendere” i DPI, quando una buona fetta di RSU e RSA ricopre posizioni organizzative e davano le stesse risposte dell’azienda “non ci sono le mascherine FFP2” o “i tamponi molecolari non sono necessari”, a fronte del fatto che molti lavoratori avevano tutti i sintomi da covid19 e si costringevano i lavoratori a mettersi in malattia. Ma anche approntare in fretta e furia aree sorveglianze senza distinzione dei percorsi puliti e sporchi, o il triage all’ingresso “gestito” dai volontari in congedo dei carabinieri (alla faccia della professionalità) e con termoscanner che fanno cilecca 4 volte su 10, o alternati da delegati sindacali e personale amministrativo che hanno percepito lauti straordinari. Così nel 2020 così nel 2021. I sindacati corporativi, come Nursind e NursingUp (sindacati maggioritari tra gli infermieri), a fronte di giuste e condivisibile denunce ed esposti, le uniche cose che hanno rivendicato sono state un maggiore riconoscimento della professionalità, essere equiparati ai medici e svolgere il lavoro come liberi professionisti. Anche loro hanno fatto mobilitazioni nazionali in modalità virtuale, mentre i tanti infermieri morti chiedevano vendetta. Ma questa concezione corporativista ha scavato un solco con gli altri lavoratori, come oss e ota.
7) il ruolo dei sindacati di base: partendo dal fatto che tutti quanti, da USB ad ADL-Cobas, da Sgb a USI-Sanità o CUB, hanno “urlato che loro sono anni che denunciano la connivenza dei confederali con le politiche del governo e che sono la “vera alternativa”, per alcuni versi hanno fatto anche peggio dei confederali: USB che chiamava i lavoratori agli scioperi virtuali o ad esporre il cartello: io non posso scioperare o che chiedeva tavoli concertativi a fronte della sordità/arroganza delle Direzioni; ADL-Cobas che passava da denunce delle mascherine pannolino ed esposti alla procura all’organizzare le Brigate Sanitarie per fare i tamponi sul territorio (atto che potrebbe essere considerato lodevole, ma che nei fatti serve a fare quello che il governo e la Regione non hanno fatto, chiede ulteriori sacrifici ai già stremati operatori sanitari, li distoglie dalla lotta e dalla battaglia più generale contro questo sistema che considera la salute come una merce); o come USI-Sanità che a fronte di una pluri decennale battaglia alla fine delegano la battaglia ad interrogazioni di esponenti di M5S; o SGB che pur nell’atto costitutivo si dichiarano un sindacato di classe anziché unirsi nel percorso dell’assemblea lavoratori/lavoratrici combattivi e nel Patto d’azione non si sono uniti nelle tante mobilitazioni messe in campo, compreso lo sciopero del 29 gennaio che per la prima volta ha visto nella sanità milanese scioperare lavoratrici e lavoratori non iscritti al sindacalismo classista. Ma il peggio il sindacalismo di base l’ha dato in occasione dello sciopero dell’8 marzo in un settore che vede una maggioranza di lavoratrici e che nella pandemia sono quelle che più si sono contagiate e perso la vita.
8) il sindacalismo di classe: da un lato si è attivato per denunciare/controinformare, cercando di elaborare piattaforme che unissero non solo le altre sigle sindacali ma anche singoli lavoratori, famigliari, medici, associazioni, prendendosi le sue dosi di provvedimenti disciplinari, ma dall’altro lato, in parte scontando l’esiguità delle forze (problema secondario), e lo stress di essere in prima linea da un anno senza soluzione di continuità, pur in condizioni non certo facili non ha colto fino in fondo i cambiamenti che sono avvenuti nel settore della sanità: cioè quel processo di privatizzazione selvaggia che ha visto l’entrata di lavoratori, in maggioranza donne, nella ristorazione e nelle pulizie/sanificazioni, le cui condizioni di lavoro non sono dissimili da quelle che vivono i lavoratori della logistica, e che da un punto di vista di interesse al lavoro del sindacalismo classista sono più sensibili.
Ma per concludere e non fare la semplice fotografia dei fatti ma cercando di ragionare su quali prospettive e il lavoro da fare ricordiamo alcuni concetti e prassi dello scienziato A.G. Maccacaro:
“La vera medicina, l'unica che abbia senso e verità, non è quella che il capitale ci propone ma quella cui il capitale si oppone. E' la medicina che rintraccia le cause patogene e le elimina invece di trattenersi agli effetti e mascherarli con la finzione del loro riconoscimento precoce.”
Ecco il primo spunto da comprendere e spiegare a tutti i lavoratori della sanità a cui aggiungiamo:
“.....per la medicina del capitale la "gestione curativa" del lavoratore è tutta rivolta alla conservazione in lui dell'identità attribuitagli del sistema produttivo....
.... perché insomma, egli non scopra che la sua malattia è nient'altro che la sua storia e che la storia non è delle cose ma degli uomini e che la storia degli uomini è quella delle loro lotte di classe e che solo nella vittoria della sua classe lui e i suoi compagni potranno avere salvezza e salute.”
La consapevolezza del proprio ruolo antagonista con la classe dominante verso un cambiamento rivoluzionario per cambiare lo stato di cose presenti.
Ma una cosa da tenere presente è il fatto che queste non sono concezioni utopistiche ma sono fatti storici che già sono avvenutI in questo paese e che hanno visto raggiungere dei risultati anche nella sanità: parliamo della lotta degli ospedalieri negli anni settanta, dove le condizioni dei lavoratori non erano tanto dissimili dall’oggi, che portarono al risultato del SSN. Ma quello che fu determinante allora, seguendo l’esempio della classe operaia del bienno 68/69, fu di rompere le regole che proponevano i sindacati confederali e i partiti di sinistra.
Questo è stato fatto allora e perché non è possibile ora? Lo è eccome!
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