La Digos ha perquisito le case di alcuni compagni del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova (CALP) su ordine della Procura. I reati contestati riguardano la attività sindacale e antimilitarista in porto, con preciso riferimento alle lotte nei confronti delle navi saudite Bahri con i suoi carichi di armi pesanti e esplosivi destinati alla guerra in Yemen e in Siria.
Dallo
sciopero indetto due anni fa per bloccare un carico destinato alla
guerra in Yemen su una Bahri, a oggi, passando per la manifestazione di
un anno fa contro il transito di esplosivi a bordo di un’altra Bahri
dagli USA diretto alla guerra siriana, gli armatori sauditi attraverso
l’agenzia genovese Delta e il Terminal GMT avevano chiesto a più riprese
alla Procura la testa dei portuali del CALP. Per quale colpa?
La
colpa di avere messo in pratica in questi due anni, con le associazioni e
i movimenti contro la guerra e per i diritti civili ciò che il
Parlamento ha approvato poco dopo lo sciopero nel porto di Genova del
2019 e confermato alla fine del 2020: lo stop alla vendita di bombe e
missili ad Arabia e Emirati, utilizzati per colpire la popolazione
civile in Yemen.
Nel frattempo, la Procura di Roma, pochi giorni ha
aperto un’indagine contro i responsabili della RWM Italia produttrice
degli ordigni e dell’UAMA, l’agenzia del Ministero degli Esteri che
autorizza l’esportazione di armamenti, a seguito delle morti civili
procurate in Yemen e documentate da Amnesty International. È di questi
giorni la notizia che il Presidente USA Biden ha rivelato che è stato
Bin Salman, Principe della Corona dell’Arabia Saudita, a fare scannare
il giornalista dissidente Kashoggi nel consolato saudita a Istanbul.
La
Procura di Genova sostiene che il CALP si è reso colpevole di avere
strumentalizzato la protesta con “dispositivi modificati in modo da
renderli micidiali”. I bengala e i fumogeni utilizzati dai portuali per
attirare l’attenzione sulle navi dalle stive e i ponti piene di armi e
esplosivi diretti a fare stragi sarebbero “micidiali”, non le armi e gli
esplosivi caricati sulle navi. In realtà il CALP ha usato un’arma
“micidiale”, ossia lo sciopero. Questo ha fatto tremare gli armatori e i
terminalisti: non i razzi luminosi e i fumi colorati, ma che il
traffico criminale di armi non sia solo criticato idealmente ma sia
bloccato materialmente dai lavoratori.
Rivolgiamo un invito alla
Digos e alla Procura. Ad acquisire dall’Agenzia Delta e dal Terminal GMT
i documenti di carico e di destinazione delle merci trasportate dalle
navi Bahri verso gli Stati del Medio Oriente, compresa la Turchia che,
denunciata dalla stessa procura per la nave Bana in relazione
all’embargo libico, impiega in Siria contro i civili le armi sbarcate
dalle Bahri a Iskenderun. Che in particolare a segnalino alla Procura di
Roma l’Agenzia Delta quale rappresentante delle navi Bahri che hanno
trasportato dall’Italia le bombe della RWM incriminate per la strage
civile procurata in Yemen.
Li invitiamo infine a non essere
sottomessi alle denunce di chi con ipocrisia e arroganza parla di pace
ma vive del commercio delle armi, come ci ha ricordato Papa Francesco:
«I lavoratori del porto hanno detto no. Sono stati bravi! E la nave è
tornata a casa sua. Un caso, ma ci insegna come si deve andare avanti».
COLLETTIVO AUTONOMO LAVORATORI PORTUALI DI GENOVA
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