lunedì 22 marzo 2021

pc 22 marzo - VERSO LO SCIOPERO DEL 26 DELLA LOGISTICA - LANCIATA INIZIATIVA UNITARIA A BERGAMO - Parlano gli operai di Chiari

Per lo sciopero della logistica del 26 marzo, nella lotta per il CCNL, Slai Cobas sc lancia una iniziativa unitaria all'importante magazzino Italtrans di Calcio, colosso della logistica tra Bergamo e Brescia, nella centrale area di sviluppo dei magazzini lungo il tracciato e i caselli della BreBeMi, l'autostrada delle merci costruita con fondi pubblici per i TIR della DGO

SCIOPERO CON PRESIDIO, A CALCIO, una iniziativa unitaria in un magazzino che ha sempre fatto del controllo e dell'oppressione attraverso il moderno caporalato delle cooperative, un punto di forza; un magazzino che invece inizia a sindacalizzarsi, dove è necessario dare coraggio e forza a chi ancora non lotta e alimenta il potere dei caporali, dare continuità e prospettiva al significativo sciopero del 18 dicembre 2020 di SiCobas e Slai Cobas sc e impugnare la lotta contro la repressione continua e mirata.



PARLANO GLI OPERAI DI CHIARI - Da un intervista fatta in autunno

Slai cobas sc coordinamento nazionale - E' importante far conoscere la vostra lotta di Chiari, con i suoi problemi, le contraddizioni, attraverso le vostre parole, la vostra valutazione. Facciamo un resoconto, quello che c’è stato e che si prevede.
Operai di Chiari - La nostra lotta è partita verso giugno, hanno detto che a settembre saremmo stati tutti a casa. Hanno iniziato a mandare in cassa integrazione perchè abbiamo fatto gli scioperi. Quelli che hanno fatto gli scioperi ne hanno fatta di più.
Ora il magazzino è stato svuotato. Alla fine della cassintegrazione vogliono far partire i licenziamenti. In un recente incontro con la cooperativa, hanno detto chiaro che vogliono “pulire il deposito”. Fare fuori sia noi che la merce. E poi far entrare nuova gente con livello basso, paga più bassa. In poche parole vogliono gli schiavi.
Quando c’è stato il virus, marzo/aprile, eravamo noi a fare 10, 12 ore, anche le domeniche. Adesso che il virus, la pandemia è calata vogliono far fuori noi, usare contro di noi la pandemia e le leggi.
Se la legge non difende i lavoratori non è giusta. Siamo 70/80 % di popolo, la maggioranza sono i lavoratori non i padroni. Allora queste leggi devono difendere i lavoratori non i padroni. Vogliono far
fuori noi che lavoriamo nel magazzino di Chiari dal 2011 per vivere, per dar da mangiare alle nostre famiglie,

SC cn - Quanti operai siete a Chiari? L’azienda madre vuole mandare via voi per prendere una nuova cooperativa di lavoratori a condizioni più basse?
Operai di Chiari - Siamo 120/130, con lo Slai Cobas siamo 80. Vogliamo il nostro posto di lavoro, non vogliamo essere schiavi della cooperativa. Vogliamo entrare con un lavoro, diritti e la paga giusta, non al terzo livello come vorrebbero loro. Adesso stanno aspettando che andiamo via, con la cassa integrazione e il licenziamento e poi dopo poco tempo entreranno con nuovi lavoratori con la paga più bassa. Non vogliamo questi licenziamenti. Ora siamo tutti in cassintegrazione.

SC cn - Secondo voi, l’azienda vi vuole discriminare? Dopo, quelli che non sono dello Slai cobas potrebbero anche rientrare?
Operai di Chiari - Avevano detto questo: fate un passo indietro, questa “casacca rossa” non piace al padrone. Ha fatto una riunione e ha detto che al padrone che dovrà entrare non piacciono i Cobas. Hanno detto proprio in faccia a noi: entrate senza sindacato.
Abbiamo risposto per metterlo alla prova: porta questo padrone che firma un accordo, va bene facciamo un passo indietro, ma lui no, voleva che noi facevamo un passo indietro senza dare niente, e ha detto, noi vogliamo pulire il deposito senza operai.

SC cn - Gli altri lavoratori che non sono nello Slai cobas, sono con altri sindacati?
Operai di Chiari - Prima erano pochi, una decina, con Uil. Dopo che abbiamo contattato lo Slai Cobas la coop ha fatto entrare la Cgil e ha fatto partire la cassa integrazione. La Cgil ha fatto un’assemblea con una trentina di persone, senza dire niente sull'accordo sulla cassintegrazione.
Non fanno entrare il nostro sindacato.
Però quelli della Cgil non li abbiamo visti mai mai mai, sono entrati per fare firmare solo questi accordi, e anche le “buone uscite”.

SC cn – Parlate della lotta, cosa si è fatto a che punto sta?
Operai di Chiari - Abbiamo fatto tre o quattro incontri con il prefetto, all’inizio ha detto vi aiutiamo, facciamo tutto per dare il posto di lavoro, poi all’ultimo incontro hanno detto: cassa integrazione, che c’è già, poi parliamo con la cooperativa per vedere se hanno un pò di soldi da darvi, o se c’è lavoro da altre parti.
Ma una cosa è sicurissima il lavoro rientrerà. Il deposito è vicinissimo alla Brebemi, poi è nuovo, hanno fatto una nuova corsia a gennaio/febbraio, adesso stanno sistemando i parcheggi, le strisce. Allora di sicuro il lavoro deve entrare, solo che stanno aspettando che noi usciamo fuori regolarmente con le leggi usate contro noi, così entrerà il lavoro. Conosciamo un pò di gente che hanno detto che entrerà Esselunga, stanno aspettando che usciamo noi ed entrano loro, magari dopo un mese, due settimane che siamo usciti con le leggi che vanno usate contro gli operai.

SC cn - Voi siete tutti immigrati?
Operai di Chiari - Si, io sono cittadino italiano di origine indiana. Ci sono anche alcuni italiani ma loro non sono iscritti con nessuno. Ne sinistra ne destra, loro vogliono stare buoni amici del capo. Noi sappiamo da alcuni che fanno i comitati, che c’è stata anche recentemente un’assemblea dove hanno partecipato anche altri lavoratori
Noi abbiamo detto che il lavoro lo devono dare a noi. Il lavoro è nostro. Noi abbiamo portato il deposito avanti. Noi abbiamo dato da mangiare alla Lombardia perché eravamo noi a spedire la merce, loro erano in lockdown noi a lavorare 10 ore -11 ore quando c’è stata la pandemia.
Il lavoro lo devono dare a noi non ai nuovi che entreranno con la paga bassa.

SC cn - Rispetto a questa assemblea di Bologna, al Patto d’azione, se tu potessi intervenire che cosa diresti all’assemblea, agli altri settori di lavoratori, che cosa è importante per essere più forti?
Operai di Chiari - Io direi che queste leggi che fanno, regolarmente vogliono mandare in cassa integrazione e dopo 14 o 18 settimane vogliono mandare a casa, con i licenziamenti collettivi. Io direi che queste leggi si devono fermare, perché sono contro gli operai. Questa crisi, questa pandemia non devono pagarla gli operai che non hanno niente, vivono solo con lo stipendio. Questa pandemia devono pagarla i padroni non gli operai, io direi questo.
Dobbiamo stare uniti, contro questa legge, questa pandemia, insieme uniti e fermare questi licenziamenti.

SC cn - Io sono a Taranto dove c’è la grossa questione della fabbrica dell’Ilva, la grande fabbrica siderurgica. Anche lì vogliono mandare via 4000 e più operai su 8000. Noi stiamo dicendo che ci vuole una riduzione dell'orario di lavoro. Anche per voi, come succede a Taranto, quando servite ai padroni vi fanno lavorare 10-12 ore, poi vi buttano fuori quando non gli servite o perché vogliono peggiorare le condizioni di lavoro. Una battaglia sul fatto che il governo non deve dare soldi, incentivi alle aziende ma obbligarle a tenere i lavoratori, a non licenziare, è necessaria? Portare avanti questa battaglia insieme è importante. Anche perché nelle fabbriche grosse la cig covid sta avvantaggiando solo i padroni. Ci sono lavoratori che non hanno ancora ricevuto la cassintegrazione. All’Ilva prendono addirittura solo il 58% del salario.
Operai di Chiari - Da noi non hanno ancora pagato. Il problema grande è che lo stipendio viene usato per la famiglia e anche mandato al paese. Quando non ci sono le ore lavorate in un mese, con la cig non ce la fai a comperare da mangiare. Agosto a casa, settembre a casa senza soldi, la gente scappa a cercare lavoro da un’altra parte. Anche nel nostro gruppo. Hanno tutti paura. Non ce la fai senza soldi, non ce la fai a dare da mangiare ai familiari. Il governo adesso è con le mani alzate, però dall’altra parte sta autorizzando queste leggi contro gli operai. Io direi che sono gli operai che portano avanti il paese, non il padrone. Perché i padroni sono sempre seduti li dietro. Quando c’è un momento come questo pensano a schiacciare gli operai. Ma sono loro che devono pagare.

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