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Il 17 marzo mattina attivisti sociali, lavoratori, giovani e gente comune hanno protestato di fronte la sede dell'a ministrazione locale della regione di Gabes nel centro della città. La rabbia era alta in seguito l'incidente della scorsa settimana nell'impianto chimico che ha causato la morte di cinque operai e molti feriti ancora ricoverati nell'ospedale di Gabes (struttura con gravi carenze di attrezzature e personale).
Al grido diventato famoso, "degage!", i manifestanti richiedevano in primo luogo di tutto le dimissioni del governo regionale, ma anche il diritto alla vita, in un territorio oggi molto inquinato, dalle acque del mare all'area dell'oasi nell'entroterra, a spese di pescatori e contadini e al prezzo di un alti numeri di cancro in tutto il paese. Contestavano lo stesso modo di produzione capitalistico, in una città in cui la disoccupazione è al 25%, che quindi non dà nè lavoro né salute (e nessuna infrastruttura sanitaria).
Ma c'è anche un altro motivo di paura e rabbia: nella fabbrica chimica vengono stoccate tonnellate e tonnellate di ammonio e il rischio di provocare un'esplosione disastrosa come quello già avvenuto nella capitale libanese Beirut è alto.
Infine i manifestanti hanno indicato il partito Ennahdha, al potere a livello locale e nazionale, tra i principali responsabili della mancata risoluzione dei problemi dell'inquinamento e del lavoro nella regione, respingendone la propaganda razzista e il disperato tentativo di deviare l'attenzione contro gli “africani in città ”(come cimunemente ci si riferisce alla popolazione subsahariana) invece che sulla grave disoccupazione
Il grande assente in questa manifestazione, affollata di attivisti sociali e gente comune, era il sindacati, UGTT, che in generale fin dai tempi della "indipendenza" condivide sempre la linea di politica economica della UTICA (organizzazione degli industriali) e del governo. La UGTT non ha neppure dichiarato sciopero dopo la morte in fabbrica di 5 operai la scorsa settimana, limitandosi a richiedere ipocritamente una inchiesta, che il governo aveva già avviato ufficialmente.
Un vero sindacato di classe dovrebbe prima di tutto difendere gli interessi dei lavoratori organizzandoli fianco a fianco con gli altri settori popolari per gli interessi generali e nazionali contro la condizione semicoloniale e semifeudale che vive il Paese, strettamente lagata a questi ultimi eventi.
Nell'ultimo Stop Pollution (testata del principale gruppo organizzatore della protesta) è scritto che è necessario “cambiare l'attuale modello di sviluppo basato su industrie inquinanti e fonti energetiche limitate e concentrarsi sullo sviluppo di un'alternativa che rispetti l'ambiente e gli esseri umani, in grado di fornire posti di lavoro e fermare i crimini ambientali ". Questo è senz'altro vero, ma è necessario anche affermare chiaramente che solo con un partito rivoluzionario di classe, con un esercito popolare e un'organizzazione di fronte unito del popolo, è possibile prendere la via di una vera rivoluzione, una rivoluzione di nuova democrazia. Solo un Nuovo Potere Popolare diretto dalla classe operaia può cambiare questo marcio “modello di sviluppo”, e cioè modo di produzione.
Il 18 marzo nella capitale si svolgerà un'altra manifestazione di fronte la sede centrale del Gruppo Chimico Tunisino.
Segue il testo dell'appello della manifestazione
Ancora un disastro, l'esplosione nella zona industriale, alla fabbrica Asphalte, che ha causato cinque morti e molti feriti. Un'esplosione che continua le serie sei disastri, tra cui i due incendi di marzo e aprile 2020 nei magazzini di ammonio dove si è rischiato una catastrofe simile all'esplosione nel porto di Beirut. La città di Gabès ha visto scioperi, mobilitazioni operaie e ambientaliste per verificare e migliorare gli standard di sicurezza. Lo stato delle infrastrutture della maggior parte delle unità di produzione e stoccaggio per ammonio, ammoniaca, e gas naturale nella zona industriale, non solo erode la salute di lavoratori e cittadini, ma minaccia la stessa esistenza della città e fa prevedere un devastante disastro ambientale catastrofico per la città di Gabès e i suoi abitanti di fronte.
A fronte di queste atrocità e crimini ripetuti, gridiamo che vogliamo vivere, fermare l'inquinamento, e con le nostre organizzazioni e campagne, dichiariamo:
- Si deve aprire immediatamente un'inchiesta sulle crcostanze dell'esplosione e chi ne è responsabile deve essere punito, le famiglie colpite devono sapere ed essere risarcite dei danni morali e materiali.
- E' necessario cambiare l'attuale modello di sviluppo basato su industrie inquinanti e fonti energetiche limitate e concentrarsi sullo sviluppo di un'alternativa che rispetti l'ambiente e gli esseri umani, in grado di fornire posti di lavoro e fermare i crimini ambientali.
- Lo Stato tunisino deve rispettare gli impegni assunti con la disposizione del 29 giugno 2017, cessare lo scarico di fosfati in mare, smantellare gli impianti inquinanti del polo chimico di Gabès e cerare un polo industriale rispettoso dell'ambiente fuori delle aree urbane.
- Vi invitiamo a manifestare giovedì 18 marzo 2021 alle 16.00, di fronte la direzione del Gruppo Chimico a Tunisi.
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