da Laboratorio Popolare della Cultura e dell’Arte
Le parole sono pietre: dichiarazioni pubbliche inopportune della procuratrice della Repubblica di Piacenza sulla vicenda SiCobas / Fedex-Tnt
Quelle che seguono sono alcune delle principali dichiarazioni pubbliche rilasciate dalla Procuratrice della Repubblica Grazia Pradella nella presentazione della inchiesta Si Cobas-TNT:
1) “[tra i manifestanti] vi erano anche facchini con buste paga da duemila euro al mese […] a riprova di come le proteste fossero ‘pretestuose’”
* Innanzitutto compito della magistratura è quello di indagare e perseguire i reati e non di stabilire se una vertenza sindacale è pretestuosa o meno. Questo non è un giudizio giuridico ma un giudizio politico in quanto la pretestuosità (supposta) non è un reato.
* L’affermazione è sviante in quanto si cita un compenso salariale senza dire che il suo ammontare non è il salario base ma la somma di molte componenti quali le molte ore di lavoro straordinario, di lavoro notturno e festivo, gli assegni familiari ecc.
* L’affermazione mira in modo populistico a cercare di far passare nell’opinione pubblica la convinzione errata che siamo di fronte a lavoratori PRIVILEGIATI come se un salario da 2000 euro che in molti casi serve a mantenere famiglie spesso numerose e uniredditto (e per i lavoratori stranieri anche a contribuire alla sussistenza dei loro familiari nei paesi di origine). Un salario frutto di dure condizioni di lavoro viene fatto passare come uno stipendio quasi da ricchi. A volere seguire la Pradella
su questa pericolosa e improduttiva china populistica verrebbe da chiedere a quanto ammonta il suo stipendio per un lavoro sì altamente qualificato ma non certo usurante come quello di un facchino. A parte questo la vertenza non era solo salariale ma anche in difesa del posto di lavoro elemento completamente ignorato nell’affermazione di cui sopra. Resta il fatto che l’eventuale ammontare del salario di un lavoratore non è un reato né una aggravante e quindi in questo contesto questa affermazione, del tutto ininfluente riguardo gli eventuali reati commessi, appare strumentalmente “politica”.2) “È stato opportuno l’intervento delle forse dell’ordine e anche la risposta sul fronte giudiziario a fronte di comportamenti violenti PRIVI DI OGNI VALENZA SINDACALE”
* L’affermazione è semanticamente ambigua in quanto non chiarisce volutamente a quali comportamenti ci si riferisca: alla reazione dei manifestanti al lancio dei lacrimogeni da parte della polizia o al sit-in pacifico di blocco dei cancelli? Non fare chiarezza su questo punto lascia aperta l’ipotesi che si voglia confondere in un calderone unico due momenti distinti, quello della reazione dei manifestanti che potrebbe costituire reato se si trattasse di una aggressione ingiustificata e abnorme di fronte a comportamenti corretti delle Forze dell’Ordine, cosa verificabile solo con l’analisi degli avvenimenti e dei filmati esistenti; e quello della forma di lotta del blocco dei cancelli in corso prima degli scontri. L’eventuale criminalizzazione, considerandola reato, di questa forma di lotta dimostratasi la più produttiva e utilizzata nelle vertenze sindacali della Logistica, sarebbe una palese negazione del diritto di sciopero che ha avuto nel picchetto una forma di lotta come parte integrante della storia del movimento operaio e sindacale italiano ed internazionale. Parlare di comportamenti privi di valenza sindacale senza chiarire a che cosa concretamente ci si riferisca lascia pericolosi margini di ambiguità arrogandosi, di nuovo, il diritto di giudicare che cosa ha valenza sindacale e cosa no, che finisce per essere un giudizio politico che esime dalle competenze della magistratura la quale, lo ripetiamo, si deve limitare a dire se dati comportamenti costituiscano reato, senza entrare in merito al fatto che questi comportamenti abbiano o no valenza sindacale.
4) “Tanto è vero che i sindacati che hanno sempre mantenuto un dialogo aperto e leale come la Cisl hanno con forza condannato il comportamento di questi facinorosi”
* Ancora una volta questo è un giudizio politico che nulla a che fare con l’individuazione di eventuali reati non spettando certo alla magistratura stabilire quali sono i sindacati buoni e quelli cattivi. Il riferimento, poi, a sindacati che nel campo della Logistica sono in gravissima crisi di consenso proprio per l’atteggiamento soft assunto nei confronti delle controparti, appare oltretutto inopportuno e controproducente e comunque ininfluente ai fin delle indagini e dei provvedimenti presi. La Procura ha definito il piacentino Carlo Pallavicini come “[…] anello di collegamento […]” con il collettivo antagonista Controtendenza.
* L’uso della locuzione “anello di collegamento” linguisticamente rimanda a situazioni di terrorismo o di mafia in cui ci sono persone insospettabili che fungono clandestinamente da anello di collegamento fra vari livelli di organizzazioni terroristiche o mafiose o tra stato e mafia. In questo caso dire che Pallavicini sia l’“anello di collegamento” tra due organizzazioni, che non risulta siano segrete o fuorilegge, è una cosa risaputa ed ovvia e tra l’altro rientra storicamente nei tradizionali rapporti tra sindacati e partiti. L’uso di un’espressione di questo tipo è linguisticamente fuorviante e non può che suscitare preoccupazione richiamando forme di comunicazione che si credeva relegate a momenti bui della Repubblica Italiana.
3) “I manifestanti hanno cercato di far cadere gli agenti schierati prendendoli per le caviglie. A quel punto si è reso indispensabile l’uso dei lacrimogeni per disperdere la folla.”
* E’ la prima volta che nella storia dei movimenti di lotta a livello mondiale che i manifestanti cerchino di far cadere i poliziotti prendendoli per le caviglie. Risulta difficile immaginarsi dei manifestanti che si avvicinano (strisciando?) ai poliziotti in assetto anti-sommossa con scudi e manganelli per prenderli per le caviglie e risulta difficile immaginarsi dei poliziotti che per non farsi prendere alle caviglie sparano dei lacrimogeni (sui propri piedi?). Questa, affermazione che ha suscitato diffuse reazioni ironiche, lungi dal portare alcun contributo informativo, si commenta da sé e rimane pur nella sua palese inconsistenza l’unica informazione data sulla dinamica degli incidenti.
Con questa analisi non intendiamo in nessun modo esprimere un giudizio giuridico sull’inchiesta.
Giudizio che spetta principalmente alle autorità competenti e agli imputati tramite i loro legali, e per gli aspetti politici connessi, a partiti e società civile.
Come organismo specificatamente culturale crediamo sia nostro diritto ed anche nostro dovere dare un contributo linguistico disciplinare sugli aspetti formali e semantici della comunicazione scelta dalla Procuratrice.
Questo perché riteniamo che, parafrasando Carlo Levi, anche le parole a volte possono essere più pesanti delle pietre in particolare se pronunciate in forma ufficiale da chi ricopre un delicato ruolo istituzionale.
Laboratorio Popolare della Cultura e dell’Arte
Adriano Corsi, Alberto Esse, Guido Lavelli, Carlo Piazza
Piacenza 19/03/2021
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