mercoledì 24 marzo 2021

pc 24 marzo - Perchè il 26 è necessario lo sciopero nella scuola - pc

Le alterne vicende che hanno interessato la scuola sono note a tutti, sia a chi direttamente coinvolto in quanto lavoratore della scuola/studente/genitore sia a chi come “opinione pubblica” ne ha seguito le sorti; da un lato perché è stato il primo settore chiuso – da un giorno all’altro, come si verifica ripetutamente,  ormai da più di un anno, dal momento in cui in Italia è stato dichiarato lo stato d’emergenza, dall’altro perché la ministra Azzolina si è contraddistinta per il suo protagonismo con  le numerosissime dichiarazioni (i banchi con le rotelle sono lì a chiedere vendetta) e prese di posizione sulla ripresa... o forse no della didattica in presenza... un anno vissuto pericolosamente, al cardiopalma.

Sorprendentemente il suo successore si caratterizza per una sorta di riservatezza al limite dell’assenza dalla scena pubblica del responsabile dell’istruzione, settore  che meriterebbe, invece, forse maggiore e migliore trattazione e presa di posizione  ma, soprattutto, sarebbe degno di ottenere soluzioni e provvedimenti che, finalmente, dovrebbero portare a una reale riapertura di tutte le scuole di ogni ordine e grado in ogni regione.
Anche in ragione dell’enorme prezzo pagato da tutti i milioni tra personale della scuola, studenti e famiglie: tutti parimenti sconvolti nelle loro vite quotidiane, in grado e per aspetti diversi che le statistiche e le rivendicazioni mettono quotidianamente in evidenza. E non serve/basta il finanziamento di interventi per supporto psicologico se non si mette veramente mano ai disastri che la pandemia ha messo a nudo, ma frutto delle scellerate politiche degli ultimi decenni dei governi che si sono succeduti.
Non vorremmo fare la lista della spesa dei disastri annunciati e materializzatesi in tutta la drammaticità con la crisi sanitaria che si è fusa, amplificando il suo effetto nefasto di cui non possiamo ancora prevedere in maniera del tutto realistica gli effetti: sono aumentate le diseguaglianze tra gli studenti in merito al diritto allo studio sia per la possibilità di connessione, dispositivi tecnologici, ma anche per le condizioni familiari, abitative, di relazioni all’interno della famiglia, in tanti genitori hanno perso il lavoro, tante mamme hanno dovuto rinunciare al lavoro per poter curare i figli rimasti a casa da scuola...; sono aumentati i carichi di lavoro in primis per le donne su cui vengono scaricati i problemi di conciliazione lavoro di cura e lavoro: è noto che la maggior parte dei lavoratori della scuola sono donne, le madri sono esauste del doppio lavoro svolto a casa a seguire i figli e contemporaneamente a lavorare; i lavoratori della scuola ancora più divisi e frammentati: in tanti lavorano o hanno lavorato in presenza, ma le situazioni si modificano rapidamente per cui vengono chiuse e poi riaperti segmenti di scuole, comunque si sono visti aumentare i carichi di lavoro, dopo il lockdown che ha visto aumentare del 30/40% i carichi di lavoro per effetto dello smart working si è scoperto che il 30/40% di lavoro in più sta rimanendo in forma “strutturale” con tantissime riunioni in più a partire dallo scorso anno scolastico; ma anche in tanti hanno ininterrottamente lavorato per permettere la riapertura delle scuole a settembre in presenza e in sicurezza e, in seguito, ad ogni annuncio di riapertura con le indicazioni che derivano dai DPCM e ordinanze regionali. Con il paradosso, per non dire beffa finale, dell’affidamento ai prefetti della gestione organizzativa del rientro a scuola. 
Le tante soluzioni pratiche messe in atto dalle scuole sono, sostanzialmente, rese vane dalle decisioni prese ai tavoli prefettizi. A Milano, ad esempio, è stata promossa la campagna per diversificare gli orari di inizio di diverse attività per non sovraffollare i mezzi pubblici ed è stato caldeggiato il ricorso allo smart working; per le scuole è stata prevista la suddivisione degli ingressi degli studenti in orari differenziati: ma nelle scuole erano già  stati predisposti ingressi scaglionati, con modalità razionali, per evitare assembramenti all’entrata e all’uscita. Inoltre, in diverse iniziative di protesta, con molto buon senso, era stato richiesto di attivare mezzi dedicati agli studenti – il che solo in parte è stato attuato -: che senso ha disporre l’ingresso di parte degli alunni di una scuola alle 8 e dell’altro gruppo alle 10?
Il dato doloroso, reale è che attualmente praticamente quasi tutte le scuole su tutto il territorio nazionale sono chiuse e non appare all’orizzonte la possibilità di riapertura in presenza e in sicurezza. Non sono state messe in atto le elementari misure che nelle mobilitazioni, in vario modo, sono state sollecitate che possono garantire il rientro in presenza e in sicurezza, tra le altre:
- reperimento di spazi per permettere a tutti gli studenti di seguire in presenza, No alla DAD né alla Didattica integrata che vogliono rendere strutturali
- potenziamento dei mezzi di trasporto
- ripristino del servizio di medicina scolastica
- riduzione del numero di alunni per classe
- assunzione di personale docente e ATA, trasformazione dei contratti a tempo determinato in tempo indeterminato
- internalizzazione di tutti i servizi
- basta scuole paritarie finanziate anche per la chiusura durante il lockdown
- potenziamento della scuola pubblica e copertura di tutto il territorio nazionale a partire dai nidi, scuola dell’infanzia.

Ma, soprattutto,  è necessario ribaltare le politiche scolastiche e risolvere tutti i problemi pregressi, strutturali che si sono drammaticamente e in maniera eclatante resi evidenti nella crisi pandemica.
La pandemia ha scoperchiato i guasti prodotti da anni di politiche di tagli alla scuola, sempre più subordinata agli interessi del capitale. 

Certo si sconta una debolezza sindacale, di capacità di incidere effettivamente e di imporre il punto di vista in primis dei lavoratori della scuola, in unità e coordinamento con gli altri settori determinata dalla cancellazione di memoria storica che negli anni le OOSS concertative hanno sparso a piene mani, introducendo anche con i contratti elementi di divisione e frammentazione, ulteriormente incentivati con il lockdown in cui i lavoratori si sono visti rinchiusi in casa, ancor più isolati e resi “minorenni” e in cui hanno buon gioco il diffondersi di concezioni neocorporative nel paventare un rientro a scuola in presenza, manifestando la paura di essere ancora troppo alto il rischio di contagi. Soprattutto in considerazione della giovane età degli alunni che, notoriamente, determinerebbe una elevata incidenza di casi asintomatici, ma anche la tendenza ad un’eccessiva “vicinanza” dovuta proprio alla giovane età.

In questi giorni stiamo sentendo diversi militanti CGIL, comunque collocati, fondamentalmente, sostenere queste argomentazioni. Non ci stupisce, perché è in linea con le politiche delle OOSS concertative che, invece che chiamare alla lotta, alla capacità e necessità dei lavoratori di dire la loro, soprattutto in questo frangente e su questi temi così importanti e dirompenti, finiscono con il convergere con posizioni ed argomentazioni che, oggettivamente,  supportano  questo stato di “sospensione” ed estraniazione della scuola dalla vita sociale e politica.

D’altra parte cosa ci si potrebbe aspettare d’altro e di diverso anche alla luce dell’ultimo, in ordine di tempo, scellerato accordo firmato da sindacati concertativi ed ARAN che attacca ulteriormente il diritto di sciopero, con successiva nota CGS che ha escluso settori lavorativi e, in particolare, tutto il personale della scuola dallo sciopero delle donne proclamato per l’8 marzo, isolando ancor più, se possibile,  queste lavoratrici dalle altre in sciopero e in lotta in una data che sempre più sta riassumendo il carattere originario di giornata internazionale delle donne? Con questo attacco inaccettabile alle lavoratrici della scuola che, ricordiamo, sono la maggioranza dei lavoratori della scuola, si attaccano tutte le donne, con grave aggravio dei carichi di lavoro, ricacciate a casa, impegnate h.24 nel lavoro fuori casa - ma svolto all’interno delle pareti domestiche - e nel lavoro di cura in un intreccio pesantissimo da sostenere. Invece che trovare soluzioni adeguate, dando positivamente seguito alle  proposte da studenti e personale scolastico, Ministero e OOSS concertative hanno pensato bene di utilizzare questa fase di ulteriore frammentazione e isolamento per dare un ulteriore colpo ai diritti e alla dignità, in primis, delle lavoratrici. Mentre anche le statistiche ufficiali evidenziano come, nella crisi sanitaria determinata dalla pandemia unita alla crisi economica, sono le donne a pagare il prezzo più alto, sino agli efferati femminicidi.

SE QUESTO NON È ODIARE LE DONNE!!

Per il prossimo 26 marzo è stato indetto da COBAS scuola uno sciopero della scuola dell’intera giornata e per tutto il personale della scuola.

Questo sciopero viene immediatamente dopo l’8 marzo quando le lavoratrici della scuola si sono viste negare il diritto di scioperare. Ogni limitazione di diritti comporta un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. 

Nelle diverse iniziative promosse da insegnanti, genitori, studenti durante la pandemia - che ha visto sostanzialmente come unica soluzione la chiusura parziale o totale delle scuole – è stata affermata la necessità di ribaltare tutte le politiche scolastiche e attaccare tutti i problemi pregressi, strutturali che lungi dall’essere risolti hanno evidenziato che hanno contribuito a rendere l’ambiente scolastico poco  “salubre”. 
Chiamare allo sciopero oggi, in coincidenza con lo sciopero indetto in altri settori lavorativi: logistica, trasporti locali, riders, è pertanto importante. Rappresenta un’indicazione chiara e tempestiva che permette di aggiungere un ulteriore piccolo tassello nel percorso del movimento dei lavoratori in questo paese impegnati in una strenua difesa dei diritti che nel lockdown della pandemia si vedono quotidianamente erodere, più intensamente e “silentemente” di prima. In esso occorre porre all’ordine del giorno la questione della necessità del ritiro dell’Accordo sull’ulteriore riduzione del diritto di sciopero ARAN-OOSS concertative.
Lo sciopero è, oggettivamente, l’arma in più dei lavoratori che serve per organizzarsi e contrastare isolamento, frammentazione. Soprattutto in questo momento in cui diversi settori lavorativi e sociali si stanno mobilitando in maniera sistematica, ciò permette di allargare la platea di interlocutori e possibili alleati.
pc

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