Il ministero degli Esteri chiarisce la posizione italiana sul piano proposto dall’amministrazione Donald Trump per una soluzione alla questione israelo-palestinese: «L’Italia accoglie favorevolmente gli sforzi compiuti dagli Stati Uniti al fine di favorirne il rilancio» del processo di pace in Medio Oriente, «tuttavia valuterà con molta attenzione i contenuti della proposta di Washington, in coordinamento con l’Ue e in linea con le rilevanti risoluzioni Onu».
Il piano di Trump infiamma il Medio Oriente.
Roma, 8 febbraio 2020, Nena News – E’ di cinque palestinesi uccisi il bilancio degli ultimi due giorni di sangue nei Territori Occupati. Quarantotto ore di proteste contro il piano di “pace” annunciato a fine gennaio dal presidente statunitense Trump e dal primo ministro israeliano Netanyahu alla Casa Bianca a cui i palestinesi non hanno potuto che reagire con rabbia.
Dopo i flebili tentativi dell’Autorità nazionale palestinese di ottenere condanne internazionali per poter avere più forza di rigetto del cosiddetto Accordo del Secolo, in vista del voto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il prossimo martedì, su una risoluzione di condanna redatta da Tunisia e Indonesia, a rispondere sono soprattutto i giovani.
Sono loro più di altri a scendere in piazza, a lanciare pietre, bruciare copertoni, marciare verso i checkpoint. La reazione israeliana è l’aumento dei soldati presenti in Cisgiordania, con un maggiore dispiegamento di forze, e l’uso del fuoco: in 48 ore sono stati uccisi cinque palestinesi tra Gerusalemme e Cisgiordania, per lo più giovanissimi.
L’ultimo, nella notte, è stato Badr Nafla, 19 anni, ucciso nel villaggio di Qaffim, vicino Tulkarem, dall’esercito israeliano con un colpo di pistola al collo. Giovedì due le vittime a Jenin mentre protestavano per la demolizione di una casa palestinese: Yazan Abu Tabekh, 19 anni, e il poliziotto Tareq Badwan.
Nelle stesse ore un palestinese cittadino israeliano di 40 anni, Shadi Banna, originario di Haifa, veniva ucciso dalla polizia israeliana nella Città Vecchia di Gerusalemme, accusato di aver aperto il fuoco e ferito due agenti vicino alla Moschea di Al Aqsa. E mercoledì sera a morire è stato Mohammed al-Haddad, 17 anni, colpito al petto dall’esercito israeliano a Hebron, al checkpoint di Bab el-Zawieh.
Proteste in questi giorni sono esplose anche a Qalqilya, otto feriti di cui cinque colpiti da proiettili; a Kafr Qaddoum, oltre 30 feriti; e poi Gerico, Ramallah, Nablus, a Khan Younis, nella Striscia di Gaza.
Imponente il dispiegamento di poliziotti di frontiera e di soldati sia a Gerusalemme che in Cisgiordania, a partire da ieri, in vista della preghiera del venerdì alla Spianata delle Moschee. Ieri mattina la polizia israeliana ha rimandato indietro numerosi autobus pieni di fedeli musulmani diretti nella Città Vecchia di Gerusalemme.
Alla rabbia palestinese risponde con sprezzo Jared Kushner, genero del presidente Usa Trump e suo consigliere su Israele e Palestina, noto sostenitore e finanziatore del movimento dei coloni eppure – o forse per questo – scelto come architetto di una “soluzione” al conflitto. Sentito giovedì a porte chiuse dal Consiglio di Sicurezza Onu ha attribuito la responsabilità delle violenze al presidente dell’Anp Mahmoud Abbas.
“Ha fatto appello a giorni di rabbia senza nemmeno aver visto il piano”, ha detto Kushner. Gli ha risposto Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Olp: “Il piano Kushner permette a Israele di andare avanti con altre annessioni e colonizzazione. Ma dà la colpa al president Abbas perché secondo lui la sola nostra esistenza e i nostri diritti sono il problema”. Nena News
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