Per Grillo l’ENI depredava, corrompeva… Per il suo giovane saltimbanco bisogna trovare una soluzione politica per garantire agli stessi petrolieri sicurezza nei campi e buoni affari con le esportazioni.
Alla fine, dopo il vertice di Berlino e
dopo che il generale Haftar, sostenuto da Francia e Russia, ha ripreso a
bloccare la produzione di petrolio, è stato proprio il Presidente
Mattarella a fare il passo, quasi imbarazzante, di chiamare il padrino
USA a tutela degli interessi economici della borghesia italiana. Così,
esplicito che più non si poteva, si è rivolto a Mike Pence, il
vicepresidente di Trump, in visita a Roma il 24 gennaio scorso: «La Libia per l’Italia è una questione di primaria importanza perché lo stato di guerra nel Paese è motivo di estrema preoccupazione ed è quindi decisivo che gli Stati Uniti spendano il loro peso politico per rendere permanente il cessate il fuoco e si facciano passi avanti rispetto alla Conferenza di Berlino».
Cosa ha spinto il capo della Stato a sollecitare il grande alleato
statunitense, e a farlo pubblicamente così da far presente al resto del
mondo le mosse della grande borghesia industriale italiana, lo vedremo
fra un po’. Tuttavia va subito
notata la risposta di Pence, che ha “ringraziato” l’Italia: «per il ruolo dei vostri soldati in Iraq»; e dell’ospitalità ai circa 13 mila militari americani, «il secondo più grande contingente in Europa». Come a dire che, se volete il nostro sostegno nei vostri affari in Libia, continuate però a sostenerci nella nostra politica estera militare in Iraq (e sottinteso in Iran) e ad essere in Europa un nostro avamposto militare.
notata la risposta di Pence, che ha “ringraziato” l’Italia: «per il ruolo dei vostri soldati in Iraq»; e dell’ospitalità ai circa 13 mila militari americani, «il secondo più grande contingente in Europa». Come a dire che, se volete il nostro sostegno nei vostri affari in Libia, continuate però a sostenerci nella nostra politica estera militare in Iraq (e sottinteso in Iran) e ad essere in Europa un nostro avamposto militare.
Successivamente il vicepresidente americano ha incontrato quello stesso giorno Conte, e così anche il presidente del consiglio ha ribadito la necessità di un ruolo maggiore di Washington sulla Libia.
Ovviamente insieme a Mattarella, il 24 gennaio, era presente al Quirinale anche Di Maio che nel suo nuovo ruolo di ministro degli esteri della repubblica borghese italiana si è completamente dimenticato cosa i 5 Stelle dicevano sui conflitti in Africa, e in Libia. Glielo vogliamo ricordare con il video dell’intervento di Beppe Grillo alla assemblea degli azionisti ENI del 2015, in cui, «da capo del movimento politico da 10 milioni di persone» denunciava come «Eni ha dato vita a un sistema corruttivo, … criminogeno». in «quei paesi che ENI depreda». e in cui «l’instabilità politica in Algeria, Nigeria, in Libia … garantisce ad Eni ampi margini di manovra per i suoi affari». e come sia «vergognoso approfittare della miseria … alimentarne di nuova per il profitto privato … ».
Insomma, del programma di governo dei grillini, che prevedeva la non ingerenza italiana nelle questioni degli altri paesi, quello che è rimasto, alla prova dei fatti dei nuovi giochi in Libia, sono stati proprio i numerosi incontri e viaggi, da parte del presidente del consiglio e del suo ministro degli esteri, proprio con gli esponenti delle varie borghesie che si vogliono contendere le risorse petrolifere del Nord Africa e del Mediterraneo. Una bella parabola, da accusatori e denunciatori dei traffici sullo sfruttamento delle risorse che portano alle guerre, a pacificatori ingenui (almeno così si vogliono presentare all’opinione pubblica) secondo cui la guerra si può «risolvere ed evitare se riusciamo a mettere intorno a un tavolo tutti gli attori di questa crisi, che non sono solo i libici ma anche quelli che interferiscono continuamente con questa guerra civile. Il nostro obiettivo è metterli intorno ad un tavolo, assieme agli altri Paesi della comunità Ue e internazionale, per trovare una soluzione». – parole di Di Maio. Insomma si vorrebbero presentare come “crocerossine” che, al di sopra delle parti belligeranti, vogliono convincere i nemici belligeranti a stringersi la mano in un gesto di pace. E non solo convincere i diretti combattenti, ma anche i loro padrini «che interferiscono continuamente». Di che sta parlando il 5 stelle “pacifista” Di Maio? Cosa ha mosso Mattarella e il governo Conte, i suoi due ministri degli Esteri e della Difesa – è di sabato la notizia di una visita negli Usa durata ben 3 giorni di Lorenzo Guerini del PD-, fino a tirare per la giacchetta l’alleato americano sulla vicenda libica?
E’ necessario, allora, meglio collocare l’invocazione alla “pace” di Mattarella e governo italiano. Nella guerra libica per bande del dopo Gheddafi, con milizie pagate con i profitti petroliferi, e che quindi più di tanto non possono minacciare i pozzi di petrolio fonte stessa della ricchezza con cui vengono foraggiate, l’ENI è riuscita a fare né più né meno di quello che faceva da sempre. Neanche i francesi (con Total), inseritesi nel gioco nel 2011 e artefici principali della rimozione brutale di Gheddafi, preoccupavano ormai manager e amministratori ENI. Si trattava di saper calibrare accuratamente quanto dare all’uno e all’altro dei capi banda armati.
Diversa la situazione ora con due nuovi attori sul terreno, la Russia e la Turchia, «che interferiscono continuamente» con i piani di “pace” delle “crocerossine” al governo, degni nuovi rappresentanti della borghesia italiana e dei suoi interessi economici in Libia con l’ENI. Ma di questo occorrerà approfondire in un secondo momento.
R.P.
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