venerdì 21 febbraio 2020

pc 21 febbraio - Taranto - una fogna chiamata Marina Militare-Arsenale-Base navale in mar grande

Anche qui ci sono tutti dentro, padroni e padroncini - autorità militari - istituzioni locali - sindacati - con stampa e  tv prezzolata di riferimento. 

Marina Militare, corruzione e turbativa d’asta: 12 arresti a Taranto

Operazione della Guardia di Finanza. Coinvolti diversi imprenditori, due ufficiali e due dipendenti civili della Forza Armata. Ecco i nomi


La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Taranto ha eseguito la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 12 persone indagate, a vario titolo, per associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti, corruzione e furto aggravato.
Le indagini, condotte dai militari del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria, hanno riguardato l’aggiudicazione degli appalti relativi ai lavori di ammodernamento e riparazione di unità Navali in dotazione alla Marina Militare di Taranto.
Tra i destinatari del provvedimento figurano diversi imprenditori, (Armando De Comite, indicato come promoter, Angelo Raffaele Ruggero, Alessandro Persio, Fabio Greco, Nicola Pletto, Giovanni Pletto, Giona Guardascione e Giacinto Persico), due ufficiali della Marina Militare (il direttore dell’Arsenale, il contrammiraglio Cristiano Nervi e il tenente di vascello Antonio Di Molfetta) e due dipendenti civili della Forza Armata, Abele D’Onofrio, assistente amministrativo presso l’Arsenale e Federico Porraro, funzionario amministrativo responsabile di due magazzini della direzione di commissariato della Marina militare.
L’indagine svolta ha permesso di far emergere l’esistenza di un’associazione per delinquere, composta da imprenditori tarantini, in grado di pilotare a proprio favore le aggiudicazioni degli appalti banditi dall’Arsenale e dalla Stazione Navale della Marina Militare di Taranto.
Il gruppo d’affari, con la connivenza di un ufficiale della Marina Militare in servizio presso l’Arsenale di Taranto, è riuscito ad aggiudicarsi, nei mesi da ottobre a dicembre 2018, 15 appalti per un totale di € 4.800.000,00. In particolare, dalle indagini è emerso che per una gara di circa 3 milioni
di euro, relativa ai lavori di ammodernamento della flotta, vi è stato un frazionamento artificioso degli appalti originari in 11 gare. Ciò per garantire ad ogni società gestita dagli imprenditori, di aggiudicarsi una porzione dei lavori e di conseguire un maggior guadagno.
Dagli accertamenti effettuati è emerso che la ripartizione degli appalti è stata effettuata “scientificamente”, in modo tale che il totale degli importi relativi alle gare venisse equamente diviso fra gli associati che giungevano a tali accordi nell’ambito di incontri che si tenevano in luoghi da loro ritenuti dagli stessi “sicuri”. Nel corso di questi incontri i telefoni cellulari venivano spenti e lasciati lontano dai locali in cui avvenivano i colloqui.
L’ufficiale veniva informato, puntualmente, sia dei nominativi delle imprese partecipanti alle varie gare, nonché del nome del vincitore concordato.
Gli indagati disponevano anche della complicità di un dipendente civile dell’Arsenale, in servizio presso l’ufficio amministrativo, il quale, a fronte di una tangente, comunicava il dettaglio dei bandi di gara in anticipo rispetto alla data di pubblicazione, consentendo di avere un ampio margine di tempo per accordarsi.
Il disegno criminoso ideato, inoltre, ha trovato un’altra modalità realizzativa attraverso la corruzione di un ufficiale in servizio presso l’ufficio “servizio efficienza navi”, il quale, per far ottenere agli imprenditori l’affidamento di lavori necessari alla Stazione Navale della Marina Militare di Taranto, ha richiesto ed ottenuto in cambio utilità consistite in elettrodomestici, mobili e lavori di ristrutturazione di un’abitazione di sua proprietà.
E’  emerso dalle indagini che uno degli imprenditori, per risparmiare sulle spese dei materiali, ha corrotto, ripetutamente, un responsabile dei magazzini ubicati all’interno dell’Arsenale, il quale ha permesso ad un dipendente incaricato dall’imprenditore di asportare illecitamente, in più circostanze, beni di proprietà della Forza Armata che sono stati utilizzati per le lavorazioni a bordo delle unità navali e fatturati come forniti dalla società incaricata di effettuare i lavori.

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