Foodora, in tribunale la causa-bis di 29 rider:
Sotto accusa anche il sistema di monitoraggio: colpiva i lavoratri sindacalizzati e quelli meno efficienti.
Torna
in aula la battaglia dei ciclofattorini per vedere riconosciute
migliori condizioni di lavoro. Stamattina a Torino davanti al giudice
del lavoro ha preso il via il processo bis promosso da 29 ex rider di
Foodora, dopo che il primo era terminato lo scorso 24 gennaio in
Cassazione con la storica vittoria di cinque ragazzi che avevano
ottenuto il diritto a un trattamento da lavoratori subordinati,
equiparati ai dipendenti del settore della logistica, nel rispetto di quanto previsto dalla stesura originaria del Jobs Act .
Ora i lavoratori, assistiti dagli avvocati Giulia Druetta e Sergio Bonetto, hanno voluto chiedere di più. Oltre al risarcimento della differenza tra i salari ricevuti e quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro, infatti, chiedono anche il risarcimento del danno in materia di sicurezza: una strada aperta dal processo per la ThyssenKrupp, che è stato uno spartiacque stabilendo che anche i lavoratori non coinvolti nell'incidente, avevano diritto a un indennizzo per i rischi che avevano corso lavorando in assenza di adeguate misure di sicurezza. Un principio che può essere adattato a mestieri diversi e in questo caso il risarcimento viene chiesto anche da chi non ha mai avuto un incidente o un infortunio e tuttavia ne ha corso il rischio. "Alcuni di noi non hanno mai ricevuto nemmeno un caschetto, nessuno è stato sottoposto a una visita medica e nemmeno è mai stato chiesto ad alcuno un certificato di buona salute nonostante pedalassimo senza interruzione per molte ore al giorno. E nemmeno ci è mai stato fatto un controllo della bici", denunciano i lavoratori.
Inoltre a Foodinho - società che ha assorbito Foodora dopo la liquidazione - i rider chiedono il risarcimento del danno per il controllo e il monitoraggio attraverso lo smarthphone che sarebbe stato usato ai fini discriminatori per escludere i lavoratori sindacalizzati o che non riuscivano a raggiungere i parametri di produttività stabiliti da Foodora.
equiparati ai dipendenti del settore della logistica, nel rispetto di quanto previsto dalla stesura originaria del Jobs Act .
Ora i lavoratori, assistiti dagli avvocati Giulia Druetta e Sergio Bonetto, hanno voluto chiedere di più. Oltre al risarcimento della differenza tra i salari ricevuti e quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro, infatti, chiedono anche il risarcimento del danno in materia di sicurezza: una strada aperta dal processo per la ThyssenKrupp, che è stato uno spartiacque stabilendo che anche i lavoratori non coinvolti nell'incidente, avevano diritto a un indennizzo per i rischi che avevano corso lavorando in assenza di adeguate misure di sicurezza. Un principio che può essere adattato a mestieri diversi e in questo caso il risarcimento viene chiesto anche da chi non ha mai avuto un incidente o un infortunio e tuttavia ne ha corso il rischio. "Alcuni di noi non hanno mai ricevuto nemmeno un caschetto, nessuno è stato sottoposto a una visita medica e nemmeno è mai stato chiesto ad alcuno un certificato di buona salute nonostante pedalassimo senza interruzione per molte ore al giorno. E nemmeno ci è mai stato fatto un controllo della bici", denunciano i lavoratori.
Inoltre a Foodinho - società che ha assorbito Foodora dopo la liquidazione - i rider chiedono il risarcimento del danno per il controllo e il monitoraggio attraverso lo smarthphone che sarebbe stato usato ai fini discriminatori per escludere i lavoratori sindacalizzati o che non riuscivano a raggiungere i parametri di produttività stabiliti da Foodora.
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