Il 4 settembre 2019 i sindacati confederali hanno presentato la piattaforma per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. La piattaforma, a detta del sindacato, è stata approvata da 360.000 lavoratori, pari a 96% dei votanti (dati FIOM). La FIOM ha sbandierato nel verbale reso pubblico questo risultato seguito dalla dichiarazione: “il rinnovo del CCNL che è sempre una grande prova di democrazia e di partecipazione”. Ma di che partecipazione parla la FIOM? Di che vanno cianciando? Il calcolo matematico sulla base dei dati forniti dalla stessa FIOM dà una partecipazione
al voto di solo 375.000 votanti, mentre i dati resi noti dall’ISTAT riportano che i lavoratori del comparto metalmeccanico sono circa un milione e ottocentomila.
É assolutamente lampante che alla votazione ha partecipato solo il 20% dei metalmeccanici. Un po’ pochini rispetto ai quasi due milioni di aventi diritto, un risultato che sa tanto di truffa per far quadrare il tornaconto dei confederali.
Ma al di là di questi dati oramai andati nel dimenticatoio, la piattaforma dal mese di settembre ad oggi è passata attraverso ben 4 incontri senza che in fabbrica nessuno sappia di fatto come siano finiti. Un velo strumentale è sceso sulla trattativa in corso, nessun sindacato confederale ha fatto trapelare nulla sugli incontri finora avvenuti se non ai propri burocrati stipendiati degli apparati sindacali, i quali però si guardano bene dall’informare gli operai ed i lavoratori.
Cosa si sono dette le quattro commissioni nazionali (formazione, salute sicurezza, politiche attive e inquadramento) che hanno “lavorato”, incontrandosi più volte con la confindustria? Nessuno sa nulla, il riserbo è strettissimo. Ma come, verrebbe da dire, tu, sindacato, stai trattando per conto nostro soprattutto per il salario e non ci comunichi nulla? Non fai assemblee di fabbrica per comunicare lo stato della trattativa in modo da preparare una risposta pronta, fatta di scioperi efficaci e mobilitazioni, per pesare sul tavolo della contrattazione? Questa è una strategia ben calcolata, l’obbiettivo dei confederali è quella di arrivare alla conclusione delle trattative con un accordo capestro che condirà gli operai con poche decine di euro, alla faccia della iniziale, già contenuta rispetto al blocco salariale che dura da anni, richiesta salariale dell’8% di trattamento economico minimo. Sedando il tutto con il solito leitmotiv “non si poteva strappare di più” si stanno preparando all’ennesimo accordo capestro. É significativo uno dei pochi commenti del capo sindacale della UIL Rocco Palombella che mettendo le mani avanti per preparare il solito rovinoso accordo finale dichiara: “Com’era prevedibile, Federmeccanica e Assistal hanno esposto i dati economici riguardo ai consumi interni, l’export, evidenziando i segni negativi relativi al triennio 2016-2019 rispettivamente del -0,5%, -1,4%, -1%. Il livello di crescita dell’Ipca* per il prossimo triennio non si discosterà molto da quello attuale, prevedendo un lieve aumento pari al’1% nel 2020 e l’1,1% per il 2021 e il 2022”. Il dubbio che questi dati siano falsi e sottostimati non passa nemmeno per la testa di questo Palombella. Prendere per buoni i dati che i rappresentanti dei padroni forniscono è una pratica sperimentata per decenni dal sindacato a danno degli operai. Un sindacato che invece potrebbe mettere al lavoro quei quattro impiegati degli uffici studi e dimostrare che la realtà dell’aumento dei prezzi è ben diversa e i salari sono fermi di fatto da 15 anni. Una realtà, quella di tenere bassi i salari, che dura fintantoché gli operai nelle fabbriche non cominciano a chiedere il conto ad un sindacato che non garantisce nemmeno più il minimo salario della sopravvivenza.
Però prima di arrivare alle solite, sciagurate conclusioni finali gli operai nelle fabbriche dovrebbero spezzare il muro del silenzio che li sta attanagliando chiedendo a gran voce informazioni dettagliate sullo stato della trattativa e risalire dallo stato di sbandamento e di torpore in cui sono caduti.
D.C. - da operai contro
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