venerdì 24 gennaio 2020

pc 24 gennaio - Mantenere alta l'attenzione e la mobilitazione per la libertà di Nicoletta Dosio e di tutti i compagni NoTav arrestati e inquisiti

Nel prossimo numero di proletari comunisti in uscita il 30 gennaio, il rilancio della campagna e le iniziative di proletari comunisti contro la repressione delle lotte proletarie, sociali e dei movimenti di lotta sul territorio

Il punto della vicenda in una informazione rivolta ai proletari e alle masse popolari 

 Il 30 dicembre la Procura di Torino ha deciso di notificare la sospensione delle misure alternative alla storica militante No Tav Nicoletta Dosio (che comunque non le aveva mai chieste e anzi le aveva sempre rifiutate, in nome della illegittimità della condanna), e arriva a prelevarla e a condurla in carcere, secondo il “diritto”/arbitrio di classe dello Stato borghese.
Secondo noi invece si tratta di sequestro di persona, lo Stato l'ha presa come un “ostaggio” politico, perchè i fatti che gli vengono imputati dimostrano che si tratta di vendetta/rappresaglia di Stato, di abuso repressivo, in continuità/salto con la criminalizzazione del movimento NO TAV, con un'operazione politico-repressiva del Tribunale di Torino che aiuta la criminalità organizzata, gli speculatori, di tutti coloro che con le Grandi Opere, con la devastazione ambientale, ricavano enormi profitti sulla pelle delle masse.
Nicoletta Dosio è stata condannata a un anno per violenza privata e interruzione di pubblico servizio in concorso con altri (“reato” previsto da una norma di epoca fascista e mai abrogata) perché aveva tenuto uno striscione, al bordo dell’autostrada, nel corso di una manifestazione NO TAV, avvenuta in seguito alla caduta di Luca Abbà dal traliccio in Val Clarea: “pochi giorni prima, per ordine del governo, in Valle erano cominciate le requisizioni e gli sgomberi dei campi e dei boschi ove avrebbero dovuto installarsi i cantieri del TAV. In una delle proteste non violente il contadino Luca Abbà era salito su un traliccio dell’alta tensione, inseguito da un carabiniere rocciatore verso l’alto; troppo in alto per cui alla fine Luca sfiorò un cavo dell’alta tensione rimanendo folgorato e precipitando al suolo. Il manifestante rimase molti giorni tra la vita e la morte e in quegli stessi giorni si susseguirono le manifestazioni di solidarietà” (dal comunicato NO TAV).
In una di queste manifestazioni, ai primi di marzo del 2012, alcune centinaia di manifestanti in Valle Susa presidiarono per trenta minuti il casello dell’autostrada ad Avigliana. Non ci fu alcun blocco del traffico, nessun intervento della polizia, i manifestanti sollevarono le sbarre dei caselli e fecero passare gratis gli automobilisti, mentre veniva detto da un megafono: oggi paga Monti.

Una condotta che giustificava, secondo la Procura, una pena di ben 3 anni (chiesti in primo grado dal pm), e che ha condotto alla condanna a 1 anno di carcere Nicoletta Dosio ed altri militanti del movimento.
Gianluca Vitale (avvocato presso il foro di Torino e co-presidente dell’ass. Legal Team): "Risposta repressiva, si diceva, dello Stato: quando una manifestazione viene contrastata e repressa con lacrimogeni e manganelli, quando le persone vengono arrestate, processate e condannate per aver manifestato, è lo Stato che sta lanciando lacrimogeni, che sta manganellando, che sta arrestando, processando, condannando. E quando queste sono le uniche risposte che lo Stato è un grado di mettere in campo contro il conflitto sociale e il dissenso, come nel caso del movimento No Tav, allora a entrare in crisi è la tenuta del sistema democratico.
Certo, si può obiettare che un giudice ha valutato che quelle condotte costituiscono reato, e che quindi ha condannato i suoi autori seguendo una procedura garantita dalla legge. Formalmente tutto
vero: il problema è che perseguire una determinata condotta è spesso frutto di una scelta di politica giudiziaria, frutto di attività interpretativa non sempre e non solo tecnica: si noti che per i reati per i quali la Dosio è stata condannata la legge prevede una pena minima di quindici giorni. Decidere di condannare a un anno ha quindi un preciso significato ed è solo l’ultima di una serie di valutazioni fondamentalmente politiche. Le sbarre che dal 30 dicembre circondano il corpo di Nicoletta Dosio ci impongono, quindi, di prendere atto che tutto ciò deve preoccuparci, interrogandoci su questa discrezionale giustizializzazione contro quello che si considera non coerente con l’“ordine costituito".
Inoltre, con la decisione di reputare come reato il presunto “concorso morale” (gli accusati non hanno commesso direttamente un reato, ma lo avrebbero sostenuto con la loro presenza fisica nelle vicinanze o a livello di opinioni) il “diritto” borghese coincide con il suo uso politico, altro che strumento “tecnico e neutrale”!
I Decreti Sicurezza Minniti, Salvini-Di Maio 1 e 2 sono oggi la forma repressiva della guerra di classe dello Stato borghese contro le lotte sociali, politiche, sindacali, dai pastori sardi, ai lavoratori di Prato ai disoccupati, dai militanti del movimento NO TAV ai compagni antifascisti, compagni contro cui vengono applicati i famigerati reati di “devastazione e saccheggio” (previsto nel fascista codice Rocco e disciplinato dall’art. 419 c.p.) per la giornata nazionale di protesta e rivolta del 15 ottobre 2011 a Roma con quasi 40 anni di carcere comminati in appello contro 9 compagni, e di “resistenza aggravata”, assieme a “fogli di via” per lavoratori, sindacalisti dei cobas e attivisti solidali e alla “sorveglianza speciale” (il 18 dicembre la PM del tribunale torinese Emanuela Pedrotta ha deciso di emettere entro 90 giorni il parere definitivo circa l’applicazione o meno a Eddi, Paolo e Jacopo della misura preventiva di “sorveglianza speciale”, anch’essa introdotta nel sistema giuridico durante il regime fascista).
Tribunali, governi, parlamento, tutti convergono nella necessità di colpire le lotte. Secondo un dossier dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano l’Italia è il paese europeo che spende di più per le forze di polizia: «Nel 2016 (ultimo dato disponibile), nel rapporto tra personale delle forze dell’ordine e popolazione, su 35 Paesi europei considerati, l’Italia occupa l’ottava posizione, con 453 unità ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di 355».
E' necessario organizzare una grande campagna nazionale, lotte che si pongono come obiettivo quello dell'abrogazione dei Decreti sicurezza e delle norme ampiamente usate dai Tribunali borghesi contro i compagni, rilanciare la parola d'ordine del Soccorso Rosso Proletario in risposta all'attacco repressivo dello Stato. Altra cosa rispetto alla campagna per l'“amnistia sociale” che, per la sua approvazione, richiede il voto favorevole dei due terzi del Parlamento. Guardando a questo Parlamento rappresentato da queste forze politiche reazionarie, antioperaie e apertamente fasciste, la pensiamo come alcuni compagni, e, cioè, che l'amnistia non potrà che essere al massimo un atto di pacificazione, se va bene una “concessione” di uno Stato corrotto e marcio fino alle fondamenta e che va abbattuto, non cambiato!
Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario avevano giustamente detto che con l'arresto di Nicoletta, lo Stato borghese ha “sollevato una pietra che gli cadrà addosso”! Per portarsi via Nicoletta i carabinieri hanno dovuto fare i conti con la rabbia popolare dei cittadini di Bussoleno che gli anno bloccato la macchina per 2 ore. E con le 15 mila persone che hanno invaso Torino con la richiesta della liberazione nella manifestazione dell'11 gennaio. A novembre, in un comunicato i compagni e le compagne di proletari comunisti scrivevano: “la battaglia NO Tav ha messo più di una volta in luce che lo Stato si accanisce sulle donne, compagne perchè evidentemente vede in loro una determinatezza, un coraggio, una forza che gli fa paura, e sono d’esempio a tante donne”.
Non è un caso che la testa del corteo dell'11 gennaio a Torino sia composta da centinaia di donne, che con Nicoletta hanno condivido tanti momenti di lotta, che reggono lo striscione “Partigiane della terra e del futuro”. Molto toccante è stata la lettura di una lettera scritta da Nicoletta in carcere, proprio per salutare le tante persone scese in piazza per sostenerla. «Il “si parte e si torna insieme” non è solo uno slogan, ma un grido reale di lotta fraterna»: un messaggio che va dritto a coloro che credono che un movimento si possa fermare con arresti e intimidazioni continue.
E' ingiustizia, è giustizia di classe borghese quella che perseguita chi lotta per il diritto di tutti.
Il dovere che io sento è di non genuflettermi: di non chiedere sconti o scuse. Per dignità e libertà”- sono le parole di Nicoletta che continua: “è il momento di essere lucidi e irriducibili, di mettere in pratica il coraggio e la tenerezza che abbiamo imparato nei giorni indimenticabili delle Libera Repubblica della Maddalena, un’esperienza che ci ha creato legami indissolubili da ogni parte del Paese, anzi, del mondo.
La solidarietà che può salvarci è quella che sa farsi coscienza critica, ribellione attiva al sistema di cui la mia vicenda non è che la cartina di tornasole: il tribunale che impugna le bilance della legge è l’altra faccia della guerra all’uomo e alla natura.
Quella guerreggiata con le armi contro i “popoli di troppo”, con le ruspe contro i territori destinati ad essere corridoi di traffico per merci, capitali, grandi sporchi interessi; con la guerra tra poveri contro la solidarietà che fa vivere con manganelli, lacrimogeni e manette contro le popolazioni che, in nome del diritto alla vita e all’autodeterminazione, alzano le barricate della resistenza e del conflitto.
In realtà l’unica colpa imputabile al Movimento No Tav è un grande merito: “veder chiaro nella notte” l’agire di conseguenza.
Le nostre imputazioni sono i nostri meriti: per questo ho deciso di non piegarmi al tribunale che mi condanna, di non chiedere sconti di sorta. La mia carcerazione non è che l’atto finale, sancito dai tre livelli di giudizio che hanno derubricato a reato una giusta e doverosa protesta sociale, decretando anni di carcere non solo a me, ma a ragazze e ragazzi, i migliori dei nostri giovani.
Ora, chiusa in questa cella, tocco con mano l’ingiustizia e l’inutilità del carcere, la cui unica vera funzione è quella del controllo sociale, sugli ultimi, su chi non ha voce.
Non può venire riscatto dalla vendetta, dalla “pena” che proprio in quanto tale, non ha alcuna funzione educativa.
Qui tutto è pena, deprivazione di diritti, irrazionalità, tanto più sviante, quanto più subdola: un mondo al contrario in cui si vaga nel vuoto.
Se per la borghesia imperialista italiana l'opposizione politico sociale è il "nemico interno", allora accettiamo la sfida e organizziamoci per essere all'altezza dello scontro.
Tornando al comunicato del 6 novembre 2019 le compagne e i compagni di proletari comunisti scrivevano: “Ha fatto benissimo Nicoletta a disobbedire ai divieti della magistratura, a violare le sue assurde sentenze.
Nicoletta è un esempio per tutti e tutte che nei Tribunali si va per processare chi ci vuole processare, che le “regole” dello Stato e della Polizia è giusto romperle, che non basta denunciare ma occorrono azioni, esempi, fatti di persona – E Nicoletta l’ha fatto!.
Per questo l’arresto di Nicoletta Dosio interessa tutti, compagni, compagne, lavoratori, donne, giovani che vogliono lottare realmente.
Siamo con Nicoletta Dosio nella sfida con cui occorre rispondere: noi non abbiamo nulla da cui difenderci, ma abbiamo da attaccare sempre di più, non accettiamo l’ingiusta repressione di questo Stato borghese – con questo dimostriamo l’abisso che esiste tra la grandezza delle lotta per la libertà, per i diritti delle popolazioni e la miseria, il fascismo di questo Stato, di questi governi.”

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