Il punto della vicenda in una informazione rivolta ai proletari e alle masse popolari
Il 30 dicembre la Procura di Torino ha deciso di notificare la sospensione delle misure alternative alla storica militante No Tav Nicoletta Dosio (che comunque non le aveva mai chieste e anzi le aveva sempre rifiutate, in nome della illegittimità della condanna), e arriva a prelevarla e a condurla in carcere, secondo il “diritto”/arbitrio di classe dello Stato borghese.
Il 30 dicembre la Procura di Torino ha deciso di notificare la sospensione delle misure alternative alla storica militante No Tav Nicoletta Dosio (che comunque non le aveva mai chieste e anzi le aveva sempre rifiutate, in nome della illegittimità della condanna), e arriva a prelevarla e a condurla in carcere, secondo il “diritto”/arbitrio di classe dello Stato borghese.
Secondo noi invece si tratta di
sequestro di persona, lo Stato l'ha presa come un “ostaggio”
politico, perchè i fatti che gli vengono imputati dimostrano che si
tratta di vendetta/rappresaglia di Stato, di abuso repressivo, in
continuità/salto con la criminalizzazione del movimento NO TAV, con
un'operazione politico-repressiva del Tribunale di Torino che aiuta
la criminalità organizzata, gli speculatori, di tutti coloro che con
le Grandi Opere, con la devastazione ambientale, ricavano enormi
profitti sulla pelle delle masse.
Nicoletta Dosio è stata condannata a
un anno per violenza privata e interruzione di pubblico servizio in
concorso con altri (“reato” previsto da una norma di epoca
fascista e mai abrogata) perché aveva tenuto uno striscione, al
bordo dell’autostrada, nel corso di una manifestazione NO TAV,
avvenuta in seguito alla caduta di Luca Abbà dal traliccio in Val
Clarea: “pochi giorni prima, per ordine del governo, in Valle
erano cominciate le requisizioni e gli sgomberi dei campi e dei
boschi ove avrebbero dovuto installarsi i cantieri del TAV. In una
delle proteste non violente il contadino Luca Abbà era salito su un
traliccio dell’alta tensione, inseguito da un carabiniere
rocciatore verso l’alto; troppo in alto per cui alla fine Luca
sfiorò un cavo dell’alta tensione rimanendo folgorato e
precipitando al suolo. Il manifestante rimase molti giorni tra la
vita e la morte e in quegli stessi giorni si susseguirono le
manifestazioni di solidarietà” (dal comunicato NO TAV).
In una di queste manifestazioni, ai
primi di marzo del 2012, alcune centinaia di manifestanti in Valle
Susa presidiarono per trenta minuti il casello dell’autostrada ad
Avigliana. Non ci fu alcun blocco del traffico, nessun intervento
della polizia, i manifestanti sollevarono le sbarre dei caselli e
fecero passare gratis gli automobilisti, mentre veniva detto da un
megafono: oggi paga Monti.
Una condotta che giustificava, secondo
la Procura, una pena di ben 3 anni (chiesti in primo grado dal pm), e
che ha condotto alla condanna a 1 anno di carcere Nicoletta Dosio ed
altri militanti del movimento.
Gianluca
Vitale (avvocato presso il foro di Torino e co-presidente dell’ass.
Legal Team): "Risposta repressiva, si diceva, dello
Stato: quando una manifestazione viene contrastata e repressa con
lacrimogeni e manganelli, quando le persone vengono arrestate,
processate e condannate per aver manifestato, è lo Stato che sta
lanciando lacrimogeni, che sta manganellando, che sta arrestando,
processando, condannando. E quando queste sono le uniche risposte che
lo Stato è un grado di mettere in campo contro il conflitto sociale
e il dissenso, come nel caso del movimento No Tav, allora a entrare
in crisi è la tenuta del sistema democratico.
Certo, si può obiettare che un
giudice ha valutato che quelle condotte costituiscono reato, e che
quindi ha condannato i suoi autori seguendo una procedura garantita
dalla legge. Formalmente tutto
vero: il problema è che perseguire una determinata condotta è spesso frutto di una scelta di politica giudiziaria, frutto di attività interpretativa non sempre e non solo tecnica: si noti che per i reati per i quali la Dosio è stata condannata la legge prevede una pena minima di quindici giorni. Decidere di condannare a un anno ha quindi un preciso significato ed è solo l’ultima di una serie di valutazioni fondamentalmente politiche. Le sbarre che dal 30 dicembre circondano il corpo di Nicoletta Dosio ci impongono, quindi, di prendere atto che tutto ciò deve preoccuparci, interrogandoci su questa discrezionale giustizializzazione contro quello che si considera non coerente con l’“ordine costituito".
vero: il problema è che perseguire una determinata condotta è spesso frutto di una scelta di politica giudiziaria, frutto di attività interpretativa non sempre e non solo tecnica: si noti che per i reati per i quali la Dosio è stata condannata la legge prevede una pena minima di quindici giorni. Decidere di condannare a un anno ha quindi un preciso significato ed è solo l’ultima di una serie di valutazioni fondamentalmente politiche. Le sbarre che dal 30 dicembre circondano il corpo di Nicoletta Dosio ci impongono, quindi, di prendere atto che tutto ciò deve preoccuparci, interrogandoci su questa discrezionale giustizializzazione contro quello che si considera non coerente con l’“ordine costituito".
Inoltre, con la decisione di reputare
come reato il presunto “concorso morale” (gli accusati non
hanno commesso direttamente un reato, ma lo avrebbero sostenuto con
la loro presenza fisica nelle vicinanze o a livello di opinioni) il
“diritto” borghese coincide con il suo uso politico, altro che
strumento “tecnico e neutrale”!
I Decreti Sicurezza Minniti, Salvini-Di
Maio 1 e 2 sono oggi la forma repressiva della guerra di classe dello
Stato borghese contro le lotte sociali, politiche, sindacali, dai
pastori sardi, ai lavoratori di Prato ai disoccupati, dai militanti
del movimento NO TAV ai compagni antifascisti, compagni contro cui
vengono applicati i famigerati reati di “devastazione e saccheggio”
(previsto nel fascista codice Rocco e disciplinato dall’art. 419
c.p.) per la giornata nazionale di protesta e rivolta del 15 ottobre
2011 a Roma con quasi 40 anni di carcere comminati in appello contro
9 compagni, e di “resistenza aggravata”, assieme a “fogli di
via” per lavoratori, sindacalisti dei cobas e attivisti solidali e
alla “sorveglianza speciale” (il 18 dicembre la PM del tribunale
torinese Emanuela Pedrotta ha deciso di emettere entro 90 giorni il
parere definitivo circa l’applicazione o meno a Eddi, Paolo e
Jacopo della misura preventiva di “sorveglianza speciale”,
anch’essa introdotta nel sistema giuridico durante il regime
fascista).
Tribunali, governi, parlamento, tutti
convergono nella necessità di colpire le lotte. Secondo un dossier
dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica
di Milano l’Italia è il paese europeo che spende di più per le
forze di polizia: «Nel 2016 (ultimo dato disponibile), nel
rapporto tra personale delle forze dell’ordine e popolazione, su 35
Paesi europei considerati, l’Italia occupa l’ottava posizione,
con 453 unità ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di
355».
E' necessario organizzare una grande
campagna nazionale, lotte che si pongono come obiettivo quello
dell'abrogazione dei Decreti sicurezza e delle norme ampiamente usate
dai Tribunali borghesi contro i compagni, rilanciare la parola
d'ordine del Soccorso Rosso Proletario in risposta all'attacco
repressivo dello Stato. Altra cosa rispetto alla campagna per
l'“amnistia sociale” che, per la sua approvazione, richiede il
voto favorevole dei due terzi del Parlamento. Guardando a questo
Parlamento rappresentato da queste forze politiche reazionarie,
antioperaie e apertamente fasciste, la pensiamo come alcuni compagni,
e, cioè, che l'amnistia non potrà che essere al massimo un atto di
pacificazione, se va bene una “concessione” di uno Stato corrotto
e marcio fino alle fondamenta e che va abbattuto, non cambiato!
Le compagne del Movimento Femminista
Proletario Rivoluzionario avevano giustamente detto che con l'arresto
di Nicoletta, lo Stato borghese ha “sollevato una pietra che gli
cadrà addosso”! Per portarsi via Nicoletta i carabinieri hanno
dovuto fare i conti con la rabbia popolare dei cittadini di Bussoleno
che gli anno bloccato la macchina per 2 ore. E con le 15 mila persone
che hanno invaso Torino con la richiesta della liberazione nella
manifestazione dell'11 gennaio. A novembre, in un comunicato i
compagni e le compagne di proletari comunisti scrivevano: “la
battaglia NO Tav ha messo più di una volta in luce che lo Stato si
accanisce sulle donne, compagne perchè evidentemente vede in loro
una determinatezza, un coraggio, una forza che gli fa paura, e sono
d’esempio a tante donne”.
Non è un caso che
la testa del corteo dell'11 gennaio a Torino sia composta da
centinaia di donne, che con Nicoletta hanno condivido tanti momenti
di lotta, che reggono lo striscione “Partigiane della terra e del
futuro”. Molto toccante è stata la lettura di una lettera scritta
da Nicoletta in carcere, proprio per salutare le tante persone scese
in piazza per sostenerla. «Il “si parte e si torna insieme”
non è solo uno slogan, ma un grido reale di lotta fraterna»: un
messaggio che va dritto a coloro che credono che un movimento si
possa fermare con arresti e intimidazioni continue.
E' ingiustizia, è
giustizia di classe borghese quella che perseguita chi lotta per il
diritto di tutti.
“Il dovere che io sento è di non
genuflettermi: di non chiedere sconti o scuse. Per dignità e
libertà”- sono le parole di
Nicoletta che continua: “è il momento di essere lucidi e
irriducibili, di mettere in pratica il coraggio e la tenerezza che
abbiamo imparato nei giorni indimenticabili delle Libera Repubblica
della Maddalena, un’esperienza che ci ha creato legami
indissolubili da ogni parte del Paese, anzi, del mondo.
La solidarietà che può salvarci è
quella che sa farsi coscienza critica, ribellione attiva al sistema
di cui la mia vicenda non è che la cartina di tornasole: il
tribunale che impugna le bilance della legge è l’altra faccia
della guerra all’uomo e alla natura.
Quella guerreggiata con le armi
contro i “popoli di troppo”, con le ruspe contro i territori
destinati ad essere corridoi di traffico per merci, capitali, grandi
sporchi interessi; con la guerra tra poveri contro la solidarietà
che fa vivere con manganelli, lacrimogeni e manette contro le
popolazioni che, in nome del diritto alla vita e
all’autodeterminazione, alzano le barricate della resistenza e del
conflitto.
In realtà l’unica colpa
imputabile al Movimento No Tav è un grande merito: “veder chiaro
nella notte” l’agire di conseguenza.
Le nostre imputazioni sono i nostri
meriti: per questo ho deciso di non piegarmi al tribunale che mi
condanna, di non chiedere sconti di sorta. La mia carcerazione non è
che l’atto finale, sancito dai tre livelli di giudizio che hanno
derubricato a reato una giusta e doverosa protesta sociale,
decretando anni di carcere non solo a me, ma a ragazze e ragazzi, i
migliori dei nostri giovani.
Ora, chiusa in questa cella, tocco
con mano l’ingiustizia e l’inutilità del carcere, la cui unica
vera funzione è quella del controllo sociale, sugli ultimi, su chi
non ha voce.
Non può venire riscatto dalla
vendetta, dalla “pena” che proprio in quanto tale, non ha alcuna
funzione educativa.
Qui tutto è pena, deprivazione di
diritti, irrazionalità, tanto più sviante, quanto più subdola: un
mondo al contrario in cui si vaga nel vuoto.
Se per la borghesia
imperialista italiana l'opposizione politico sociale è il "nemico
interno", allora accettiamo la sfida e organizziamoci per essere
all'altezza dello scontro.
Tornando
al comunicato del 6
novembre 2019 le compagne e i compagni di proletari comunisti
scrivevano: “Ha fatto benissimo Nicoletta a disobbedire
ai divieti della magistratura, a violare le sue assurde sentenze.
Nicoletta è un esempio per tutti e
tutte che nei Tribunali si va per processare chi ci vuole processare,
che le “regole” dello Stato e della Polizia è giusto romperle,
che non basta denunciare ma occorrono azioni, esempi, fatti di
persona – E Nicoletta l’ha fatto!.
Per questo l’arresto di Nicoletta
Dosio interessa tutti, compagni, compagne, lavoratori, donne, giovani
che vogliono lottare realmente.
Siamo con Nicoletta Dosio nella
sfida con cui occorre rispondere: noi non abbiamo nulla da cui
difenderci, ma abbiamo da attaccare sempre di più, non accettiamo
l’ingiusta repressione di questo Stato borghese – con questo
dimostriamo l’abisso che esiste tra la grandezza delle lotta per la
libertà, per i diritti delle popolazioni e la miseria, il fascismo
di questo Stato, di questi governi.”
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