lunedì 20 gennaio 2020

pc 20 gennaio - A che punto è la guerra per il petrolio?


In questi giorni si va delineando in modo abbastanza chiaro il quadro della crisi mondiale e del conseguente scontro in campo tra i vari Paesi direttamente o indirettamente coinvolti sul controllo delle fonti energetiche, innanza tutto del petrolio.
Una delle conferme viene dalla notizia che attualmente c’è un “eccesso” di 700mila barili al giorno di petrolio che preme sui mercati e ne tiene basso il prezzo nonostante tutte le fiammate di guerra!

Il Sole 24 Ore in un articolo del 16 gennaio mette uno dietro l’altro i punti che “ridisegnano” questo quadro.
Al primo punto c’è il fatto che “Gli Stati Uniti sono diventati il primo Paese al mondo nella produzione di greggio e di gas naturale.” Al secondo che “La Cina, d’altra parte, è il principale consumatore di energia mondiale.” Questa situazione crea quindi diverse contraddizioni, innanzi tutto tra questi due Paesi. Così cntinua il pezzo: “Una partnership commerciale sulle fonti energetiche è lo scenario naturale tra le due prime super potenze mondiali. Una collaborazione che si è bloccata in questi 20 mesi di guerra dei dazi.” Ma che si sarebbe sbloccata grazie agli ultimi accordi, infatti: “L’accordo siglato da Trump ridisegna così il risiko della politica energetica mondiale, rilanciando l’export statunitense di Lng e petrolio che era crollato sulla scia della guerra dei dazi … L’impegno cinese di acquistare dagli Usa energia per 52,4 miliardi di dollari è una ‘win win situation’, che aiuta entrambi. Pechino ha bisogno di petrolio e gas per far crescere la sua economia e la sua produzione industriale energivora. Washington ha necessità di vendere il suo gas e il suo petrolio così come le materie prime petrolchimiche.”
Ma in questi anni nessuno è stato con le mani in mano, apertamente o in maniera sotterranea: “I leader cinesi in questi anni hanno cercato di ottenere risorse naturali energetiche dalle regioni più vicine, come Russia, Qatar, Australia (Mosca sta accelerando con Pechino sulle forniture energetiche via pipeline). Ora tendono la mano agli Usa. La Cina affamata di risorse energetiche si è rivolta altrove. Secondo i dati dell’American Petroleum Institute (Api) nel 2019 Pechino ha importato greggio da 45 Paesi, con oltre la metà delle forniture arrivata da Russia, Arabia Saudita, Angola, Iraq e Oman.
“In questa nuova partita energetica, nel conto dei 50 miliardi di prodotti energetici che Pechino si è impegnata ad acquistare, Washington cercherà anche di rimpiazzare i 200mila barili/giorno di petrolio che i cinesi acquistano dall’Iran. In violazione delle sanzioni americane.”
E questa guerra si preannuncia ancora più accanita visto che “Gli Usa scommettono sulla produzione di Lng, che compresso può essere esportato con le navi: Qatar e Australia sono i leader del mercato, ma gli Usa nei prossimi 5 anni puntano a superare entrambi.

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