In questi giorni si va delineando
in modo abbastanza chiaro il quadro della crisi mondiale e del conseguente scontro
in campo tra i vari Paesi direttamente o indirettamente coinvolti sul controllo
delle fonti energetiche, innanza tutto del petrolio.
Una delle conferme viene dalla notizia
che attualmente c’è un “eccesso” di 700mila barili al giorno di petrolio che
preme sui mercati e ne tiene basso il prezzo nonostante tutte le fiammate di
guerra!
Il Sole 24 Ore in un articolo del
16 gennaio mette uno dietro l’altro i punti che “ridisegnano” questo quadro.
Al primo punto c’è il fatto che
“Gli Stati Uniti sono diventati il primo Paese al mondo nella produzione di
greggio e di gas naturale.” Al secondo che “La Cina, d’altra parte, è il
principale consumatore di energia mondiale.” Questa situazione crea quindi
diverse contraddizioni, innanzi tutto tra questi due Paesi. Così cntinua il
pezzo: “Una partnership commerciale sulle fonti energetiche è lo scenario
naturale tra le due prime super potenze mondiali. Una collaborazione che si è
bloccata in questi 20 mesi di guerra dei dazi.” Ma che si sarebbe sbloccata
grazie agli ultimi accordi, infatti: “L’accordo siglato da Trump ridisegna così
il risiko della politica energetica mondiale, rilanciando l’export statunitense
di Lng e petrolio che era crollato sulla scia della guerra dei dazi … L’impegno
cinese di acquistare dagli Usa energia per 52,4 miliardi di dollari è una ‘win
win situation’, che aiuta entrambi. Pechino ha bisogno di petrolio e gas per
far crescere la sua economia e la sua produzione industriale energivora. Washington
ha necessità di vendere il suo gas e il suo petrolio così come le materie prime
petrolchimiche.”
Ma in questi anni nessuno è stato
con le mani in mano, apertamente o in maniera sotterranea: “I leader cinesi
in questi anni hanno cercato di ottenere risorse naturali energetiche dalle
regioni più vicine, come Russia, Qatar, Australia (Mosca sta accelerando con Pechino
sulle forniture energetiche via pipeline). Ora tendono la mano agli Usa. La
Cina affamata di risorse energetiche si è rivolta altrove. Secondo i dati dell’American
Petroleum Institute (Api) nel 2019 Pechino ha importato greggio da 45 Paesi,
con oltre la metà delle forniture arrivata da Russia, Arabia Saudita, Angola,
Iraq e Oman.
“In questa nuova partita
energetica, nel conto dei 50 miliardi di prodotti energetici che Pechino si è
impegnata ad acquistare, Washington cercherà anche di rimpiazzare i 200mila
barili/giorno di petrolio che i cinesi acquistano dall’Iran. In violazione
delle sanzioni americane.”
E questa guerra si preannuncia
ancora più accanita visto che “Gli Usa scommettono sulla produzione di Lng, che
compresso può essere esportato con le navi: Qatar e Australia sono i leader del
mercato, ma gli Usa nei prossimi 5 anni puntano a superare entrambi.”
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