Respinto il
ricorso di Foodinho, l'azienda di food delivery che ha ereditato dalla
"casa madre" la causa avviata a Torino da cinque ciclofattorini
di FEDERICA CRAVERO
Adesso è una vittoria piena
quella che i rider hanno ottenuto dalla Cassazione a proposito del
riconoscimento del loro ruolo. La Suprema corte infatti non solo ha
respinto il ricorso avanzato da Foodinho, che ha ereditato dal colosso del food delivery Foodora (in liquidazione) la causa pilota che
un gruppo di lavoratori aveva avviato davanti al tribunale di Torino,
ma ha addirittura aggiunto un tassello importante sulla tutela dei
ciclofattorini stabilendo che vanno trattati come dipendenti e non come
lavoratori autonomi.
"Si applica la disciplina del lavoro subordinato - ha scritto la Cassazione - tutte le volte in cui la prestazione del collaboratore abbia carattere esclusivamente personale e sia svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente".
Era stata una strada in salita, quella dei cinque lavoratori, assistiti
dagli avvocati Giulia Druetta, Sergio Bonetto, Giuseppe Marziale e
Patrizia Totaro. In primo grado il tribunale del lavoro di
Torino aveva bocciato la loro causa in cui rivendicavano tutele e salario come lavoratori dipendenti. La Corte d'appello aveva poi accolto in parte il loro ricorso sostenendo l'esistanza di una terza tipologia di lavoratori, da considerare autonomi ma a cui vanno però riconosciuti il salario e le tutele dei lavoratori del comparto della logistica. Questa volta era stata l'azienda a ricorrere in Cassazione, dove i giudici hanno riconosciuto quello di chi consegna piatti pronti a domicilio un lavoro da considerare a tutti gli effetti dipendente.
Le conseguenze della sentenza sono dunque destinate a cambiare
radicalmente le condizioni di lavoro di migliaia di ragazzi che, zaino
termico in spalla, attraversano in lungo e in largo le città in
bicicletta per cinque euro lordi all'ora. "Ora i rider dovranno essere
assunti e retributi in modo da rispettare il contratto di lavoro -
commentano gli avvocati Giulia Druetta e Sergio Bonetto - ponendo fine
alla speculazione che era stata fatta finora, con fatturati che si
moltiplicavano grazie al lavoro di persone tenute sotto la soglia di
dignità".
"Vittoria. Ora che la giustizia si è espressa in modo definitivo, siano gli ispettorati del lavoro a fermare il cottimo, e la politica dia pieni diritti, dignità e sicurezza a questi lavoratori".
"Si applica la disciplina del lavoro subordinato - ha scritto la Cassazione - tutte le volte in cui la prestazione del collaboratore abbia carattere esclusivamente personale e sia svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente".
Torino aveva bocciato la loro causa in cui rivendicavano tutele e salario come lavoratori dipendenti. La Corte d'appello aveva poi accolto in parte il loro ricorso sostenendo l'esistanza di una terza tipologia di lavoratori, da considerare autonomi ma a cui vanno però riconosciuti il salario e le tutele dei lavoratori del comparto della logistica. Questa volta era stata l'azienda a ricorrere in Cassazione, dove i giudici hanno riconosciuto quello di chi consegna piatti pronti a domicilio un lavoro da considerare a tutti gli effetti dipendente.
"Vittoria. Ora che la giustizia si è espressa in modo definitivo, siano gli ispettorati del lavoro a fermare il cottimo, e la politica dia pieni diritti, dignità e sicurezza a questi lavoratori".
Nessun commento:
Posta un commento