Fuori le truppe imperialiste dal Medio Oriente!
Hormuz "strategico" per gli interessi della borghesia imperialista italiana.
Sul petrolio e gasdotti in Medio Oriente parlano di pace ma preparano la guerra. Così è già seppellita la Conferenza di Berlino
Intanto è operativa Naviris, la joint venture tra Fincantieri e la francese Naval, nuovo accordo europeo nel settore della difesa navale. Guerini:“un passo avanti per la difesa comune europea”
Luce verde per la missione europea nello Stretto di Hormuz. Si chiamerà Emasoh (European-led maritime surveillance mission in the Strait of Hormuz). Non sarà formalmente una missione dell’Ue, anche se di questo si tratta, ma una "coalizione di volenterosi" nata su iniziativa francese che coinvolge anche l'Italia e che ha visto l'adesione di altri sette Paesi e segue le richieste americane per un maggior impegno nell'area in funzione antiIran.
Gli altri paesi coinvolti sono Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Olanda e Portogallo.
Per l'ammiraglio Sanfelice di Monteforte, “è una missione che risponde ai nostri interessi nazionali” e, come si legge sulla nota del ministero degli Esteri di Parigi, avrà l’obiettivo di “assicurare un ambiente sicuro per la navigazione e di abbassare le tensioni esistenti nella regione”. Si punterà a rafforzare la sorveglianza nello Stretto di Hormuz, da cui passano annualmente un terzo del petrolio via mare e un quarto del gas naturale liquefatto distribuito a livello mondiale, attraverso il dispiegamento di “assetti marittimi addizionali”. Il quartier generale sarà dislocato negli Emirati Arabi, anche perché si prevedono “meccanismi di condivisione delle informazioni con tutti i partner che operano nell’area”. “La missione di volenterosi ha due scopi”, ha detto l’ammiraglio, “il primo è la somma degli interessi nazionali dei partecipanti, ognuno dei quali vuole garantire alle proprie
navi un traffico tranquillo in una zona che sta diventando sempre più calda, evitando di subire azioni aggressive come quelle che ci sono state nei mesi scorsi”. Il secondo “è di natura politica: ridurre la tensione tra i due contendenti, Iran e Stati Uniti, aumentando la presenza di terzi”. E l’Italia? “Il nostro Paese ha molto traffico in transito per lo Stretto di Hormuz; sono interessi da difendere".
La scorsa settimana, in audizione di fronte alle Commissioni Difesa di Camera e Senato, il ministro Lorenzo Guerini aveva espresso l’intenzione di incrementare la presenza italiana nello Stretto di Hormuz, “le cui acque rappresentano un interesse strategico per la nostra economia”. Tale ipotesi era stata preventivata anche nei dettagli forniti sulle linee programmatiche del suo dicastero. D’altra parte, dalla fine dello scorso giugno la crescente assertività iraniana nella zona ha portato gli Stati Uniti al tentativo di coinvolgere gli alleati su una missione di pattugliamento condiviso. Ha risposto solo il Regno Unito, aderendo all’operazione Sentinel. Nel frattempo, è stata la Francia a farsi promotrice di un impegno simile, con una pianificazione a cui la Difesa italiana, spiegava Guerini a novembre, “sta partecipando ai relativi incontri preparatori”. Già allora, aggiungeva il ministro, si guardava con “predisposizione favorevole l’iniziativa francese, che sembra quella più coerente con la posizione nazionale”.
Oltre a Hormuz, il ministro Guerini è per il sostegno ad un potenziamento della presenza imperialista nel Sahel, “dove si assiste a una recrudescenza del terrorismo di matrice confessionale” con “effetti interconnessi fortemente allo scenario libico”. Da Parigi si sono fatte sempre più pressanti le richieste di supporto in un’area grande quanto l’intera Europa, in cui attualmente sono dispiegati 4.500 militari francesi (operazione Barkhane) a fronte di una crescente instabilità tra terrorismo jihadista e traffici illeciti. “L’area è fondamentale” anche per l’Italia - ha chiarito Guerini- dissolvendo ogni dubbio sulla collaborazione con la Francia: “Immaginare di intervenire prescindendo da uno stretto coordinamento sarebbe fortemente temerario”.
Italia e Regno Unito hanno presentato una dichiarazione congiunta per condannare la chiusura dei pozzi petroliferi libici del sud-est, ordinata nei giorni scorsi dal generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, ma la Francia -che l'appoggia- l’ha bloccata in sede Ue. Sulla risoluzione c’era anche il consenso americano, arrivato dopo richiesta esplicita del governo di Tripoli, Gna. Si chiedeva di condannare il fatto che “la Noc (la compagnia statale del petrolio) sia stata obbligata a sospendere le operazioni in installazioni critiche in tutta la Libia” e “l’immediata riapertura degli impianti”. La chiusura dei pozzi ha portato le produzioni dagli 1,2milioni di barili ad appena 70mila giornalieri.
La Francia ha chiesto che venissero coinvolti nell’iniziativa Grecia e Cipro, due Paesi che non hanno ambasciate in Libia con cui la Francia intende allargare il quadro delle alleanze, assieme ad Egitto ed Israele, sul gasdotto EastMed – concatenato alla crisi libica, ancora di più da quando la Turchia s’è schierata, anche per questo, con Tripoli.
Uno dei due oleodotti chiusi dagli uomini di Haftar – mentre la Conferenza era in corso – porta il petrolio dalla regione meridionale del Fezzan verso gli impianti Eni di Mellitah (parte infatti dal campo El Feel, il più importante per l’azienda italiana).
L'obiettivo della Francia è quello di "sfruttare la situazione per destabilizzare la leadership della Noc e della Banca Centrale libica, in modo da poter entrare con maggiore influenza sui lavori miliardari previsti per aggiornare la rete petrolifera", spiega una fonte del Gna a Repubblica.
Intanto la Turchia ha annunciato l'invio di una nave per esplorazioni petrolifere al largo della Somalia.
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