giovedì 31 gennaio 2019

pc 31 gennaio - E' ancora una volta il petrolio a muovere il colpo di stato in Venezuela

Misión Verdad | misionverdad.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

26/01/2019

La missione di Juan Guaidó come "presidente ad interim del Venezuela" sotto il pretesto di ripristinare l'ordine democratico e combattere la crisi umanitaria, non tarda molto ad esprimere le vere ragioni che riconducono ad attori internazionali. E riguardo l'industria petrolifera, si scorge subito la premeditazione.
Secondo una nota pubblicata dalla agenzia di rating S&P Global Platts [vedi], tra i piani immediati del neo proclamato "governo transitorio" c'è il rinnovo del consiglio di amministrazione di Citgo Petroleum Corporation, filiale di PDVSA [la compagnia petrolifera statale, ndt] con una capacità operativa di 750 mila barili al giorno, pari al 4% del totale raffinato negli Stati Uniti.
Questo è in linea con l'intenzione di usare le risorse bloccate a livello internazionale al Venezuela a causa delle interessate accuse di corruzione, secondo una legge presentata con sfrontatezza all'Assemblea nazionale.
Con lo stesso spirito, il direttore del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Bolton,

ha dichiarato [vedi] che il suo paese ritiene che i fondi e i beni bloccati in Venezuela dovrebbero "essere amministrati da Juan Guaidó, dal presidente ad interim del paese".
Oltre a questo, S&P Global Platts aggiunge che Guaidó prevede la creazione di "una nuova legge nazionale sugli idrocarburi che stabilisca termini fiscali e contrattuali flessibili per progetti adattati ai prezzi del petrolio e al ciclo di investimento petrolifero".

Su questa linea, secondo fonti vicine a Guaidó, il "governo parallelo" progetta di creare una nuova agenzia di idrocarburi" per offrire cicli di appalti di progetti per il gas naturale e il greggio convenzionale, pesante ed extra-pesante" al fine di generare accordi vantaggiosi per le multinazionali dell'energia statunitensi.

È così che si vede la sostanza del "governo parallelo" di Guaidó (o governo di transizione); è chiaramente incentrato sul boicottaggio delle finanze dello Stato venezuelano per stabilire un nuovo regime di sfruttamento petrolifero, che concederà il greggio venezuelano alle corporazioni statunitensi che ora sono in competizione per questo.

Un esempio è il caso di ExxonMobil, che è stata espulsa durante il governo Hugo Chávez per non aver accettato il nuovo regime di sfruttamento degli idrocarburi riconosciuto nella Costituzione Bolivariana. Una volta esclusa, questa società fece pressioni sulla Guyana per sfruttare le risorse energetiche situate nell'Essequibo venezuelano, ora conteso dalla Guyana.

Secondo gli analisti di Wood Mackenzi [vedi], se questo accadesse e fosse in grado di estrarre quelle risorse, la ExxonMobil diverrebbe uno dei principali esportatori di petrolio in America Latina. Tale è la dimensione dei suoi interessi in Venezuela, come si è visto negli ultimi giorni quando Washington ha fatto pressione sul Gruppo di Lima affinché accogliesse il rifiuto al sequestro da parte dell'Armata nazionale bolivariana di una nave della corporation in acque venezuelane.

Questa stretta relazione con gli Stati Uniti ha l'obiettivo di poter regolare il mercato globale dell'energia, secondo la strategia 2018-2022 dell'Agenzia per lo sviluppo internazionale del Dipartimento di Stato. Ciò si traduce in politiche di intervento che modificano principalmente i mercati petroliferi, sottoponendo gli attori coinvolti a misure di pressione selettive come sanzioni energetiche, aggressioni finanziarie di vario tipo e tentativi di cambio di regime, come quello che oggi registra il Venezuela.

L'obiettivo è di mantenere gli Stati Uniti in una posizione privilegiata all'interno dell'economia globale, permettendo loro di regolare il mercato dell'energia per colpire le economie delle potenze rivali: Cina e Russia.

 Il Venezuela, alleato chiave di questi paesi, ha istituito una politica energetica basata sulla cooperazione congiunta, con il predominio della società petrolifera statale PDVSA sulle società private e statali straniere per quanto riguarda gli accordi per l'estrazione di risorse petroliere, mantenendo un controllo sovrano del territorio e delle sue fonti di energia.

Per questo diciamo che Guaidó parla per sé stesso, quando tra le prime misure del suo tentativo di usurpare le funzioni presidenziali, c'è quella di vendere in futuro le risorse petrolifere del Venezuela alle stesse società che, senza ingerenze, non vogliono negoziare a pari condizioni con lo Stato venezuelano.

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