Sabato
26 gennaio a Commercy si è svolta la prima “assemblea delle assemblee”
del movimento dei Gilets Jaunes. Questa prima tappa di confronto e di
coordinamento nazionale ha visto discutere circa 75 realtà territoriali
che hanno espresso una delegazione (un uomo ed una donna).
Chi
ha introdotto l’assemblea ha ricordato la natura “processuale” data a
questa esperienza, che è un vero e proprio laboratorio di educazione
politica, come ha detto un
GJ intervenuto: “la democrazia non è facile, bisogna impararla”.
GJ intervenuto: “la democrazia non è facile, bisogna impararla”.
La
sala che ha ospitato l’incontro era stipata, oltre i portavoce erano
presenti osservatori e operatori dell’informazione anche a livello
internazionale, che hanno potuto partecipare al meeting e filmare solo
nella prima delle tre fasi dell’incontro, a differenze degli organi
d’informazione dei GJ.
Questa
prima giornata, dopo l’accoglienza mattutina e il pranzo, ha visto
prendere voce realtà dei GJ di tutto l’Esagono, che hanno relazionato
sull’attività svolta facendo una breve storia delle mobilitazioni
locali, affrontando poi i punti previsti dall’ordine del giorno e che
saranno maggiormente sviscerati nei differenti gruppi tematici la
domenica.
Più interventi hanno stigmatizzato negativamente il “Grand Dèbat” proposto da Macron: “abbiamo deciso di fare un Grand Dèbat, ma di farlo nelle strade”, ha sottolineato un GJ durante un intervento.
Erano
presenti differenti realtà della regione parigina, che hanno dato uno
spaccato di come questo movimento si stia sviluppando all’interno della
realtà metropolitana – nella regione dell’Ile de France dove vive circa
un quarto dell’intera popolazione d’oltralpe – incentrata sui temi
specifici riguardando il corpo sociale urbano: la questione abitativa,
la situazione dei senza fissa dimora, la condizione migrante e tutte le
forme di vulnerabilità sociale che sono il “lato oscuro” della capitale e
della sua area circostante.
Le
realtà parigine sono diventate dei vettori per le mobilitazioni della
capitale, proponendo dei pre-concentramenti “periferici” in grado di
facilitare la confluenza nelle manifestazioni nel centro cittadino.
Interessante
è stato anche il contributo dei gruppi specifici, come delle donne
Gilets Jaunes di l’Ile de France e il gruppo d’insegnanti, il primo ha
posto l’attenzione sulla condizione specifica femminile (tra cui la
violenza di genere) – “siamo le prime ad essere colpite dall’austerity”,
ha giustamente affermato ribadendo le ragioni di coniugare
mobilitazioni specifiche a quelle più generali, come ribadito da altre
GJ nel corso dei loro interventi – e il secondo sulle riforme che questo
governo ha intrapreso e sulla condizione degli istituti scolastici più
periferici e delle zone rurali.
Un altro importante contributo è venuto dal gruppo di Rugis, una “piccola famiglia”
costituitasi attorno ai blocchi avvenuti a dicembre al più grande
deposito agro-alimentare europeo, su proposta dei VTC de France, che
recentemente hanno sostenuto gli operai di Geodis che lavorano in questo
importante polo logistico della periferia parigina.
Il
movimento nato con i presidi sulle rotatorie, ha visto queste
esperienze essere oggetto di sgombero e di distruzione delle rudimentali
costruzioni edificate, e spesso la rioccupazione dei terreni e la
riedificazione delle cabanes più volte nello stesso punto, o l’occupazione di terreni limitrofi concessi dai proprietari.
È
emersa da più parti sia la necessità di non abbandonare questo
retroterra organizzativo – le rond-points – così come di trovare altri
luoghi più stabili che siano punti di riferimento.
Saint-Nazaire
ha descritto e proposto la costituzione di “maison du peuple” (case del
popolo), avendo occupato un edificio sfitto con questa funzione.
Il
ritmo della mobilitazione è stato scandito dai vari atti i sabati
successivi al 17 novembre, così come le azioni locali: operazioni
pedaggi e parking gratuiti, blocchi di realtà economiche, ecc.
Quasi
tutte realtà hanno riportato di assemblee generali locali che si
svolgono settimanalmente, la strutturazione in vari gruppi di lavoro, e il contatto con le realtà lavorative locali.
Il
tema dello sciopero generale, proclamato dalla CGT del 5 febbraio, e
della sua adesione da parte del movimento dei GJ è stato al centro di
numerosi interventi, così come la necessità di dare una risposta alla
repressione che colpisce il movimento, tra cui la legge “anti-casseurs”
che sarà in discussione le prossime settimane.
Emerge
con forza lo sforzo comunicativo intrapreso dalle varie realtà, con
volantinaggi costanti nei mercati, negli ospedali, alle fermate della
metro nelle realtà cittadine, e la raccolta nei cahier de dolèance delle
richieste della popolazione in una sorta di inchiesta di massa in grado
di mappare i bisogni popolari e contrastare le deformazioni mediatiche
proposte al grande pubblico.
Il
governo si è dimostrato sordo alle richieste dei GJ a cui ha “concesso”
solo delle briciole (“miettes”), ma come dichiara un intervento con un
felice slogan che ha caratterizzato le mobilitazioni: “non vogliamo le briciole, ma tutto il panificio!”, ribadendo la volontà di una messa in discussione organica.
Oltre
alle richieste “sociali” emerge una volontà di maggiore capacità
decisionale di cui la rivendicazione del RIC (referendum di iniziativa
cittadina) è ripresa in più interventi.
Realtà
metropolitane come quella parigina, si sono alternati a quelli di
realtà della “Francia profonda” con qualche migliaio d’abitante – spesso
abbandonata a sé stessa – così come di città importanti: Bordeaux,
Strasburgo, Rennes, Montpellier, Digione, ….
In
generale è emerso la volontà di coordinarsi all’interno della propria
regione, un obiettivo che è venuto fuori da diversi interventi e che si
sta concretizzando in differenti dipartimenti anche grazie allo scambio
avviato e della pratica delle “mobilitazioni a rotazione” di sabato in
cui a turni i gilets jaunes di una intera regione convergono su un
centro cittadino ogni volta diverso.
In
generale il dato della partecipazione massiccia anche nelle realtà più
piccole è stato messo in evidenza, numeri importanti che si sono
consolidati anche negli ultimi atti e che di fatto sbugiardano le cifre
fornite dal governo.
Allo
stesso tempo le realtà che vivono un territorio di confine hanno messo
in evidenza la convergenza e lo scambio con le realtà GJ fuori della
Francia.
La discussione dopo una panoramica di tutte le situazioni che hanno espresso dei delegati ha affrontato il primo punto.
L’AG
di Commercy ha recensito e sinterizzato le varie rivendicazioni giunte
prime dell’appuntamento, richieste alle varie realtà territoriali
compiendo un censimento che a detta di tutti è una ottima base di lavoro
da ripresentare – dopo l’elaborazione dei vari gruppi di lavoro – alle
varie assemblee locali per poi essere rielaborato in un appuntamento
successivo.
Sono
emerse chiaramente due esigenze che hanno trovato una conciliazione
sostenuta con due votazioni dei delegati (entrambe senza alcun voto
contrario) sull’elaborazione di un nuovo appello finale che inviti alla
partecipazione diretta e che sintetizzi i temi consensuali emersi nelle
rivendicazioni recensite.
Da
un lato la necessità di mantenere un processo decisionale il più
possibile orizzontale e partecipato, l’altro bisogno è quello di essere
in grado di comunicare il prodotto dell’incontro che sia il più
possibile comprensibile e che ponga con forza alcuni aspetti principali
che “impone” la fase che va aprendosi: la condanna della repressione e
l’opposizione alla legge “anti-casseurs” che verrà discussa dalla
prossima settimana, l’adesione allo sciopero generale del 5 febbraio, il
contrasto alle riforme dell’istruzione.
In
generale la discussione ha registrato una certa difficoltà dettata
probabilmente dalla necessità di coniugare delle forme di democrazia
diretta che non scavalchino le realtà locali e non by-passino la
necessità di ulteriore sviluppo del confronto sia con coloro che già
partecipano alle mobilitazione sia con una cerchia più ampia, che
presuppone tempi più lunghi, e una necessità di intervenire
tempestivamente in una situazione in cui la repressione governativa non
da tregua: “non abbiamo tempo, non abbiamo tempo” ha ribadito un intervento.
In
effetti la necessità di costruire una alternativa organizzativa alle
mobilitazioni “dirette” dalle figure più in vista e mediatizzate senza
che queste vengano effettivamente discusse, così come al tentativo di
recupero politico attraverso auto-proclamate liste elettorali GJ (tra
l’altro funzionali a LREM), necessità di un processo di
auto-apprendimento che non può bruciare le tappe di un metodo il più
possibile ispirato ai principi della democrazia diretta, della presa di
decisioni consensuali e della partecipazione il più possibile ampia e
capillare al processo complessivo, tenuto conto del generale clima di
sfiducia e di delegittimazione del quadro politico.
Da
Commercy non traspare alcun segnale di riflusso ed emerge la volontà di
dare strumenti organizzativi adeguati ad un movimento che è un
gigantesco processo di politicizzazione di massa che tutti i
partecipanti ribadiscono voler essere antirazzista, anti-sessista e
solidale: un immagine del futuro…
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