Egitto-Italia: la famiglia Regeni ha in mano i nomi di 20 responsabili, “chi sa si faccia avanti ora”
Roma, 05 dic 20:02 - (Agenzia Nova) -
L’iscrizione nel registro degli indagati di cinque funzionari della
Sicurezza nazionale egiziana, annunciata dalla Procura di Roma, è “un
passo importante” ma non sufficiente per la famiglia di Giulio Regeni,
il ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto nel gennaio del
2016: dalle carte emergono i nomi di 20 tra generali e colonnelli
coinvolti nel caso, e almeno 40 persone dovevano essere a conoscenza dei
fatti. Ufficiali e funzionari che oggi “devono avere paura”, perché “la
prossima volta che salgono su un aereo potrebbero essere arrestati”:
per loro sarebbe meglio “parlare per primi invece che per ultimi”. E la
cerchia di “chi sapeva” si estende “molto probabilmente fino al
presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi”. Parlando ai giornalisti alla
Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) a Roma, la famiglia
Regeni insiste per arrivare a una verità che “non è solo per Giulio”, ma
per tutti quelli che hanno vissuto e vivono storie simili.
“Le nostre indagini, condotte con le unghie e con i denti, ci portano ad almeno 20 nomi. Quasi tutti della Sicurezza nazionale, principalmente generali e colonnelli”, ha dichiarato il legale della famiglia, Alessandra Ballerini. Alla conferenza stampa sono presenti anche i genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni, oltre che il consulente egiziano Ahmed Abdallah, attivista della Commissione per i
diritti e le libertà, definito dalla famiglia "un eroe". “Abbiamo nomi e cognomi - ha proseguito l’avvocato - ma anche numeri di telefono. Vorremmo che fossero loro a non sentirsi sicuri, per una volta. Vorremmo che sapessero che il tempo non ci ha fatto dimenticare, ci ha reso anzi più numerosi, più arrabbiati e più forti”. Il legale ha quindi proceduto a una ricostruzione degli eventi che portano
all’uccisione di Giulio Regeni, a partire dalla figura di Mohamed Abdallah, il rappresentante del sindacato degli ambulanti che tradisce il giovane ricercatore italiano. “Giulio arriva ad Abdallah per canali istituzionali. Non è uno sprovveduto, sul suo diario annota: ‘Miseria umana’”.
Regeni non può sapere che Abdallah è un informatore dei servizi e che lo denuncerà a un colonnello di nome Ather Kamal. Quest’ultimo, insieme ad altri tre ufficiali identificati come Sabir Tarek, Usham Helmy e Magdi Sharif (i quattro, secondo alcune fonti, sarebbero tutti indagati dalla Procura di Roma), si occupa di mettere una cimice addosso ad Abdallah, chiedendo al sindacalista di provocare Giulio e intercettarlo mentre parla. Interrogati successivamente, gli ufficiali danno versioni dei fatti contraddittorie. Tali fatti, secondo l’avvocato Ballerini, mostrano come l’allora ministro dell’Interno egiziano Magdy Abdel Ghaffar abbia mentito affermando che Regeni “non è mai stato attenzionato” dalle autorità egiziane.
Vi è poi, secondo la ricostruzione della famiglia Regeni, un altro gruppo di ufficiali, tutti del dipartimento della Sicurezza nazionale, che si occupa del depistaggio “più sanguinoso”, ovvero dell’uccisione nel marzo del 2016 di cinque criminali comuni successivamente accusati di essere i sequestratori del giovane italiano. “L’operazione viene fatta da cialtroni, perché il tutto accade davanti a molti testimoni”, osserva la Ballerini. “Il colonnello Helmy si premura di correre a casa di uno dei cinque ed estrarre dalla sua tasca i documenti di Giulio, affermando di averli trovati lì. E’ chiaro che se questa persona ha in mano il documento, è in qualche modo coinvolta”. Un altro nome fatto dal legale della famiglia Regeni è quello di “Najem Mahmoud, un agente in diretto contatto con il coinquilino di Giulio”. Tra i due vi sono continui contatti nei giorni della scomparsa del ricercatore italiano e anche dopo il ritrovamento del corpo.
Ma a mentire in questa storia sono tante altre persone. Secondo l’avvocato, mente anche il medico legale che effettua per primo l’autopsia sul corpo di Regeni e indica in un ematoma cerebrale la causa della morte, circostanza funzionale alla versione secondo cui l’italiano sarebbe morto in un incidente stradale. “Giulio viene torturato per otto-nove giorni e notti”, ricorda la Ballerini. Che prosegue: “Mentono anche una serie di personaggi che ruotano intorno alla vicenda, come coloro che trovano il corpo o come una persona che s’inventa di aver visto Giulio in una rissa con una maglia rosa”. Allo stesso modo, “il medico legale è più attento a capire se Giulio aveva avuto rapporti omosessuali piuttosto che a scoprire come era morto”. Un altro nome importante è quello del generale Tareq Sabir, che dopo il clamore provocato dalla notizia della morte di Regeni fa sapere di aver ricevuto una nota dal maggiore Sharif Mahdi secondo la quale “la presenza di Giulio Regeni in Egitto non rappresenta un pericolo per la sicurezza nazionale”.
L’avvocato della famiglia Regeni ha osservato come la notizia dell’iscrizione di cinque funzionari della Sicurezza nazionale egiziana nel registro degli indagati sia stata accolta nel silenzio in Egitto. “I media non hanno riportato la notizia per 48 ore, un sito è stato costretto a toglierla”, ha spiegato Ballerini, la quale ha elogiato l’importanza della presa di posizione del presidente della Camera Roberto Fico, il quale ha annunciato la scorsa settimana la rottura dei rapporti diplomatici tra i parlamenti dei due paesi. Le indagini, ora, devono andare avanti. “Abbiamo 20 nomi, ma crediamo che le persone coinvolte siano molte di più. Anche 40. Si tratta di quelle necessarie a seguire Giulio per tanti mesi, a prenderlo, a fargli tutto quello che gli hanno fatto, a farlo ritrovare. Queste persone devono avere paura, ma devono essere anche abbastanza avvedute da sapere che devono parlare per primi e non per ultimi”.
Anche perché, secondo la famiglia Regeni, potrebbero esistere video delle torture a Giulio Regeni. “Abbiamo capito che (gli agenti egiziani) quando torturano si filmano, lo fanno anche per loro garanzia”. Queste stesse persone, ha proseguito la Ballerini, “pregano subito dopo o prima di torturare qualcuno”. “Ho chiesto a un amico imam qual è il precetto fondamentale per risvegliare le coscienze di queste persone. La risposta è stata: ’Sii dunque retto come ti è stato ordinato. (…) Non prevaricare, perché Egli osserva quello che fai. (…) Non avrai alcun alleato contro Allah, e non sarai soccorso’”. (Gmr)
“Le nostre indagini, condotte con le unghie e con i denti, ci portano ad almeno 20 nomi. Quasi tutti della Sicurezza nazionale, principalmente generali e colonnelli”, ha dichiarato il legale della famiglia, Alessandra Ballerini. Alla conferenza stampa sono presenti anche i genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni, oltre che il consulente egiziano Ahmed Abdallah, attivista della Commissione per i
diritti e le libertà, definito dalla famiglia "un eroe". “Abbiamo nomi e cognomi - ha proseguito l’avvocato - ma anche numeri di telefono. Vorremmo che fossero loro a non sentirsi sicuri, per una volta. Vorremmo che sapessero che il tempo non ci ha fatto dimenticare, ci ha reso anzi più numerosi, più arrabbiati e più forti”. Il legale ha quindi proceduto a una ricostruzione degli eventi che portano
all’uccisione di Giulio Regeni, a partire dalla figura di Mohamed Abdallah, il rappresentante del sindacato degli ambulanti che tradisce il giovane ricercatore italiano. “Giulio arriva ad Abdallah per canali istituzionali. Non è uno sprovveduto, sul suo diario annota: ‘Miseria umana’”.
Regeni non può sapere che Abdallah è un informatore dei servizi e che lo denuncerà a un colonnello di nome Ather Kamal. Quest’ultimo, insieme ad altri tre ufficiali identificati come Sabir Tarek, Usham Helmy e Magdi Sharif (i quattro, secondo alcune fonti, sarebbero tutti indagati dalla Procura di Roma), si occupa di mettere una cimice addosso ad Abdallah, chiedendo al sindacalista di provocare Giulio e intercettarlo mentre parla. Interrogati successivamente, gli ufficiali danno versioni dei fatti contraddittorie. Tali fatti, secondo l’avvocato Ballerini, mostrano come l’allora ministro dell’Interno egiziano Magdy Abdel Ghaffar abbia mentito affermando che Regeni “non è mai stato attenzionato” dalle autorità egiziane.
Vi è poi, secondo la ricostruzione della famiglia Regeni, un altro gruppo di ufficiali, tutti del dipartimento della Sicurezza nazionale, che si occupa del depistaggio “più sanguinoso”, ovvero dell’uccisione nel marzo del 2016 di cinque criminali comuni successivamente accusati di essere i sequestratori del giovane italiano. “L’operazione viene fatta da cialtroni, perché il tutto accade davanti a molti testimoni”, osserva la Ballerini. “Il colonnello Helmy si premura di correre a casa di uno dei cinque ed estrarre dalla sua tasca i documenti di Giulio, affermando di averli trovati lì. E’ chiaro che se questa persona ha in mano il documento, è in qualche modo coinvolta”. Un altro nome fatto dal legale della famiglia Regeni è quello di “Najem Mahmoud, un agente in diretto contatto con il coinquilino di Giulio”. Tra i due vi sono continui contatti nei giorni della scomparsa del ricercatore italiano e anche dopo il ritrovamento del corpo.
Ma a mentire in questa storia sono tante altre persone. Secondo l’avvocato, mente anche il medico legale che effettua per primo l’autopsia sul corpo di Regeni e indica in un ematoma cerebrale la causa della morte, circostanza funzionale alla versione secondo cui l’italiano sarebbe morto in un incidente stradale. “Giulio viene torturato per otto-nove giorni e notti”, ricorda la Ballerini. Che prosegue: “Mentono anche una serie di personaggi che ruotano intorno alla vicenda, come coloro che trovano il corpo o come una persona che s’inventa di aver visto Giulio in una rissa con una maglia rosa”. Allo stesso modo, “il medico legale è più attento a capire se Giulio aveva avuto rapporti omosessuali piuttosto che a scoprire come era morto”. Un altro nome importante è quello del generale Tareq Sabir, che dopo il clamore provocato dalla notizia della morte di Regeni fa sapere di aver ricevuto una nota dal maggiore Sharif Mahdi secondo la quale “la presenza di Giulio Regeni in Egitto non rappresenta un pericolo per la sicurezza nazionale”.
L’avvocato della famiglia Regeni ha osservato come la notizia dell’iscrizione di cinque funzionari della Sicurezza nazionale egiziana nel registro degli indagati sia stata accolta nel silenzio in Egitto. “I media non hanno riportato la notizia per 48 ore, un sito è stato costretto a toglierla”, ha spiegato Ballerini, la quale ha elogiato l’importanza della presa di posizione del presidente della Camera Roberto Fico, il quale ha annunciato la scorsa settimana la rottura dei rapporti diplomatici tra i parlamenti dei due paesi. Le indagini, ora, devono andare avanti. “Abbiamo 20 nomi, ma crediamo che le persone coinvolte siano molte di più. Anche 40. Si tratta di quelle necessarie a seguire Giulio per tanti mesi, a prenderlo, a fargli tutto quello che gli hanno fatto, a farlo ritrovare. Queste persone devono avere paura, ma devono essere anche abbastanza avvedute da sapere che devono parlare per primi e non per ultimi”.
Anche perché, secondo la famiglia Regeni, potrebbero esistere video delle torture a Giulio Regeni. “Abbiamo capito che (gli agenti egiziani) quando torturano si filmano, lo fanno anche per loro garanzia”. Queste stesse persone, ha proseguito la Ballerini, “pregano subito dopo o prima di torturare qualcuno”. “Ho chiesto a un amico imam qual è il precetto fondamentale per risvegliare le coscienze di queste persone. La risposta è stata: ’Sii dunque retto come ti è stato ordinato. (…) Non prevaricare, perché Egli osserva quello che fai. (…) Non avrai alcun alleato contro Allah, e non sarai soccorso’”. (Gmr)
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