mercoledì 5 dicembre 2018

pc 5 dicembre - Imperialismo assassino: "sono rimasti 12 giorni in mare senza bere né mangiare" davanti alle coste libiche

Continua la strage di migranti in mare. L'imperialismo italiano è in prima fila nei respingimenti: servirà a rafforzare sia questi e sia gli accordi commerciali (ENI in testa) l'incontro di domani tra il governo Conte e il generale Haftar

Migranti. 15 alla deriva, morti di fame e freddo. «Abbiamo gettato i corpi in mare»
Avvenire martedì 4 dicembre 2018



Sopravvissuti in 10, trovati al largo della Libia. E altre tre persone sono morte di stenti in Turchia, al confine con la Grecia

Altri quindici migranti morti in mare al largo della Libia. Ma stavolta non sono annegati come migliaia di altri; non sono morti dopo qualche minuto di concitata disperazione nell'oscurità dell'acqua: questa volta si sono spenti un poco alla volta, dopo giorni di sofferenza inflitta dalla fame e soprattutto dalla sete, in una lentissima agonia protrattasi in mezzo al mare per quasi due settimane, senza protezione, in preda al sole e alle intemperie. Per tredici di loro la tomba è il mare, dove sono stati gettati, quando sono morti, dai compagni di viaggio ancora in vita.
È l'ultima tragedia della migrazione e del traffico di esseri umani che è emersa attraverso racconti dei
sopravvissuti filtrati da un portavoce delle Forze di sicurezza di Misurata e da una fonte di polizia della città portuale libica. Il barcone di legno con 25 migranti migranti di diverse nazionalità africane era salpato da Sabrata, un noto punto di partenza per il traffico di esseri umani, circa 70 chilometri in linea d'aria a ovest di Tripoli. Non è chiaro perché, ma il motore è andato in avaria e l'imbarcazione è andata alla deriva per 11 o 12 giorni, trascinata dalle correnti fino al largo di Misurata, 250 km più a est.
Ed è stato in questo lasso di tempo che si è consumato lo stillicidio: "Sono rimasti 11 o 12 giorni in mare (...) senza bere né mangiare", ha riferito la fonte della polizia di Misurata in una laconica sintesi che lascia solo immaginare l'incubo della sete che cresce, dei vani tentativi di bere l'acqua salata del mare, che, invece di dissetare, accelera la disidratazione. E poi la disperazione, l'annichilimento, il lento spegnersi fra i tormenti.
"Quando uno moriva, gli altri lo gettavano in mare", ha detto ancora la fonte riferendo le testimonianze dei 10 sopravvissuti, tra cui due egiziani e due donne etiopi, che hanno dovuto sbarazzarsi di 13 cadaveri. Per due stavano aspettando di farlo quando sono stati salvati. La fonte fissa in 15 il numero di morti, mentre il portavoce delle Forze di sicurezza di Misurata, il colonnello Hisham Aldwaini, ha indicato al cifra di 14.

Tre morti di freddo al confine turco con la Grecia
Sul confine tra Grecia e Turchia si è consumata un’altra tragedia. Ieri, tre migranti sono stati ritrovati senza vita in altrettanti villaggi della provincia nordoccidentale turca di Edirne. Secondo quanto riporta l’agenzia Anadolu, i tre sarebbero morti assiderati. Uno di loro, un cittadino afghano ritrovato nel villaggio turco di Serem, avrebbe perso la vita dopo essere stato rimandato indietro dagli agenti di frontiera greci.

Jamalvddin Malangi, un migrante afghano di 29 anni fermato dalla polizia turca, ha raccontato di essere stato assieme al suo connazionale quando sono arrivati in Grecia attraversando il fiume Evros, confine naturale tra i due Paesi.  “Avevamo bisogno di aiuto – ha affermato Malangi – e ci siamo messi a bussare alle porte di un villaggio greco vicino alla foresta. Ma qualcuno deve aver chiamato la polizia. Quando sono arrivati gli agenti ci hanno catturato. Prima ci hanno condotto alla stazione di polizia e poi ci hanno riportati vicino al fiume dove ad aspettarci c’erano due barche con le quali siamo stati rimandati indietro”. Se il suo racconto dovesse essere confermato si tratterebbe di una violazione dei diritti dei migranti, che non possono essere respinti in questo modo anche se privi di regolari documenti. Non sarebbe comunque la prima volta che accade, come da tempo denunciano diverse Ong, anche se Atene ha sempre negato le accuse.
Ancora non è chiaro se anche le altre due persone trovate senza vita appartenessero allo stesso gruppo che ha cercato di arrivare in Grecia assieme a Malangi. I loro corpi sono stati inviati all'istituto di medicina legale di Istanbul dove verranno effettuate le autopsie. La frontiera tra Turchia e Grecia è da tempo al centro di una delle maggiori rotte migratorie verso l'Europa. Secondo le autorità greche, nel 2018 sono oltre 14.000 i migranti entrati nel Paese attraverso il confine turco.

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