testO di Giorgio Morale, con una canzone di Dario Fo, Antonio Infantino, Enzo Del Re (da la bottega del Barbieri)
«Su quella statale centoquindici, su quel terreno della Chiusa di Carlo, all’improvviso sparò e sparò la polizia contro i lavoratori scioperanti per il rispetto dei contratti, contro l’ingaggio di mano d’opera in piazza, la prepotenza dei padroni e caporali. Saltarono i muretti, corsero per la campagna dell’inverno, sotto i rami spogli, caddero morti a terra Scibilia e Sigona, caddero i feriti».
Avola 2 dicembre 1968
di Giorgio Morale
Da giorni ci domandavamo: “Si sciopera o no?”.
Il 2 il dilemma fu sciolto dai braccianti. Accolti da grandi applausi, fecero uscire tutti (e noi, fra spintoni e urla, fummo velocissimi). Ricordo ancora come fu tirata giù la saracinesca. Uno schianto: la scuola chiusa. Come negozi e uffici. Chissà per quanto. Senonché si sentirono invocazioni d’aiuto: il bidello era rimasto dentro. La scuola fu riaperta per farlo uscire.
Orazio propose di andare al blocco sulla statale per vedere gli scioperanti. Andammo, per
curiosità. Felici di occupare la strada nella sua larghezza e di celebrare ore di inaspettata libertà chiedendo sigarette a destra e a manca.
Man mano che ci avvicinavamo al blocco la folla s’infittiva, i discorsi si facevano più accesi. Circolava l’energia che si crea quando s’incontrano tante persone, tante volontà, tanti gesti. Alcuni scioperanti erano seduti in circolo, per terra; altri erano intenti a spiegare agli automobilisti le loro ragioni. Ai lati della strada, di qua e di là dei muri di sassi, languivano i resti di fuochi notturni. Il cielo era limpido, come a benedire la vacanza, ma l’aria fredda, come a sottolineare i disagi. Le facce stanche, le barbe lunghe. Io ero colpito della padronanza con cui i braccianti tenevano la strada. Tutto si svolgeva come obbedendo a un ordine naturale: questo era possibile, dunque, per difendere un diritto.
Giovani conosciuti in paese come comunisti sembravano nel loro elemento: parlavano con cognizione, formavano crocchi. Si muovevano nella ressa secondo necessità solo a loro evidenti. Si riconoscevano dall’aspetto: larghi maglioni, lunghe sciarpe, lo sguardo e la parola pronti per tutti. Il sindaco e le autorità parlamentavano, evidenziati da un vuoto attorno.
La polizia arrivò mezz’ora dopo che io e Orazio eravamo andati via. Fra gli ulivi si scatenò la battaglia. Il vento spinse i lacrimogeni contro gli stessi poliziotti, che persero la testa: si videro circondati da mille braccianti e aprirono il fuoco.
La notizia volò di bocca in bocca. Nel pomeriggio io e Orazio, increduli che tanto fosse successo dove noi eravamo stati, ci recammo alla sede del partito comunista. Ma non fu possibile entrare. Il dolore e la rabbia formavano un muro spesso di gente fin sulla porta. Sulla strada erano rimaste pallottole e pietre. Si erano contati due morti e due chili di piombo.
L’indomani gli agrari, che da giorni disertavano le riunioni, si presentarono alla firma del contratto. Il giorno dei funerali tutta Avola si vestì a lutto. Il corteo si svolse il 4, sotto la pioggia, fra una selva di ombrelli neri.
Io pensavo ai miei nella terra di nessuno dell’emigrazione, a tante case che si svuotavano per addii sommessi, al via vai nella strada Nord Sud, agli sguardi obliqui di chi restava, che percorrevano tutti i marciapiedi, fermi sulla soglia della disoccupazione.
Pensavo alla tessera della Dc di mio padre, riposta nel cassetto delle cose che non si usano, ma non si buttano.
“Se no, quando tu eri piccolo, non lo facevano lavorare” mi aveva spiegato mia madre.
Ricordai una sera che mio padre tardava più del solito: era stato pagato per affiggere manifesti della DC.
“Se lo incontrano i carabinieri, lo arrestano” diceva mia madre nell’attesa. “Se lo incontrano quelli di un altro partito, lo picchiano”.
Mio padre arrivò che io già dormivo: fui svegliato dalla sua voce. Mio padre raccontò che i manifesti erano tanti: i più li aveva portati a casa. Finirono nascosti nell’ultimo cassetto dell’armadio. Per tanto tempo avevo pensato ad essi con un senso di colpa. Ne guarii quel 2 dicembre.
“Tutta propaganda in meno per la DC” pensai con soddisfazione.
Avola… Avola…
Saranno stati cento, duecento, quattrocento o forse mille
Avola provincia di Siracusa
Giù, roba di terronia, braccianti cantano: «Forza compagni andiamo avanti rivoluzione trionferà».
Lungo le strade fermano camion hanno rovesciato due macchine.
Gente: basta, così non si può più andare avanti, ci strozzano
Carabinieri, poliziotti, mitra, elmetto
Buoni ragazzi, cerchiamo di ragionare Tornate a casa, sgomberate
Uno tira un candelotto fumogeno, uno della polizia calcolato male il vento un gran nuvolone di fumo va in faccia alla polizia
Tosse tosse
Ci vengono addosso
Li prende la follia
Per terra tre chili di bossoli di proiettili uno, due inchiodati per terra
arrivano le donne piangendo
arriva telegramma del ministro:
«Sentite condoglianze, spiaciuto disgrazia, stop»
Arrivano lire 500.000 a testa, 10.000 a chilo, più che il filetto
I lavoratori scioperano in tutta Italia
I sindacati hanno deciso per venti minuti di sciopero senza uscire dalla fabbrica Grazie compagni per il gesto di solidarietà Grazie…
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