«Io
accetto un film o non lo accetto in funzione della mia concezione del
cinema. E non si tratta qui di dare una definizione del cinema
politico, cui non credo, perché ogni film, ogni spettacolo, è
generalmente politico. Il cinema apolitico è un’invenzione dei
cattivi giornalisti. Io cerco di fare film che dicano qualcosa sui
meccanismi di una società come la nostra, che rispondano a una certa
ricerca di un brandello di verità. Per me c’è la necessità di
intendere il cinema come un mezzo di comunicazione di massa, così
come il teatro, la televisione. Essere un attore è una questione di
scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si
esprimono le strutture conservatrici della società e ci si
accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si
rivolge verso le componenti progressive di questa società per
tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la
vita».
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