“Qui i poliziotti vogliono ammazzare tutta l’Africa” Cronaca di pestaggi ordinari dalle tendopoli di San Ferdinando (RC).
Le violenze delle forze dell’ordine non sono certo una novità, nelle campagne di questo paese come altrove. Soprattutto se gli agenti pensano di poter agire nell’impunità più completa, perché chi viene minacciato e pestato è migrante, nero, abita in un ghetto e viene sfruttato nei campi. I riflettori sulle condizioni di vita nella Piana di Gioia Tauro, così come in Capitanata e in decine di altri luoghi simili, a Sud come a Nord, si accendono un paio di volte all’anno, per fare un bel servizio sullamiseria, dove associazioni e sindacati gridano la propria indignazione umanitaria. Magari reclamando lo sgombero delle baraccopoli ed erigendosi a rappresentanti degli oppressi, salvo poi lamentarsi quando non si è più invitati ai tavoli con le istituzioni.
Per il resto silenzio. Silenzio sulle lotte delle persone che abitano questi posti, che da anni combattono per avere documenti, case, trasporti. Silenzio sulla loro resistenza quotidiana, davanti al padrone che decide di non pagarli, davanti al poliziotto che gioca al cow boy, davanti alle retate e agli abusi di polizia e carabinieri. Lo diciamo da tempo: le forze dell’ordine pensano di poter fare quello che vogliono con chi vive nei ghetti.
Alcune settimane fa avevamo pubblicato un video sull’arresto di un abitante del ghetto di Borgo Mezzanone che mostrava bene il disprezzo, l’umiliazione e il razzismo viscerale dei difensori dello Stato. Ma questo episodio non è certo un’eccezione, questa pratiche non sono affatto l’opera di «mele marce» come si sente dire. Sono la normalità. Servono a terrorizzare, a «rimettere al proprio posto» chi alza la testa. Fanno parte del razzismo di Stato di questo paese, come le sue politiche migratorie, le sue frontiere, i suoi centri di accoglienza e di espulsione. Salvini non ha inventato granché…
Anche nella tendopoli di San Ferdinando è così. Basti pensare all’omicidio di Sekine Traore nel 2016, per mano di un carabiniere. Così come alle minacce e violenze continue che da mesi colpiscono chi protesa per la totale assenza di elettricità, perché viene negato l’accesso alla residenza, per il business dei sindacati sulle pratiche della disoccupazione agricola o per le proteste dopo le devastanti inondazioni che hanno travolto tende e baracche.
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