La Cina vende droni pure agli Stati del Medio Oriente
Gli Usa spendono 600 MILIARDI DI DOLLARI...
L'Unione Europea vende armi al mondo intero e vuole formare anche un proprio esercito
L'imperialismo italiano è tra i primi produttori ed esportatori di armi nel mondo...
Oltre agli Stati Uniti che spendono 600 MILIARDI di dollari l'anno per mantenere l'apparato militare che cerca di controllare tutto il mondo, anche tanti altri paesi imperialisti, o legati all'imperialismo, si armano per le guerre in corso e future.
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"Le nuove armi russe faranno riflettere chi è abituato a una
retorica aggressiva e militarista.
Garantiscono in modo affidabile e senza condizioni la
sicurezza della Russia per i prossimi decenni, rafforzando l’equilibrio delle
forze e quindi la stabilità nel mondo."
Così ha detto Putin durante un incontro al ministero della Difesa - La Repubblica 19 dicembre
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La Cina sta armando alcuni
Stati del Medio Oriente con droni killer
La teoria dice che i droni sarebbero un'arma efficace
per colpire obiettivi precisi. La pratica non è così asettica e
– soprattutto – la definizione di “terrorismo” è, in alcuni Paesi,
quantomeno labile
19 dicembre 2018,07:35
I droni armati stanno “proliferando” nei Paesi del
Medio Oriente. Spesso è la Cina ad armarli, come nei casi di Giordania, Iraq,
Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Altre vole (in Israele, Iran e Turchia) la
produzione è fatta in casa. Non si tratta solo di un rinnovo degli armamenti: i droni sono in grado di cambiare le modalità d'attacco, di incoraggiarle. E a rimetterci sarebbe solo chi è in basso, a ricevere le bombe. Lo afferma un rapporto del Royal United Services Institute (Rusi).
produzione è fatta in casa. Non si tratta solo di un rinnovo degli armamenti: i droni sono in grado di cambiare le modalità d'attacco, di incoraggiarle. E a rimetterci sarebbe solo chi è in basso, a ricevere le bombe. Lo afferma un rapporto del Royal United Services Institute (Rusi).
La Cina arma il Medio
Oriente
Se non si ha la possibilità di produrre droni evoluti
in autonomia, ci si rivolge alla Cina. Per almeno due motivi: la tecnologia
disponibile è molto simile a quella offerta dagli Stati Uniti, ma a un prezzo
inferiore e (soprattutto) con restrizioni minori. Pechino non aderisce al
“Missile Technology Control Regime”, un accordo che impegna i Paesi firmatari
(a oggi sono 35) a prevenire l'utilizzo di missili e armi autonome. La Cina non
vende a chiunque, ma si tiene le mani più libere. Lo status dei droni è ancora
poco definito e lascia ampi margini di manovra alle imprese produttrici
L'acquirente deve essere uno Stato sovrano, con
priorità riservata a quelli che conducono azioni per combattere il terrorismo.
La teoria dice che i droni sarebbero un'arma efficace per colpire obiettivi
precisi. La pratica non è così asettica e – sopratutto – la definizione di
“terrorismo” è, in alcuni Paesi, quantomeno labile.
Come cambiano gli
attacchi militari
Il rapporto del Rusi indica un “aumento massiccio
delle vendite di droni in Medio Oriente”. Con diversi effetti sul campo. Alcuni
Stati, come la Giordania e l'Arabia Saudita, posseggono forze armate e jet
evoluti. Per loro il drone è soprattutto “una questione di prestigio” più che
“una minaccia concreta”.
Almeno fino a quando i velivoli autonomi non saranno
molto più numerosi di adesso. Altrove (come Iran, Turchia e gli Emirati Arabi)
il discorso cambia: i droni stanno già trasformando le modalità d'attacco,
spingendo a cambiare la propria strategia e provare l'offensiva in scenari dove
il timore di perdite umane avrebbero sconsigliato missioni aeree convenzionali.
In altre parole: se a bordo non ci sono piloti, si azzarda di più.
Le nuove regole di Trump
La geopolitica dei droni non è fatta solo di ali e
bombe. Vendere droni vuol dire fornire anche sistemi di monitoraggio e
controllo. Sono temi assai sensibili, ancor di più quando si parla di Cina.
Anche perché droni e sistemi asiatici finiscono non solo nelle basi di Paesi
off-limits per le società statunitensi ma anche sulle piste di alleati come
Emirati Arabi e Giordania.
Da qui è nata la spinta che ha portato la Casa Bianca
ad allentare le restrizioni per la vendita di droni killer. Lo scorso aprile
Trump ha allargato le maglie sulle esportazioni, ma secondo il Rusi gli effetti
di questa mossa sono ancora nebulosi, anche perché potrebbero sciogliere i
lacci commerciali solo fino a un certo punto.
È possibile che possa avere ripercussioni in Medio
Oriente, ma è comunque difficile che rilanci una competizione diretta con la
Cina. Potrebbero quindi mutare alcuni dettagli. Ma la sostanza non cambia:
secondo il rapporto “è probabile” che gli acquisti di droni armati “aumentino
ancora”. Con o senza gli Stati Uniti.
https://www.agi.it/estero/droni_cina_medio_oriente-4751363/news/2018-12-19/
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