venerdì 21 dicembre 2018

pc 21 dicembre - Il decreto fasciopopulista e razzista sulla sicurezza di Salvini/Di Maio si conferma “lontano” dal diritto internazionale secondo tutte le analisi, compresa quella del quotidiano dei padroni

Secondo questa analisi il Decreto legge non solo va “in una direzione diversa rispetto a quella voluta dalle Nazioni Uniti con il Global compact (con l'Italia che non è tra i 164 Stati che hanno detto sì al Patto, non vincolante), ma anche rispetto ad alcuni principi di diritto internazionale”.

- durata elevata del trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio
- l’eliminazione della protezione umanitaria
- nozione di Paese sicuro per le domande di protezione internazionale
- prolungamento del periodo massimo di trattenimento dello straniero passa da 90 a 180 giorni

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L’ANALISl

Dl sicurezza “lontano” dal diritto internazionale

La conversione in legge del decreto sicurezza è avvenuta quasi in contemporanea all’approvazi6ne, a Marrakech, del Patto delle Nazioni Unite - il Global compact - per una migrazione sicura, ordinata e regolare. Le analogie finiscono qui, però, perché le nuove norme introdotte nell'ordinamento italiano non solo vanno in una direzione diversa rispetto a quella voluta dalle Nazioni Uniti con il Global compact (con l'Italia che non è tra i 164 Stati che hanno detto sì al Patto, non vincolante), ma anche rispetto ad alcuni principi di diritto internazionale. In particolare, per la durata elevata del trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio, per l’eliminazione della protezione umanitaria che è invece una realtà in molti Paesi è per la stessa nozione di Paese sicuro per le domande di protezione internazionale, che per di più può riguardare anche uno Stato
escludendo, però, alcune parti del territorio. La nuova legge, in più, prevede che la domanda possa essere respinta con la sola motivazione che il richiedente non ha dimostrato la sussistenza di gravi motivi per ritenere non sicuro il Paese designato di origine sicuro.

Partiamo dall'abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito dal permesso di soggiorno per casi speciali (in parte ridefiniti rispetto al Testo unico sull'immigrazione). Se è vero che la protezione umanitaria non è prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e che non rientra nelle forme di protezione internazionale, è anche vero che questo sistema, operativo in altri Paesi, ha permesso di accordare una protezione a coloro che, pur non potendo godere dello status di rifugiato o avere la protezione sussidiaria, hanno gravi motivi di carattere umanitario. La nuova legge elimina la protezione umanitaria e introduce il permesso di soggiorno temporaneo per i casi speciali (che ha la durata di un anno). Inoltre, poiché i casi speciali sono indicati in modo tassativo, è limitata ancora di più la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo. La stessa possibilità di invocare condizioni di salute è ristretta alle sole situazioni di particolare gravità, in presenza di un pregiudizio rilevante nel caso di rientro nel Paese di origine. Così, i permessi speciali potranno essere accordati solo in caso di calamità naturale temporanea, specificazione che fa supporre l'esclusione dei casi di crisi climatiche permanenti. La tipicizzazione delle ipotesi e l'utilizzò dell'espressione “eccezionalità" imporrà un'applicazione restrittiva di questa nuova tipologia di permesso di soggiorno temporaneo. Con rischi per l'incremento di migranti in situazioni di irregolarità e i collegati pericoli di sfruttamento lavorativo. E questo in modo difforme rispetto al Global compact che persegue l'obiettivo di rafforzare l'immigrazione legale e che, pur non equiparando migranti è rifugiati, riconosce situazioni di vulnerabilità talvolta simili.

Preoccupa anche il prolungamento del periodo massimo di trattenimento dello straniero che passa da 90 a 180 giorni. Un lasso di tempo molto lungo soprattutto tenendo conto della circostanza che il trattenimento nei nuovi centri di permanenza per il rimpatrio potrebbe essere caratterizzato di situazioni di sovraffollamento. Senza dimenticare che si tratta di una misura limitativa della libertà personale con la conseguenza che a ogni individuo deve essere assicurata sia l'applicazione delle norme interne sia di quelle della Cedu.

Così è tutta da verificare la proporzionalità della misura detentiva da uno a quattro anni per lo straniero che, già destinatario del provvedimento di respingimento, provi a rientrare in Italia.

Il Sole 24 Ore 18/12/18

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