"Cosa pensiamo di fare.
Ciò che servirebbe di più è in realtà una azione extralegale. Vale a dire che anche in pochi si cominci a costruire tra i cassintegrati un Comitato. Questo è già avvenuto in altre realtà. Non bisogna impressionarsi che all'inizio si è pochi. Il problema è che se per gli operai Ilva è sempre stata negli ultimi anni una situazione difficile per mettersi insieme, se non in alcuni momenti buoni di lotta che però non hanno avuto seguito; per i cassintegrati è ancora più complicato, non c'è più la fabbrica che vi tiene uniti.
Però è necessario. Un comitato che cominci a raccogliere, a vedersi periodicamente per decidere insieme i passi da fare, cosa fare, ecc..
Questa questione sembrava ad un certo punto, pochi giorni dopo l'operazione Mittal, che potesse avvenire perchè un centinaio di operai si erano visti davanti cigs alla portineria D anche su sollecitazione di operai interni; però poi questi, da Ranieri di Liberi e pensanti a Sibilla della Cub, hanno fatto cadere tutto col discorso: no, a noi non interessa rientrare al lavoro, ci interessa avere l'integrazione dalla Regione attraverso i Lavori socialmente utili.
Su questo indirizzo noi non eravamo e non siamo d'accordo, ma per dire che la prima questione è cominciare a riunirsi e noi faremo quello che è necessario, sarebbe bene che a metà gennaio ci riconvochiamo. Stessi operai con cui abbiamo parlato alla fabbrica dicono che verso gennaio 2019 le
cose cominceranno a smuoversi, anche perchè ancora aspettano che una parte degli operai in cigs rientri con la Mittal dovrebbero a seguito della revisione dei numeri effettivi che hanno fatto sindacati nell'incontro con la ArcelorMittal.
Quindi, ci riconvochiamo, passiamo voce; in ogni paese, in ogni zona dove stiamo, ci si incontra e quindi è bene fare la “catena di S. Antonio”.
Sulla questione legale. Entro dicembre noi presenteremo un esposto-denuncia per quanto riguarda l'accordo del 6 settembre.
Stiamo cominciano a raccogliere un quadro della situazione dei reparti, come e quanti operai c'erano prima e quanti adesso, come si lavora ora, in vari reparti al posto degli operai mandati in cigs l'ArcelorMittal sta facendo entrare lavoratori di altri ditte in sostituzione degli operai in cigs.
Questa terziarizzazione di alcune lavorazioni non era contenuta nell'accordo.
Noi abbiamo già un quadro delle aree principali, con alcuni reparti in cui la situazione è clamorosa, tipo Acciaierie, Manutenzioni generali, Laf, ecc. in cui hanno messo fuori circa un quarto degli operai. Come fa quel reparto, ammesso pure che negli ultimi anni, con l'andazzo che loro hanno creato per cui mancava anche la pinza per lavorare, e poi c'erano problemi di crisi di mercato, di produzione che era stata ridotta, in alcuni reparti vi era una situazione in cui alcuni operai non erano sovraccaricati di lavoro, però ora in questi reparti che sono centrali, gli operai o vengono sostituiti dalle ditte esterne o è in atto quello di cui Mittal ha già parlato: cumulo di mansioni che comporta aumento dei carichi di lavoro, ecc.
E' importante approfondire questa inchiesta in tutti i reparti (noi abbiamo preparato un modulo), raccogliere notizie.
Tra l'altro come fa la Mittal a dire che già a metà 2019 porterà la produzione a 6 milioni di tonnellate, con reparti sono per un quarto svuotati?
Qui, poi, c'è il grosso problema della sicurezza.
Se prima la situazione era a rischio ogni giorno, ora è a rischio ogni ora, sia perchè ci sono meno operai per fare le stesse o più operazioni, sia perchè la manutenzione si è ridotta o terziarizzata, sia perchè – come ha detto un operaio – la Mittal si è liberata della gente che pensava, denunciava, protestava, e gli operai assunti dalla ArcelorMittal stanno con la testa abbassata, la maggiorparte delle voci, occhi di quella fabbrica ora stanno fuori.
Ma noi siamo di testa dura e non ci rassegniamo. Anche per gli operai interni, quando cominceranno i fatti, nel senso di carichi di lavoro, di condizioni evidenti a rischio, speriamo che tanta testa in basso non si possa avere.
Il maggior rischio sulla sicurezza – come ha detto un altro operaio – lo potrebbero correre gli operai delle ditte che non avendo esperienza di quelle attività lavorative, potrà farsi male, sbattuti come saranno da un reparto all'altro, da un lavoro all'altro. Succederà quello che è successo nel passaggio con Riva. Solo che adesso è ancora peggio.
Tornando all'esposto. Su alcune questioni potremmo avere a favore la Corte di Giustizia europea che già nel passato è intervenuta per l'Ilva sottolineando una situazione di “abuso” di leggi.
Per quanto riguarda il 20112 ci sono interventi di Magistrati, giuristi, ecc. che dicono: Ok, la Legge Marzano ha fatto una deroga, ma momento, questo non può valere automaticamente, perchè ci può essere una questione di “concorrenza sleale”, vale a dire che lo Stato non può favorire un'azienda che sul piano internazionale a discapito di altre aziende del settore.
E questo riguarda sia l'abuso della deroga al 2112, sia una cassa integrazione di cinque anni (prevista sempre dall'accordo del 6 dicembre); anche su questo la UE è intervenuta, per dire: momento, se tu Stato dai una cigs per 5 anni la favorisci rispetto ad altre aziende sia nazionali che internazionali. Quindi, non lo puoi fare.
Una terza questione, che è oggetto di discussione tra giuristi, è il problema dell'accordo dei lavoratori ad un accordo tra azienda e sindacati.
Dicono: quando vengono messi in gioco diritti individuali dei lavoratori, quell'accordo allora può valere per gli iscritti ai sindacati firmatari, ma per quelli non iscritti, se il lavoratore di No all'accordo, allora quell'accordo non può valere automaticamente anche per i lavoratori non iscritti.
Teniamo poi conto del fatto che all'Ilva c'è stato il referendum; certo non ha valore di legge, ma il referendum ha messo in luce che più di 4mila operai, sia non andando a votare, sia votando esplicitamente No, non hanno appoggiato l'accordo del 6 settembre.
Quindi, c'è una situazione per cui l'accordo può essere impugnato da una parte degli operai che risultano essere non iscritti ai sindacati firmatari.
Ancora sulla terziarizzazione – di cui abbiamo parlato prima. Leggendo l'accordo ad un certo punto, oltre a dire che nel 2023 chi è rimasto nell'Ilva di AS sarà oggetto di una proposta di assunzione alla ArcelorMittal, scrive anche, però, che se la Mittal ora,prima del 2023 ha bisogno di nuove assunzioni deve prendere dal bacino degli operai in cigs.
Quindi, non solo nell'accordo non è prevista la terziarizzazione, ma in un certo senso quel paragrafo dice che tu Mittal non puoi prendere lavoratori nuovi, sia pur attraverso una Ditta, quando c'è questo “bacino”; e quindi stai venendo meno allo stesso accordo.
Le questioni ci stanno. Ma chiaramente noi diciamo agli avvocati che “bisogna osare”, bisogna avere coraggio bisogna andare anche oltre l'applicazione stretta della legge, perchè noi abbiamo ragione e invece governo, Mittal, sindacati firmatari hanno usato la legge per truffare i lavoratori.
Qualche operaio diceva: hanno fatto quell'accordo perchè c'era il problema di salvaguardare l'occupazione. Ma di questo problema governo e Mittal se ne importavano fino ad un certo punto, se non in termini di grosso problema sociale, di ordine pubblico. La vera questione è l'acciaio. Loro hanno fatto i salti mortali perchè il problema era difendere l'acciaio italiano sul mercato internazionale in una situazione di grave crisi commerciale, di concorrenza. La Mittal, primo produttore di acciaio nel mondo, da parte sua, ha interesse a prendersi l'Ilva per occupare un altra zona che gli permette di allargarsi in Africa, ecc. In questo, la forza-lavoro è una merce per il capitalismo.
Quando prima dicevamo: è necessario organizzare un comitato dei cassintegrati, un comitato di lotta è perchè anche se si vuole fare una minima denuncia, che non sia. “quanto è brutta la Mittal...”, occorre che ci siano le “gambe”, le persone.
Su questo non ci deve interessare da quanti cominciamo, ci interessa che quando si comincia non è che il giorno dopo già ci si sfiducia perchè non siamo tanti.
Ci vogliono tre mesi, ma lo dobbiamo fare.
Il ricorso di operai per la discriminazione nella mancata assunzione, noi lo vogliamo fare collettivo perchè sia parte della contestazione più generale dell'accordo.
Su questo, noi vogliamo anche degli avvocati che non si limitino ai casi eclatanti di discriminazione, e che vogliano fare i ricorsi indipendentemente dall'esito, perchè se uno ragiona in termini strettamente giuridici non ne esci, gli operai in generale non hanno alcuna chance. D'altra parte, i ricorsi eccessivamente personalizzati, diventano ricorsi sostitutivi, vuol dire che al posto di uno assunto entra un altro. Noi questo non lo vogliamo. Se in un reparto prima erano 50 e ora sono 30, noi vogliamo che entrino altri in aggiunta, non vogliamo togliere il lavoro ai 30.
Quindi, il ricorso si deve basare non tanto sul caso disperato di un operaio, quanto sul caso collettivo del modo come hanno fatto la selezione, con criteri unilaterali, con aggiramento delle leggi, per poter scegliere chi gli era funzionale. Agli avvocati siamo noi che dobbiamo dettare la linea.
Tornando la Comitato dei cassintegrati. In altre città un comitato di questo tipo ha contato più dei sindacati e più dei partiti (es Liberi e pensanti nei primi momenti). Questo noi vogliamo. Vogliamo che la città, la stampa parli con gli operai del Comitato che deve costruirsi questa credibilità cittadina.
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