“Condannata perché trasportavo migranti in Francia? Lo rifarei subito, per i bianchi quel confine non esiste”
Parla Francesca Peirotti, la cuneese a cui i giudici di Aix en Provence hanno inflitto 6 mesi: "Non sono una trafficante, penso solo che sia giusto aiutare persone in difficoltà"Francesca Peirotti (al centro) durante un presidio di solidarietà a Nizza in occasione del processo di primo grado
“Quella pronunciata contro di me è una sentenza politica”. Francesca Peirotti, 31 anni, è stata condannata a 6 mesi con la condizionale dal tribunale di Aix en Provence, in Francia, il 19 maggio scorso, per aver trasportato su un furgoncino da Ventimiglia a Nizza un gruppo di migranti originari del Ciad e dall’Eritrea, compreso un neonato. Oggi lei, originaria di Cuneo, vive a Marsiglia dove si è costruita una famiglia e dove lavora. I fatti che l’hanno portata davanti al tibunale risalgono all’8 novembre 2016. Assistita dal suo avvocato Zia Oloumi, Peirotti era stata condannata in primo grado, nel maggio 2017, ad una multa di 1000 euro ma aveva deciso di fare ricorso. Ma qualche giorno fa è arrivata una condanna molto più pesante.
Perché ha deciso di fare ricorso?
“Perché non ho fatto niente di male. Non sono un passeur, una trafficante, ho solo aiutato delle persone in difficoltà, ma la solidarietà è considerata un crimine. Ho deciso di fare ricorso perché non
accetto una condanna per questo. E non accetterò nemmeno la sentenza della corte d’Appello, andrò fino in Cassazione e oltre, se sarà necessario. Non mi aspettavo che la condanna sarebbe stata innalzata, pensavo che al massimo avrebbero confermato la multa, ma evidentemente hanno voluto mostrare i muscoli”.
C’è la possibilità, se la condanna diventerà definitiva, che le venga vietato di vivere nella regione delle Alpi marittime per cinque anni. Questo la spaventa?
“Qui ho un lavoro e la mia famiglia, non credo sarà tanto facile mandarmi via o addirittura espellermi, e secondo me i magistrati e i giudici lo sanno benissimo: stanno cercando di convincermi a mollare, ma io non mi fermo”.
Cos’è successo quell’8 novembre 2016?
“Niente che si possa considerare un crimine. Ho aiutato degli amici, li ho accompagnati a Nizza e avevo intenzione di ospitarli a casa mia. Gli avrei chiesto dove fossero diretti e se avessero avuto bisogno di abiti o altro. Li stavo solo aiutando”.
Però l’accusano di aver favorito l’immigrazione clandestina.
“Accusano le mie idee politiche, il fatto che io abbia detto che quel confine non esiste”
Quello di Ventimiglia?
“Esatto. Io sono di Cuneo e ho passato tutte le estati della mia infanzia al mare. Attraversavo il confine e nessuno mi diceva niente perché ho la pelle chiara e i documenti italiani. Anche adesso nessuno mi ferma. I francesi non accettano che gli venga detto che quello non è un confine, ma un filtro che discrimina in base al colore della pelle. Io proprio non capisco come sia possibile che io possa passare tranquillamente solo perché sono una privilegiata”
Crede sia una guerra contro la solidarietà?
“E cos’altro? Stanno criminalizzando chi aiuta. Lo fanno a Ventimiglia e anche a Briançon. Io non ho mai fatto qualcosa pensando che potessero fermarmi e incriminarmi, altrimenti non avrei preso l’autostrada, avrei scelto almeno una strada secondaria”.
Questa condanna cambia qualcosa nella sua vita adesso?
“Per me assolutamente niente, mi spiace solo che faccia preoccupare persone a cui voglio bene”.
Se le capitasse ancora di incontrare qualcuno in difficoltà, lo rifarebbe?
“Sì, senza alcuna esitazione”.
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